Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9302 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9302 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7526/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’ avv. COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avv ocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
EON RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 2370/2021 depositata il 13 settembre 2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
Il Tribunale di Verona, con sentenza n. 1608/2019, accoglieva l’opposizione di RAGIONE_SOCIALE avverso decreto ingiuntivo per il pagamento di fornitura di energia elettrica a RAGIONE_SOCIALE, revocandolo.
Proponeva appello la cessionaria del credito RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE resistevano e la cedente restava contumace.
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 2370/2021, accogliendo parzialmente il gravame, condannava RAGIONE_SOCIALE a pagare all’appellante la somma di euro 11.136,29 oltre interessi.
RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, illustrato anche con memoria, da cui si difende la società RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito, con controricorso.
Considerato che:
1. Con il motivo sub A la ricorrente denuncia, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 153, 157, 183, 194, 198, 201, 62 c.p.c., 24 Cost. e 6 CEDU, per avere il giudice d’appello ritenuta illegittima l’acquisizione di documenti nel corso della consulenza tecnica d’ufficio, essendo scaduti i termini di cui all’articolo 183, sesto comma, c.p.c., ‘ma nell’ambito di una consulenza tecnica contabile’.
1.1 Controparte aveva lamentato nell’atto d’appello la produzione durante le operazioni peritali, effettuate dal consulente tecnico di parte dell’attuale ricorrente, della fattura relativa al periodo di consumo del luglio 2013 e della relativa distinta di pagamento, doglianza accolta dalla corte territoriale, che ha ritenuto tardiva tale produzione. Sarebbe stata invece infondata la doglianza, essendo favorevole all’attuale ricorrente un precedente giurisprudenziale Cass. 24549/2010 – e perché detta documentazione non sarebbe stata considerata necessaria in precedenza in quanto non ‘da considerarsi in contestazione’; invece si sarebbe ‘resa necessaria al CTU per il completamento della intricata situazione contabile’ che era stato poi incaricato di ricostruire.
La difesa dell’appellante ( qui erroneamente indicata come RAGIONE_SOCIALE., che invece in appello era rimasta contumace) avrebbe affermato, a pagina 6 del gravame, che ‘la controversia riguardava e riguarda il fatto se RAGIONE_SOCIALE dovesse o no ancora qualcosa … per il periodo di somministrazione preso in considerazione’. Sarebbe ‘facilmente verificabile dalla formulazione del quesito’ sottoposto al CTU -‘ esaminati gli atti e la documentazione di causa, ritenuto che risulta incontestato il rapporto contrattuale in essere tra le parti nel periodo dal 1/09/2012 al 31/07/2012, tenuto altresì dei dati di consumo rilevati dal distributore locale, ricostruisca il CTU i rapporti di dare/avere fra le parti nel periodo di cui al detto contratto ‘ -che ‘l’accertamento non riguardava assolutamente questa domanda’, la causa derivando dall’opposizione a un decreto ingiuntivo fondato su fatture che la stessa controparte ha ammesso essere errate, emanate sulla base di un contratto errato e non sottoscritto nonché ‘pagate ed oggetto di note di credito e base di accredito di somme a favore di COGNOME‘. L’espressione di controparte ‘dovesse o no ancora qualcosa’
genera inoltre ‘grandi perplessità’ sulla certezza, liquidità ed esigibilità del credito. La documentazione prodotta dall’attuale ricorrente avrebbe attestato che non vi era alcuna pendenza nei periodi oggetto di disamina, cioè ’31. 08. 13 prima e 31. 12. 13 poi’; e il CTU avrebbe ‘svolto il lavoro che avrebbe dovuto svolgere la E.ON’ , essendogli ‘indispensabile’ per rispondere al quesito la produzione de qua .
