Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10858 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 10858 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Carbonara di Rovolon, in persona del legale rappresentante sig. NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOME.
Ricorrente
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi dall’A vvocato NOME COGNOME
Controricorrenti
avverso la sentenza n. 2248/2019 della Corte di appello di Venezia, depositata il 31.5.2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30.1.2025 dal consigliere relatore NOME COGNOME
Udite le conclusioni del P.M., in persona del sostituto Procuratore Generale dott. ssa NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del primo, secondo e quinto motivo del ricorso, assorbiti gli altri.
ricorrente e dall’Avv.
Udite le difese svolte dall’Avv. NOME COGNOME per la NOME COGNOME per i controricorrenti.
Fatti di causa
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. al Tribunale di Padova, la società RAGIONE_SOCIALE premesso di essere subentrata nei contratti stipulati tra la RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME e di avere concluso con gli eredi di quest’ultimo, in data 30.6.2009, un contratto preliminare per la cessione di terreni della estensione complessiva di mq. 17.658, oggetto di piano di lottizzazione non approvato, chiese che fosse dichiarata la nullità del suddetto contratto in quanto diretto a realizzare una lottizzazione abusiva, e, in via subordinata, che esso fosse dichiarato inefficace, per mancato avveramento della condizione sospensiva costituita dalla approvazione del piano, ovvero per il venir meno della condizione tacita, costituita dalla partecipazione al piano degli altri proprietari dell’area coinvolta dalla lottizzazione, che vi avevano rinunciato, oppure che ne fosse disposta la risoluzione per eccessiva onerosità o impossibilità sopravvenuta, con condanna dei convenuti, in ogni caso, alla restituzione delle somme versate.
Le parti convenute, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, si opposero alle domande e chiesero, in via riconvenzionale, pronuncia di esecuzione specifica del contratto preliminare ai sensi dell’art. 2932 c.c..
Con ordinanza del 2015 il Tribunale respinse tutte le domande proposte.
Interposto gravame da parte della società RAGIONE_SOCIALE, con ordinanza n. 2248 del 31.5.2019 la Corte di appello di Venezia confermò la decisione di primo grado. Per quanto qui ancora rileva, la Corte veneziana motivò la decisione affermando: quanto alla domanda di nullità del contratto per violazione dell’art. 30, comma 1, d.p.r. n. 380 del 2001, che l’operazione conclusa tra le parti non integrava la fattispecie della lottizzazione abusiva, avendo avuto ad oggetto
solo il frazionamento e la cessione in lotti dell’area , senza prevederne la destinazione a scopo edificatorio e senza quindi anticipare quanto previsto nel piano di lottizzazione ancora da approvare; quanto alla domanda di inefficacia del contratto, dal momento che la condizione sospensiva avente ad oggetto l ‘approvazione della convenzione di lottizzazione, per la quale le parti non avevano fissato alcun termine, era in procinto di realizzarsi, avendo il comune di Nanto deliberato l’adozione del piano, men tre la condizione tacita o presupposizione non era stata provata nei suoi elementi costitutivi, in relazione in particolare al suo carattere comune ad entrambe le parti; che, al fine del mancato avverarsi della condizione sospensiva, non poteva essere valutata come elemento di prova la delibera della Giunta comunale del 26.11.2015, in quanto tale documento, pur formatosi dopo la definizione del giudizio di primo grado, era stato prodotto dalla parte appellante dopo la prima udienza del 5.4.2016, e quindi tardivamente, considerato che essendo esso stato pubblicato nell’albo pretorio in data 29.12.2015, la parte avrebbe dovuto provvedervi alla suddetta udienza, quale prima occasione utile per tale adempimento; quanto alla domanda di risoluzione, che mancavano i presupposti sia della eccessiva onerosità che della impossibilità sopravvenuta.
Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato il 16.9.2019, ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE affidato a cinque motivi.
