Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13007 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13007 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22740/2022 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 785/2022 depositata il 17/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME conveniva in giudizio il fratello NOME COGNOME proponendo domanda ai sensi de ll’art. 2901 c od. civ., per la revocatoria di un atto di destinazione ex art. 2645ter , cod. civ., dell’aprile del 2016, in favore della madre NOME COGNOME;
l’attrice deduceva in particolare che:
-aveva ceduto al socio, nonché fratello convenuto, le proprie quote di partecipazione alla società in nome collettivo RAGIONE_SOCIALE dei Dottori NOME e NOME COGNOME;
-il prezzo della cessione doveva essere corrisposto da NOME COGNOME mediante il trasferimento di quote di proprietà immobiliari e in tre versamenti in danaro;
-il suddetto atto pubblico di cessione quote faceva menzione, limitatamente a un determinato importo, di un pagamento dilazionato in rate mensili, mentre le parti avevano concordato, con parallela scrittura privata sottoscritta lo stesso giorno che, in caso di erogazione del mutuo da parte di Farbanca, s.p.a., alla RAGIONE_SOCIALE di cui NOME COGNOME era divenuto unico socio, il pagamento di euro 330.000,00, ossia dell’ultima tranche , sarebbe stato corrisposto in cinque eguali rate mensili dall’ottenimento del prestito bancario;
-nonostante le richieste formalmente avanzate, NOME COGNOME non aveva adempiuto al pagamento;
-l’atto attinto da revocatoria era stato preceduto da altro atto di destinazione ex art. 2645ter , cod. civ., del 2014, stipulato in data anteriore alla cessione quote, a favore e per i bisogni dei genitori delle parti, NOME COGNOME e NOME COGNOME avente ad oggetto un immobile di esclusiva proprietà di NOME COGNOME;
–NOME COGNOME in qualità di socio e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE aveva ottenuto a sua volta l’emissione di decreto ingiuntivo in danno di NOME COGNOME per l’importo di euro quasi 500 mila euro adducendo, ‘fraudolentemente’ secondo NOME COGNOME, prelievi indebiti effettuati da quest’ultima allorché socia della RAGIONE_SOCIALE;
-il precedente vincolo di destinazione del 2014 era stato revocato da NOME COGNOME nel gennaio 2016, al fine di consentire a Farbanca di iscrivere ipoteca, quale terzo datore, a garanzia del detto mutuo concesso alla Farmacia;
-di séguito, NOME COGNOME aveva stipulato l’atto di destinazione oggetto di domanda di revoca in favore della madre nelle more divenuta vedova, con conseguente lesione della garanzia patrimoniale a valere sul credito insoluto della deducente;
NOME COGNOME si costituiva controdeducendo in particolare che:
-la sorella aveva opposto il decreto ingiuntivo da lui ottenuto nei suoi confronti avvalendosi di un documento falso, disconosciuto e accertato tale da una depositata perizia officiosa grafologica;
-parimenti la sorella aveva ottenuto un sequestro conservativo sulla base del medesimo documento, prima che fosse stato reso oggetto della consulenza tecnica giudiziale, e tale misura cautelare assicurava piena capienza rispetto al credito sotteso alla domanda pauliana;
-inoltre, l’atto di destinazione revocando costituiva adempimento di una obbligazione gravante sulla stessa sorella, nonché sul terzo fratello, in favore della madre;
il Tribunale accoglieva la domanda con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, in specie:
-sebbene l’atto oggetto di domanda fosse stato revocato dal convenuto, non poteva dirsi cessata la materia del contendere, posta l’eventualità di vincoli pregiudizievoli nelle more iscritti o trascritti sugli immobili oggetto dell’atto revocato , fermo restando che la creditrice beneficiaria, come nell’ipotesi, della concessione di un sequestro conservativo su un bene immobile conservava, altresì, l’interesse ad agire con azione revocatoria per l’ulteriore eventualità che il medesimo bene venisse in séguito alienato dal debitore ad un terzo, atteso che tale azione consentiva di ottenere una tutela non equivalente e più ampia rispetto a quella assicurata dal sequestro, avendo ad oggetto l’intero immobile, senza soffrire dei limiti derivanti dall’importo fino a concorrenza del quale era stata autorizzata la misura cautelare, senza il concorso con altri ceditori e senza essere condizionata dagli esiti del giudizio di merito sulla sussistenza del diritto cautelato;
-l’appellante, e attore in seconde cure, non aveva poi riprodotto in giudizio il proprio fascicolo di primo grado, con i documenti ivi depositati, con la conseguente inutilizzabilità degli stessi;
-sussistevano infine i presupposti di merito per l’accoglimento della domanda pauliana , bastando anche un credito eventuale e una diminuzione quantitativa o qualitativa del patrimonio aggredibile, laddove, nella fattispecie, l’atto era da considerare a titolo gratuito ed era successivo all’insorgere del credito da tutelare, con conseguente sufficienza della mera conoscenza del pregiudizio ragionevolmente indotto;
avverso questa decisione ricorre sulla base di un motivo unico NOME COGNOME;
resiste con controricorso NOME COGNOME
le parti hanno depositato memorie.
Rilevato che
con il motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 342, cod. proc. civ., 2697, cod. civ., poiché la Corte territoriale avrebbe errato mancando di considerare che il fascicolo di prime cure era interamente telematico, con conseguente apprensione integrale in seconde cure senza bisogno di apposita riproduzione, e operatività del principio di immanenza delle prove acquisite.
Considerato che
il motivo di ricorso è infondato;
le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza del 16 febbraio 2023, n. 4835, hanno di recente chiarito, per quanto viene qui in rilievo, che:
in materia di prova documentale nel processo civile, il principio di ‘ non dispersione (o di acquisizione) della prova ‘ – che opera anche per i documenti, prodotti con modalità telematiche o in formato cartaceo – comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un’efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, e non può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che detti documenti abbia inizialmente offerto in comunicazione;
il giudice d’appello può anzi porre a fondamento della propria decisione anche il documento in formato cartaceo già prodotto e non rinvenibile nei fascicoli di parte, apprezzandone il contenuto trascritto (oppure indicato) nella sentenza impugnata o in altro provvedimento o atto
del processo ovvero, se necessario, ha il potere e dovere di ordinare alla parte interessata di produrre, in copia o in originale, determinati documenti acquisiti nel primo grado, nel caso in cui la parte stessa ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi, mediante richiamo di esso nella parte argomentativa dei motivi formulati o delle domande ed eccezioni riproposte, illustrando le ragioni, trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto del documento acquisito giustifichi le rispettive deduzioni;
ne consegue che l’acquisizione telematica degli atti già prodotti esime la parte dell’ulteriore produzione in seconde cure, e il giudice non può per ciò solo dichiararne l’inutilizzabilità;
per le medesime ragioni sub b), per converso, la parte che deduca il suddetto vizio in sede di critica vincolata di legittimità, deve spiegare specificatamente le ragioni per cui i singoli documenti sarebbero stati potenzialmente decisivi in suo favore;
il motivo, quale formulato, non contiene tale dirimente parte deduttiva, e come tale deve disattendersi;
le spese possono compensarsi in ragione dei profili di sopravvenuto consolidamento nomofilattico appena evidenziati.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 17/03/2025.