Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2827 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 2827 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/01/2024
Opposizione di terzo datore di ipoteca ed allegazione e prova in giudizio di rinvio
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15757/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di procuratrice della RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall ‘ AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
NOME NOME, ANGELICA SELVAGGIA NOME, quali eredi di NOME COGNOME, NOME e COGNOME NOME, quali soci di RAGIONE_SOCIALE
-intimati – avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Milano n. 1216/2022, depositata in data 11 aprile 2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 novembre 2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l ‘ accoglimento del terzo motivo ed il rigetto dei restanti motivi.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, terza datrice di ipoteca, proponeva opposizione alla espropriazione immobiliare promossa nei suoi confronti da RAGIONE_SOCIALE, creditrice in forza di mutuo fondiario concesso dall ‘ allora RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE alla società RAGIONE_SOCIALE, garantito dall ‘ opponente, deducendo la intervenuta prescrizione del credito.
Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 13151 del 2010, accoglieva l ‘ opposizione, rilevando l ‘ intervenuta prescrizione del credito azionato esecutivamente, per non avere la creditrice procedente offerto documentazione idonea a comprovare il compimento di validi atti interruttivi del termine.
RAGIONE_SOCIALE proponeva gravame, evidenziando che l ‘ interruzione della prescrizione risultava dagli atti del fascicolo della procedura esecutiva immobiliare e, in particolare, dagli atti di precetto notificati alla RAGIONE_SOCIALE ed alla COGNOME, allegati all ‘ atto di appello.
La Corte d ‘ appello, con la sentenza n. 4095/2015, confermava la sentenza di primo grado, reputando tardiva la produzione documentale effettuata dalla creditrice procedente, a ciò ostando il divieto posto dall ‘ art. 345 cod. proc. civ.
A seguito di ricorso per cassazione, questa Corte, con sentenza n. 20173 del 2017, cassava con rinvio la sentenza impugnata e rimetteva gli atti al giudice di primo grado, ai sensi dell ‘ art. 354 cod. proc. civ., a causa della mancata instaurazione del contraddittorio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
Riassunto il giudizio, nella contumacia del litisconsorte pretermesso, il Tribunale di Milano, con sentenza n. 3142 del 2020, confermava la declaratoria di prescrizione del diritto di credito, osservando che la creditrice aveva depositato il fascicolo di parte relativo al giudizio di appello instaurato nel 2011, contenente la documentazione a suo tempo allegata volta a provare l ‘ interruzione della prescrizione, ma che la documentazione era inutilizzabile perché prodotta solo nel giudizio di appello, poi dichiarato nullo, in difetto di giustificazione a supporto della mancata produzione in primo grado. Sottolineava, in particolare, che nel giudizio di rinvio cd. improprio, il processo era destinato a riprendere il suo corso con piena facoltà di allegazioni e prove per le parti pretermesse, mentre per quelle che avevano partecipato alle precedenti fasi del giudizio, il potere di svolgere nuove deduzioni, anche istruttorie, rimaneva strettamente correlato alle difese che il litisconsorte pretermesso aveva svolto nel giudizio riassunto.
Proposto appello avverso la suddetta decisione da RAGIONE_SOCIALE, la Corte d ‘ appello di Milano, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l ‘ impugnazione.
A sostegno del decisum ha argomentato, richiamando la sentenza di questa Corte n. 26116 del 2021, che sussisteva l ‘ onere in capo alla parte creditrice di produrre nel giudizio di cognizione piena gli atti ed i documenti già depositati nel processo esecutivo e ritenuti utili ai fini della decisione, non soggiacendo la produzione, proprio perché già effettuata nel processo esecutivo, ai termini perentori ed alle preclusioni di cui all ‘ art. 183 cod. proc. civ.; aggiungeva, tuttavia, che
i documenti dovevano essere prodotti al più tardi al momento del deposito della comparsa conclusionale affinché il giudice potesse tenerne conto ai fini della decisione. Nel caso di specie risultava pacificamente acclarato che nel giudizio di primo grado RAGIONE_SOCIALE non aveva mai depositato il precetto notificato alla RAGIONE_SOCIALE a riprova dell ‘ intervenuta interruzione della prescrizione, cosicché l ‘ atto, depositato nel primo giudizio di appello, non poteva essere considerato documento indispensabile ‹‹ nuovo ›› , ai sensi dell ‘ art. 345, terzo comma, cod. proc. civ., nella formulazione vigente prima della riforma del 2012.
RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di procuratrice di RAGIONE_SOCIALE, ricorre, affidandosi a quattro motivi, per la cassazione della sentenza d ‘ appello.
NOME COGNOME e NOME COGNOME, nella qualità di eredi di NOME COGNOME, e NOME COGNOME e NOME COGNOME, nella qualità di soci della RAGIONE_SOCIALE, non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
All ‘ esito della fissazione della pubblica udienza, il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denunzia ‹‹Violazione e falsa applicazione degli artt. 2943 e 2697 cod. civ. e degli artt. 112 e ss. cod. proc. civ. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)›› .
Muovendo dalla considerazione che il dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione decennale del credito vantato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE doveva farsi coincidere con la data di scadenza dell ‘ ultima rata del piano di ammortamento, fissata nel caso di specie al 19 febbraio 1998, e che il precetto notificato alla debitrice, quale atto idoneo ad interrompere la prescrizione, risultava depositato agli atti
della procedura esecutiva immobiliare promossa ai danni di NOME COGNOME ed era stato poi allegato all ‘ atto di appello avverso la sentenza n. 13151/2010, resa all ‘ esito del giudizio di opposizione a precetto, evidenzia che l ‘ eccezione di interruzione della prescrizione non costituisce un ‘ eccezione in senso stretto, bensì una eccezione in senso lato. Poiché questa può essere rilevata d ‘ ufficio dal giudice, anche a prescindere da una specifica e tempestiva contestazione della parte, l ‘ atto di precetto notificato alla debitrice, pacificamente presente agli atti della procedura esecutiva, avrebbe dovuto essere preso in considerazione dal giudice di merito, anche d ‘ ufficio, ai fini della valutazione della fondatezza o meno dell ‘ eccezione sollevata.
Con il secondo motivo, deducendo ‹‹Violazione e falsa applicazione delle disposizioni di cui all ‘ art. 383, ultimo comma, cod. proc. civ., anche in rapporto agli artt. 112 e ss. c.p.c. e 2697 cod. civ. (art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.)››, la ricorrente ribadisce che il giudice deve individuare, anche d ‘ ufficio, i fatti modificativi delle eccezioni in senso proprio e censura la decisione gravata per avere affermato il divieto di introdurre nuovi documenti nel giudizio di rinvio cd. ‹‹ improprio ›› se non in replica alla parte estromessa dalla precedente fase; sostiene che, anche sotto tale profilo, la sentenza è censurabile per non avere considerato la piena utilizzabilità della documentazione prodotta che confutava l ‘ eccezione di prescrizione fatta valere dalla RAGIONE_SOCIALE.
Con il terzo motivo si censura la decisione gravata per ‹‹Violazione e falsa applicazione dell’ art. 345, terzo comma, cod. proc. civ., nel testo anteriore alla riforma introdotta con d.l. n. 83 del 2012 e ss.mm. applicabile ratione temporis , per errata valutazione di inammissibilità della documentazione prodotta in appello (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.) nonché in rapporto agli artt. 2943 e 2697 cod. civ. e agli artt. 112 e ss. c.p.c. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)››.
La ricorrente rimarca che i documenti comprovanti il compimento di atti interruttivi della prescrizione non erano stati prodotti per la prima volta in sede di rinvio, ma erano già presenti nel fascicolo dell ‘ esecuzione ed erano stati poi riversati nel primo giudizio di appello, nel quale il deposito documentale era governato dalle norme di cui all ‘ art. 345, terzo comma, cod. proc. civ., nel testo anteriore alla novella del 2012.
Aggiunge che i documenti attestanti la fondatezza della interruzione della prescrizione erano sicuramente ‹‹ indispensabili ›› a norma dell ‘ art. 345, terzo comma, cod. proc. civ., in quanto volti a corroborare una contestazione tempestivamente avanzata.