Sambugaro NOME, Sambugaro NOMECOGNOME Sambugaro NOMECOGNOME
NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno notificato controricorso. Il P.M. e le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
1.Il primo motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 702 quater, 345, e 359 c.p.c., dell’art. 1453 c.c. e dell’art. 183 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto inammissibile la produzione della delibera della Giunta comunale di Nanto del 26.11.2015, che era un documento sopravvenuto ed indispensabile ai fini della decisione, atteso che con essa il comune aveva negato l’approvazione del piano di lottizzazione, sicché risultava dimostrato il mancato avveramento, in via definitiva, della condizione sospensiva apposta al contratto preliminare.
Si assume che la motivazione adottata sul punto dalla Corte di appello, secondo cui tale produzione sarebbe stata comunque tardiva, in quanto, vista la pubblicazione della delibera nell’albo pretorio, avrebbe dovuto essere fatta alla prima occasione utile, che era la prima udienza del 5.4.2016, è errata, sia perché applica un principio formulato solo per il giudizio ordinario di cognizione, laddove nel procedimento sommario non esiste una specifica decadenza per la nuova produzione, sia in quanto individua il momento di conoscenza di tale atto alla data della sua pubblicazione nell’albo pretorio, da cui non può ricavarsi alcuna presunzione assoluta di conoscenza.
2. Il motivo è fondato.
La Corte di appello ha dato atto che la delibera della Giunta comunale di Nanto, emessa il 26.11.2015 e pubblicata nell’albo pretorio il 29.12. 2015, era un documento nuovo in quanto sopravvenuto, tanto al giudizio di primo grado che all’atto di appello, che risulta va introdotto nel 2015, in data antecedente la pubblicazione della delibera; ha tuttavia ritenuto che la valutazione del suddetto documento restasse condizionata alla sua produzione tempestiva nel giudizio di secondo grado, che avrebbe dovuto avvenire nella prima occasione utile successiva alla conoscenza dell’atto , ri chiamando l’orientamento della giurisprudenza secondo cui i documenti nuovi in appello debbono essere prodotti, a pena di decadenza, al momento della costituzione in giudizio della parte, nei termini di cui agli artt. 165 e 166 c.p.c.; ha quindi ritenuto che tale tempistica non era stata nella specie rispettata dalla società appellante, in quanto, essendo stata la delibera pubblicata nell’albo pretorio a dicembre 2015, la prima occas ione utile per la produzione era l’udienza del 4.5.2016, mentre la parte ne aveva chiesto l’acquisizione in data successiva.
Il ragionamento non merita di essere condiviso.
Nel caso di specie, è pacifico che il nuovo documento, di cui la società appellante aveva chiesto la produzione, si era formato dopo l’in troduzione del giudizio di appello. La Corte veneziana, dando atto di ciò, ha ritenuto tuttavia che esso dovesse essere prodotto, a pena di decadenza, alla prima occasione processuale successiva alla sua conoscenza, che ha indicato nella prima udienza di trattazione. La produzione è stata considerata tardiva sulla base della premessa
che la conoscenza della delibera della Giunta comunale, e, quindi, il sorgere dell’onere della sua produzione in giudizio dovesse essere fatta risalire al momento della sua pubblicazione nell’albo pretorio . Si è così attribuito a tale adempimento valore presuntivo di conoscenza dell’atto.
Ora, è questa premessa che non appare giuridicamente corretta.
In primo luogo, perché, ai fini della decadenza processuale, ciò che rileva non è la mera conoscenza presuntiva dell’atto, ma la sua conoscenza effettiva ovvero una presunzione di conoscenza assoluta, potendo solo da essa, e dalla successiva inerzia dell’interessato, discendere la conseguenza della perdita del relativo diritto.