1.2 Richiamata giurisprudenza relativa ai contrasti di giudicati e argomentando sul valore di una consulenza tecnica d’ufficio, s ostiene poi che alle operazioni peritali l’opposta ‘non aveva partecipato per sua scelta e … nemmeno nominato un consulente tecnico di parte’; solo in appello sarebbe stata sollevata ‘un’eccezione di nullità parziale della CTU’, non essendo rinvenibile ‘nelle oss ervazioni di RAGIONE_SOCIALE allegate alla CTU’ alcuna ‘contestazione del contenuto del documento’; la nullità relativa alla consulenza dovrebbe invece farsi valere nella prima udienza successiva al deposito della relazione, venendo altrimenti sanata . Peraltro ‘RAGIONE_SOCIALE ha preferito aspettare e conoscere l’esito della relazione della causa’ per ‘proporre eccezioni che avrebbero potuto rivelarsi ad essa contrarie’.
Il giudice d’appello ha ritenuto fondato il primo motivo del gravame ‘poiché ha considerato illegittima l’acquisizione dei documenti prodotti nel corso delle operazioni peritali e dunque tardiva con riguardo alle disposizioni di cui all’art. 183 c.p.c., ri tenendo tali documenti come contestati nel corso dell’udienza del 12. 4. 18 fissata per l’esame della CTU’: ma in tale udienza ‘non era stato contestato il contenuto dei documenti’, bensì soltanto la tardività della produzione che l’attuale ricorrente aveva inserito nel fascicolo di parte, ‘come anticipato a verbale, dopo l’udienza suddetta’, essendo già allegata alla relazione del CTU.
Il giudice d’appello inoltre ha ritenuto non provata che l’attuale ricorrente ‘fosse incorsa in una decadenza insanabile ( sic ) ai sensi dell’art. 153 c.p.c.’, nonostante che ‘per le ragioni sopra esposte’ essa ‘non avrebbe dovuto provare alcunché sul punto’, avendo proprio la controparte ‘riconosciuto di aver errato la produzione delle fatture, dei contratti, in generale degli effettivi rapporti
commerciali intercorsi, chiedendo una somma che, anche a seguito della verifica contabile …, (che invece controparte non voleva far disporre) era risultata differente da quella monitoria ed alla quale la RAGIONE_SOCIALE si era comunque rimessa ‘ .
Richiama poi S.U. 2086/2022, in ordine all’attività del CTU, per concludere che si chiede tutela del diritto di difesa ex articolo 24 Cost. nel rispetto dei principi del giusto processo di cui all’articolo 111 Cost. e in coerenza con l’articolo 6 CEDU, affermando che ha maggiore rilievo lo scopo del processo, che non può essere pregiudicato dalla rigida applicazione di regole formali.
Con il secondo motivo sub B in relazione all’eccezione di pagamento, la ricorrente denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 1218, 1227, 2697, 2729 c.c., 112, 153, 157 c.p.c. e 24 Cost. ‘anche e se d el caso in relazione agli artt. 183, 184 e 198 c.p.c., nonché, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame ‘documento allegato alla relazione tecnica con conseguente ritenuta inapplicabilità dell’eccezione di pagamento’ laddove ha riformato i ca pi 1 e 2 nella sentenza del tribunale.
2.1 Argomenta nuovamente sui poteri del consulente tecnico d’ufficio, assumendo che l’esame contabile rende talora necessario estendere l’esame anche a documentazione non prodotta dalle parti, e ancora invocando le Sezioni Unite nella pronuncia del 1° motivo.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.
Pur nella sua varietà di argomentazioni, anche fattuali e generiche, il nucleo rilevante della censura è ben evidenziabile.