Con il quarto motivo, denunciando ‹‹Violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 615 c.p.c. e dell ‘ art. 186 disp. att. c.p.c. in tema di struttura bifasica del giudizio di opposizione all ‘ esecuzione, anche in rapporto agli artt. 2943 e 2687 cod. civ., nonché agli art. 112 e ss. c.p.c. (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)››, la ricorrente addebita alla Corte territoriale di non avere considerato che la documentazione asseritamente mancante agli atti era, in realtà, presente nella fase sommaria del giudizio e, quindi, già acquisita al processo, anche alla stregua dei principi enunciati dalla sentenza di questa Corte n. 26116/2021.
Il quarto motivo, che deve essere preliminarmente esaminato per ragioni di ordine logico, è fondato.
5.1. La questione che il mezzo in esame pone non può prescindere dalla considerazione che il procedimento di opposizione all ‘ esecuzione, benché connotato da una struttura bifasica, che si articola in una prima fase, a carattere sommario, e, in una seconda, a cognizione piena, costituisce un procedimento unitario, nel senso che la fase del merito è in stretto collegamento con quella sommaria (Cass., sez. 3, 2015, n. 7997; Cass., sez. 3, 07/05/2015, n. 9246).
5.2. Tenendo presente l ‘ impianto strutturale delle opposizioni
esecutive, questa Corte, con la ordinanza del 27 settembre 2021, n. 26116, ha avuto modo di chiarire che nei giudizi di opposizione all ‘ esecuzione e di opposizione di terzo all ‘ esecuzione i documenti prodotti dalle parti nel corso della fase sommaria che si svolge davanti al giudice dell ‘ esecuzione, stante l ‘ unitarietà dei predetti giudizi nonostante la loro struttura bifasica, devono senz ‘ altro ritenersi già acquisiti al processo e vanno inseriti nel fascicolo del giudizio contenzioso dell ‘ opposizione stessa, ai sensi dell ‘ art. 186 disp. att. cod. proc. civ., sia che questo debba essere instaurato davanti ad un ufficio giudiziario diverso, sia che debba svolgersi davanti al medesimo ufficio giudiziario presso il quale pende il processo esecutivo; di conseguenza, non è necessario a tal fine che le parti, in relazione a quei documenti, procedano ad una nuova formale attività di produzione nel corso della fase a cognizione piena, secondo le modalità e nei termini perentori previsti dall ‘ art. 183 cod. proc. civ., né possono ritenersi sussistenti preclusioni di alcun tipo in relazione alla loro esibizione e al loro inserimento nel fascicolo processuale di parte, affinché il giudice del merito ne tenga conto ai fini della decisione.
Si è, tuttavia, precisato che tali documenti, restando produzioni documentali di parte, trovano allocazione nei fascicoli processuali delle parti stesse di cui all ‘ art. 166 cod. proc. civ. (e non entrano direttamente a fare parte del fascicolo di ufficio di cui all ‘ art. 168 c.p.c., in quanto tale) e seguono il regime di detti fascicoli che, essendo nella disponibilità delle parti stesse, come previsto dall ‘ art. 169 cod. proc. civ., vanno depositati al momento dell ‘ assegnazione della causa in decisione (e al più tardi al momento del deposito della comparsa conclusionale), dovendosi presumere, nel caso in cui il fascicolo di parte non sia depositato o sia depositato privo di alcuni documenti, che la parte abbia rinunziato ad avvalersi dei documenti in esso non inclusi (o di tutti quelli già prodotti, in caso di mancato deposito dell ‘ intero fascicolo), fatta sempre salva la facoltà dell ‘ altra parte di provvedere
al deposito di qualunque documento comunque già acquisito al processo, anche se prodotto dalla controparte, affinché se ne tenga conto ai fini della decisione.
Soltanto nel caso in cui debba ritenersi, sulla base di un accertamento di fatto riservato al giudice del merito, che la mancata inclusione nei fascicoli di parte di alcuni documenti già prodotti -quindi già acquisiti al processo -sia esclusiva conseguenza di un disguido o di un errore della cancelleria e non sia, invece, imputabile alla condotta delle parti stesse, il giudice è tenuto a disporre le necessarie ricerche o, quanto meno, ad interpellare le parti al fine di una eventuale ricostruzione del fascicolo o, comunque, al fine dell ‘ acquisizione dei suddetti documenti, già regolarmente prodotti ma non presenti in atti per cause non imputabili alle parti; con la conseguenza che l ‘ omissione di tale attività può costituire motivo di gravame avverso la decisione (eventualmente assunta senza considerare i documenti smarriti o, comunque, non presenti nel fascicolo per causa non imputabile alle parti). Con l ‘ ulteriore precisazione che, in sede di gravame, la parte appellante ha l ‘ onere di produrre nuovamente quei documenti, ove non presenti nel fascicolo, affinché possano essere esaminati e valutati dal giudice di secondo grado.