In secondo luogo, dovendosi ritenere che la pubblicazione delle delibere comunali nell’albo pretorio, prevista dall’art. 124 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 al fine di dare efficacia all’atto ed a fini di pubblicità legale dello stesso, atteso anche il breve lasso di tempo della sua durata (15 giorni), non appare sufficiente a dare garanzia assoluta di conoscenza da parte del destinatario, quanto meno nel caso in cui l’atto non abbia un contenuto generale, ma sia indirizzato a soggetti determinati. In tale ipotesi l’atto va portato a conoscenza dei destinatari con mezzi appropriati. Ed infatti la stessa delibera di cui si discute prevedeva, come dedotto dalla ricorrente, che essa fosse comunicata direttamente ai firmatari del piano di lottizzazione. Era la stessa delibera, pertanto, a prescrivere un adempimento specifico ulteriore rispetto alla pubblicazione, in mancanza del quale non potevano ritenersi completati gli oneri di comunicazione previsti dalla stessa amministrazione. In questo ordine di idee si muove la stessa giustizia amministrativa, che, con orientamento consolidato, afferma che, nel caso di delibere aventi destinatari determinati, la pubblicazione nell’albo pretorio non è sufficiente a determinare la presunzione assoluta di piena conoscenza dell’atto da parte dei soggetti ai quali l’atto direttamente si riferisce , ai quali il provvedimento, ai fini della decorrenza del termine d’impugnazione, deve es sere notificato o comunicato direttamente ( Cons. Stato, sez. VI, 10.5.2013, n. 2544; Sez. V, 15.3.2011, n. 1589).
L’ errore commesso dalla Corte di appello, nel ritenere la parte decaduta dalla ammissione del documento, ha avuto carattere decisivo ai fini della risoluzione della lite, atteso che la menzionata delibera della Giunta comunale aveva negato l’approvazione del piano di lottizzazione, mentre proprio la sua approvazione risultava dedotta in contratto quale condizione sospensiva della sua efficacia, come riconosciuto dalla Corte di appello.
Il motivo va pertanto accolto.
Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 1353 c.c. e degli artt. 20 e 21 legge Regione Veneto 23.4.2004, censurando la sentenza impugnata per avere respinto la domanda diretta ad accertare l’inefficacia del contratto preliminare per mancato avveramento della condizione sospensiva relativa all’approvazione del piano di lottizzazione.
Si lamenta, in particolare, che la Corte di appello abbia: motivato il rigetto sulla base del rilievo, contrario al vero, che, avendo il comune deliberato l’adozione del piano, ‘ la condizione era in procinto di realizzarsi ‘ , formulando una prognosi totalmente sbagliata; omesso di considerare che l’approvazione non sarebbe mai potuta intervenire, dal momento che, a seguito della rinuncia di alcuni proprietari delle aree interessate dal piano, erano venuti meno i requisiti ed i parametri urbanistici richiesti dalla legge regionale; omesso di valutare, come dedotto dalla società attrice, che il lungo tempo trascorso senza il verificarsi della condizione prevista in contratto aveva fatto venire meno l’interesse della promissaria acquirente alla stipula del contratto definitivo; negato che il contratto preliminare fosse stato concluso sulla base della presupposizione che sarebbe stata autorizzata la lottizzazione di un’area più ampia di quella oggetto del contratto stesso, tale da coinvolgere gli altri proprietari dei terreni circostanti; omesso di accogliere la richiesta della appellante di fissare un termine ultimo per l’avveramento della condizione sospensiva.
Il motivo, che investe lo stesso capo della decisione in ordine al mancato avveramento, in modo definitivo, dell’evento dedotto sotto condizione sospensiva, si dichiara assorbito dall’accoglimento del precedente motivo.
Il terzo motivo di ricorso, che denuncia violazione dell’art. 1463 c.c., lamenta che la Corte di appello non abbia accolto la domanda di risoluzione del contratto
per impossibilità sopravvenuta, sulla base del rilievo che la appellante non aveva dimostrato che l’eventuale mancato rilascio dell’autorizzazione da parte del comune in favore degli altri proprietari del comparto avrebbe determinato l’impossibilità oggettiva di dare corso alla lottizzazione. Si assume in contrario che tale impossibilità è invece dettata direttamente dalla legge regionale, nel caso del venire meno dei requisiti richiesti per la lottizzazione.
Il motivo risulta assorbito dall’accoglimento del primo motivo, tenuto anche conto della deduzione della ricorrente, secondo cui la delibera della giunta comunale del 26.11.2015, non esaminata dalla Corte di appello, ha respinto il piano di lottizzazione di cui si discute, dando atto della volontà di rinuncia espressa da alcuni lottizzanti. Tale ultima circostanza, emergente dal documento non esaminato, appare infatti suscettibile di essere autonomamente valutata, in via subordinata rispetto al tema del mancato avveramento della condizione sospensiva, quale fatto sopravvenuto che ha impedito la realizzazione del programma contrattuale.
Il quarto motivo di ricorso lamenta il rigetto della domanda di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, denunciando il vizio di omesso esame di fatti decisivi, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5), c.p.c.. La sentenza impugnata, in particolare, non ha considerato il sopravvenuto decremento del valore dei terreni e l’aumento dei costi di urbanizzazione eran o circostanze imprevedibili e che esse avevano determinato un significativo squilibrio tra le prestazioni.
Il motivo appare inammissibile per due ragioni.
La prima è che la censura investe una valutazione di fatto del giudice di merito, che ha respinto la domanda di risoluzione del contratto preliminare per eccessiva onerosità sopravvenuta negando agli eventi indicati dalla parte attrice il carattere della imprevedibilità, per la ragione che il contratto era stato sottoscritto quando la crisi del mercato si era già manifestata. Trattasi all’evidenza di un giudizio di fatto, di esclusiva competenza del giudice di merito, che si sottrae, in quanto tale, al sindacato del giudice di legittimità.
La seconda ragione di inammissibilità risiede nell’art. 348 ter, comma 3, c.p.c., che esclude la proponibilità del ricorso per cassazione per il motivo di cui all’art.
365, comma 1 n. 5), c.p.c. (omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio), nel caso in cui la sentenza di appello si fondi sulle stesse ragioni della sentenza di primo grado (c.d. doppia conforme), norma applicabile, ratione temporis , nel caso di specie, essendo stato il giudizio di appello introdotto nel 2015.
9. Il quinto motivo di ricorso, che denuncia violazione dell’art. 30 d.p.r. n. 380 del 2001 e vizio di omesso esame di fatto decisivo, lamenta il rigetto della domanda di nullità del contratto preliminare, perché diretto a realizzare una lottizzazione abusiva. La decisione è viziata per non avere la Corte di appello preso in esame i documenti offerti dalla ricorrente, costituiti dal contratto del 30.6.2009, dal suo allegato n.4, e dall’impegno sottoscritto il 19.10.2004 da COGNOME da cui emergeva che quest’ultimo si era impegnato a svolgere una lottizzazione delle aree prima della sua approvazione da parte degli enti preposti.
10. Il motivo è inammissibile.
Il ricorso lamenta che la Corte di appello abbia omesso di valutare l’operazione contrattuale sotto il profilo della fattispecie della ‘lottizzazione negoziale’ o ‘indiziaria’, descritta nella seconda parte dell’art. 30, comma 1, d.p.r. n. 380 del 2001, trascurando a tal fine di considerare determinati documenti.
Così formulato, il motivo non supera tuttavia un primo vaglio di ammissibilità, per difetto di decisività della censura, che non illustra il contenuto degli atti menzionati e non dimostra, pertanto, che attraverso il loro esame la Corte distrettuale avrebbe dovuto giungere ad una conclusione diversa, cioè all’acc ertamento della nullità del contratto preliminare. Nello specifico, non risulta riprodotto, neppure nelle sue linee essenziali, il contenuto del l’impegno sottoscritto da COGNOME in data 19.10.2004, da cui il ricorso ritiene possa trarsi la prova che l’operazione complessiva perseguiva un intento di lottizzazione abusiva. La ricorrente afferma che dai suddetti documenti emerge chiara la volontà di Sambugaro Armando di obbligarsi insieme agli altri proprietari nel suddividere l’intera zona C2/A di complessivi m q. 75.000,00 prima che fosse impressa una congrua destinazione urbanistica, ma, a parte la genericità di tali circostanze rispetto alla fattispecie evocata, appare evidente che la censura, pur appuntandosi sulla deduzione di violazione di legge, si
alimenta in forza di una diversa ricostruzione dei fatti, non suscettibile di venire avanzata in sede di giudizio di legittimità.
11. In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, respinti il quarto ed il quinto e dichiarati assorbiti il secondo ed il terzo. La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il quarto ed il quinto e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 gennaio 2025.