Non risulta, infatti, contestato in sede di merito che i documenti costituiti dalla fattura, dalla relativa nota di credito e dal relativo bonifico di pagamento riguardino il periodo di esecuzione del contratto del luglio 2013, tanto è vero che la loro utilizzazione da parte del consulente tecnico d’uffici o ha condotto all’affermazione del pagamento di tale periodo da parte del primo giudice
(sentenza, pagina 5). Non si vede, dunque, perché questi non siano stati prodotti , in applicazione dell’articolo 183, sesto comma, c.p.c., entro il secondo o al massimo il terzo termine ivi previsto; diversamente interpretando tale norma decadenziale, la disposizione di una CTU riaprirebbe i confini processuali di produzione documentale di rilievo primario, svuotando così di effetto -con un grave errore interpretativo -la struttura rituale di cognizione delineata dall’articolo 183. Non occorre, pertanto, per l’assoluta evidenza neppure soffermarsi sul l’ampia giurisprudenza che ciò condivide -specificamente invocata nel controricorso, pagine 12 ss. -; S.U. 3086/2022, poi, ha chiaramente consacrato questo evidente esito ermeneutico (in realtà, in claris non fit interpretatio ) affermando che il CTU può sì acquisire documenti non allegati, non subendo le preclusioni istruttorie, ma soltanto se ‘non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni’, non potendosi certo negare nel caso de quo che tali siano i documenti che dimostrano l’adempimento avvenuto pagando il dovuto corrispettivo. E l’intervento delle Sezioni U nite ha eliminato ogni incertezza, inclusa quella derivante dall’effettivo contenuto della, ormai risalente, Cass. 24549/2010 invocata dalla ricorrente.
Con il terzo motivo sub C la ricorrente denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., del d.m. 55/2014 nonché dell’articolo 1284 c.c. ‘per gli interessi’.
3.1 Il giudice d’appello ha riformato la prima sentenza anche in ordine alla liquidazione delle spese legali e delle spese di consulenza tecnica, condannando l’attuale ricorrente a corrispondere il 50% delle spese per la CTU e a rifondere all’appellante le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
Lamenta che le spese avrebbero dovuto essere poste a carico di controparte appellante, avendo la corte di merito posto in rilievo che i motivi d’appello, pur accolti, ‘non possono che essere ritenuti infondati in fatto ed in diritto’. Inoltre le spese della CTU sono state poste dal primo giudice a carico di NOME perché ‘le sole fatture da essa prodotte con ricorso per decreto ingiuntivo non erano risultate idonee a fondare la sua pretesa’, per cui non si comprende rebbe per
quale motivo l’attuale ricorrente debba pagare il 50%, decisione tra l’altro non motivata.
Si duole che sia stata c ondannata ‘a rifondere le spese del grado’ pur in difetto di sua totale soccombenza, essendo stata ridotta la pretesa alla misura indicata nella consulenza tecnica d’ufficio.
Lamenta, ancora, che la riforma della prima sentenza ‘non determina la maturazione di interessi, poiché l’importo sui quali essi vengono computati è relativo alle spese legali liquidate in sentenza e non all’importo capitale’.
Quanto richiesto per via monitoria, poi, ‘era sbagliato sia per la produzione del contratto sotteso che per le fatture prodotte’, e ‘le precisazioni avanzate nel corso del giudizio hanno portato alla produzione di nuova e differente documentazione’; in sintesi questa Suprema Corte dovrebbe ‘considerare tutti questi elementi con riguardo all’imputazione delle spese legali’. Sarebbe stata commessa, quindi, ‘la violazione di legge’, dovendosi porre le spese tutte a carico di RAGIONE_SOCIALE.
3.2 Il motivo è ictu oculi infondato: la condanna alle spese deriva dalla soccombenza, e correttamente quindi il giudice d’appello l’ha pronunciata nei confronti dell’attuale ricorrente; quanto poi alle spese di CTU , ben avrebbe potuto gravarn e in toto la soccombente, per cui quest’ultima non ha alcuna ragione per lamentarsi che ne è stata gravata del 50%. Non è poi comprensibile il riferimento ad interessi per le spese di lite.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna della ricorrente a rifondere a controparte le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in un totale di € 2.200,00, di cui € 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 2 aprile 2024