In sostanza, le parti non possono ritenersi esentate dall ‘ onere di depositare i propri fascicoli, con tutti i documenti prodotti nel corso dell ‘ intero giudizio (in entrambe le fasi di esso), al momento della decisione, perché il giudice possa tenerne conto ai fini della decisione stessa, con le relative (e già esaminate) conseguenze (tra cui: obbligo del giudice di primo grado di procedere alla ricostruzione del fascicolo solo ove il mancato deposito dello stesso o di alcuni documenti non sia imputabile alle parti; onere della parte, in mancanza, di proporre gravame, comunque producendo nuovamente i documenti mancanti).
5.3. Tali principi si pongono nel solco dell ‘ insegnamento di questa Corte, che, a partire da Cass. n. 11817 del 2011, occupandosi della
sorte dei documenti prodotti a corredo del ricorso monitorio, non ridepositati dalla parte opposta nella successiva fase della opposizione ma solo nel giudizio di appello, ha avuto modo di chiarire che il procedimento che si apre con la presentazione del ricorso per decreto ingiuntivo e si chiude con la notifica del decreto stesso non è autonomo rispetto a quello che si apre con l ‘ opposizione di cui all ‘ art. 645 cod. proc. civ.; cosicché nel giudizio di opposizione, ove la parte opposta non abbia allegato al fascicolo, nel termine di cui all ‘ art. 183 cod. proc. civ., la documentazione posta a fondamento del ricorso monitorio, tale documentazione può essere utilmente prodotta nel giudizio di appello, non potendosi considerare come nuova.
Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 14475 del 10 luglio 2015, intervenendo a dirimere un contrasto di orientamenti insorto sulla questione nella giurisprudenza di legittimità, hanno avuto modo di puntualizzare che ‹‹ i documenti prodotti in allegato alla richiesta di decreto ingiuntivo e rimasti a disposizione della controparte (quanto meno) sino alla scadenza del termine per proporre opposizione (in base a quanto disposto dall ‘ art. 638, terzo comma, cod. proc. civ.) e quindi esposti al contraddittorio delle parti, non possono essere qualificati nuovi nei successivi sviluppi del processo ›› , sottolineando che un ‘ interpretazione restrittiva che escluda, in caso di giudizio di primo grado bifasico, che i documenti prodotti nella prima fase e non riprodotti nell ‘ opposizione possano essere depositati nel successivo giudizio di secondo grado, comporterebbe una modifica del contenuto della norma non consentita all ‘ interprete.
Si è, in particolare, spiegato che ‹‹ la soluzione imposta da una piana interpretazione letterale trova poi conferma sul piano teleologico e sistematico. Sul piano teleologico perché il divieto di proporre prove nuove in appello mira a limitare a situazioni del tutto circoscritte, e idonee a giustificare il ritardo, la produzione di documenti sino a quel momento mai sottoposti al contraddittorio delle parti ed alla
valutazione del giudice. Non vi sarebbe ragione, in questa logica, di estendere il divieto a documenti in precedenza già prodotti. Sul piano sistematico, i principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata implicano, come si è sottolineato nella sentenza 23 dicembre 2005, n. 28498, che le prove acquisite al processo lo siano in via definitiva e che tali prove non devono essere disperse. Ciò vale anche per i documenti: una volta prodotti ed acquisiti ritualmente al processo, devono essere conservati alla cognizione del giudice. Il principio, che può essere definito ‘ di non dispersione della prova ‘ una volta che questa sia stata acquisita al processo, implica, con specifico riferimento al procedimento per decreto ingiuntivo, che i documenti allegati al ricorso, in base ai quali sia stato emesso il decreto, devono rimanere nella sfera di cognizione del giudice anche nella, eventuale, fase di opposizione, che completa il giudizio di primo grado (le due fasi fanno parte di un medesimo giudizio che si svolge nel medesimo ufficio, come ha, da ultimo, sottolineato, con riferimento ad altro giudizio di primo grado bifasico in cui l ‘ opposizione costituisce prosecuzione del giudizio di primo grado, Corte costituzionale n. 78/2015, occupandosi del problema della possibile identità fisica del giudice delle due fasi, ritenuta costituzionalmente legittima e ‘ funzionale all ‘ attuazione del principio del giusto processo, per il profilo della ragionevole durata ‘)››.
Conseguentemente, come ben sottolineato dalle Sezioni Unite, anche qualora la fase di opposizione si sia conclusa con una decisione che non abbia potuto tener conto dei documenti prodotti con la richiesta di decreto ingiuntivo, tali documenti, se allegati all ‘ atto di appello, non possono essere considerati nuovi e, quindi, non sono soggetti al divieto sancito dall ‘ art. 345 cod. proc. civ. ed è ammissibile la loro produzione in secondo grado (in senso conforme, Cass., sez. 2, 04/04/2017, n. 8693).
5.4. Anche nella fattispecie in esame si è determinata questa situazione.
Come emerge dalla sentenza impugnata, l ‘ odierna ricorrente, già nell ‘ impugnare la statuizione del giudice di primo grado, che aveva accolto l ‘ opposizione proposta dalla COGNOME sul presupposto che agli atti del giudizio mancasse la documentazione idonea ad attestare il compimento di validi atti interruttivi del termine di prescrizione, ha evidenziato di avere depositato l ‘ atto di precetto notificato alla RAGIONE_SOCIALE e a NOME COGNOME nel fascicolo della procedura esecutiva ed ha provveduto a ridepositarlo nel giudizio di appello, allegandolo all ‘ atto introduttivo del giudizio di secondo grado.
La Corte d ‘ appello, con la sentenza in questa sede impugnata, pur dando atto di tale allegazione, ha ritenuto inammissibile la pretesa di RAGIONE_SOCIALE di produrre l ‘ atto di precetto in appello, sul rilievo che il documento, non essendo stato prodotto dalla creditrice procedente nel giudizio di primo grado, non potesse essere considerato come ‹‹ un documento indispensabile nuovo ›› , ai sensi dell ‘ art. 345, terzo comma, cod. proc. civ., utilizzabile ai fini della decisione.
La soluzione alla quale i giudici di appello sono pervenuti si pone in evidente contrasto con la giurisprudenza sopra richiamata, che impone, al contrario, di ritenere, in ipotesi di giudizio caratterizzato da una struttura bifasica ma da considerarsi unitario, che i documenti una volta depositati nella fase sommaria devono intendersi ormai acquisiti al giudizio, di talché deve ritenersi consentita la relativa produzione in appello anche nel caso in cui la parte interessata abbia omesso di depositarli nel giudizio di primo grado.
A tanto consegue che la Corte d ‘ appello non avrebbe dovuto ritenere la parte appellante, odierna ricorrente, decaduta dalla possibilità di allegare in appello l ‘ atto di precetto notificato alla debitrice ed alla COGNOME, ma avrebbe piuttosto dovuto verificare l ‘ avvenuto deposito di detto documento nella fase sommaria del giudizio di opposizione e, in caso positivo, ritenerne consentita la produzione in appello per poi valutarne la sua idoneità a contrastare l ‘ eccezione di
prescrizione del credito fatta valere dalla terza datrice di ipoteca; risultando, invece, superflua, ai fini dell ‘ ammissibilità della produzione in appello, ogni valutazione sulla questione concernente il concetto di prova ‹‹ indispensabile ›› per la decisione, ai sensi del terzo comma dell ‘ art. 345 cod. proc. civ., nel testo anteriore alla novella del 2012, ove per avventura effettivamente applicabile ratione temporis , visto che il documento andava comunque qualificato non nuovo e, per ciò solo, suscettibile di essere prodotto in quella sede.
La sentenza deve, quindi, essere cassata, con conseguente assorbimento dei restanti motivi di ricorso.
Conclusivamente, deve essere accolto il quarto motivo, assorbiti i restanti, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d ‘ appello di Milano, in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame facendo applicazione dei superiori principi, nonché alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d ‘ appello di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione