Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 35011 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 35011 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3804/2024 R.G. proposto da
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME , elettivamente domiciliati in CATANIA INDIRIZZO, domicilio digitale presso PEC EMAIL, rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME NOME
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME
Oggetto:
Contratti
Bancari – Mutuo
R.G.N. 3804/2024
Ud. 06/12/2024 CC
NOME, domicilio digitale presso EMAILordineavvocaticataniaEMAILit
PEC
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO CATANIA n. 2038/2023 depositata il 04/12/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 06/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 2038/2023, pubblicata in data 4 dicembre 2023, la Corte d’appello di Catania, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE ha respinto l’appello proposto da NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME avverso la sentenza Tribunale di Catania n. 229/20.
Gli odierni ricorrenti, in relazione ad un contratto di mutuo concluso con l’odierna controricorrente, avevano dedotto l’omessa contabilizzazione di alcuni pagamenti e l’applicazione di interessi usurari, agendo quindi per l’accertamento dell’illegittima r isoluzione del mutuo e per la condanna di RAGIONE_SOCIALE alla restituzione delle somme corrisposte in eccesso ed al risarcimento dei danni per la segnalazione a Centrale Rischi.
Il Tribunale di Catania, all’esito di espletamento di consulenza contabile, aveva disatteso la domanda, escludendo la possibilità di valutare documentazione contabile che, nella prima fase della consulenza era risultata assente ed era stata solo successivamente acquisita dal CTU.
La Corte d’appello ha respinto il gravame disattendendo la tesi degli appellanti -secondo i quali tutta la documentazione era stata
prodotta con l’atto di citazione in quanto ha evidenziato che gli appellanti avevano proceduto alla produzione di una pluralità di ricevute di pagamenti elencate nell’indice documenti con dizione generica ( ‘contabili bancarie di pagamenti effettuati a favore della banca’ ), la quale, pur se oggetto di attestazione mediante la sottoscrizione del cancelliere, non consentiva di verificare esattamente quali contabili fossero state prodotte e, dunque, di accertare se le ricevute oggetto di contestazione fossero o meno state tempestivamente prodotte.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Catania ricorrono NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
In data 19 giugno 2024, il Consigliere delegato, ha formulato proposta di definizione ex art. 380bis c.p.c. segnalando la inammissibilità del ricorso.
A detta proposta ha fatto seguito istanza dei ricorrenti per la definizione del giudizio.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato entrambe memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 61; 193; 198, secondo comma, e 197 c.p.c.
I ricorrenti censurano la decisione impugnata, in quanto la stessa non avrebbe tenuto conto del fatto il CTU nominato in primo grado
aveva in realtà utilizzato documenti già in atti nel fascicolo e tempestivamente depositati, come dallo stesso CTU dichiarato nella propria relazione.
Evidenziando il ruolo di pubblico ufficiale del CTU e quindi l’attendibilità delle dichiarazioni da esso rese, il ricorso evidenzia che lo stesso consulente avrebbe dato atto della presenza della documentazione in atti, e che il riferimento a documentazione ‘rinvenuta successivamente’ andava inteso come riferimento a documentazione già presente ma che il consulente, per mera svista, aveva omesso di esaminare.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 57 e 58 c.p.c. ‘non avendo la Corte di Appello di Catania preso atto che la competente cancelleria ha, all’uopo, apposto il timbro ‘depositato’ al momento dell’iscrizione a ruolo dell’atto di citazione e non avendo la CDA considerato che tali contabili erano state indicate tra gli allegati dell’atto di citazione’ .
I due motivi di ricorso devono essere esaminati congiuntamente, stante la connessione, e sono inammissibili.
Gli stessi, infatti, non aggrediscono adeguatamente la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale, a fronte di una situazione di persistente equivocità delle dichiarazioni contenute nella consulenza tecnica d’ufficio, ha ritenuto non adeguatamente provato il fatto processuale costituito dalla produzione dei documenti oggetto di contestazione e non analiticamente elencati nel fascicolo di parte.
La Corte territoriale, cioè, ha ritenuto che la sottoscrizione apposta dal cancelliere ad un indice documenti avente carattere generico ( ‘contabili bancarie di pagamenti effettuati a favore della banca’ ) fosse inidonea ad attestare la produzione dei documenti stessi,
in presenza di una specifica contestazione proveniente dalla controparte.
La statuizione della Corte territoriale, del resto, appare pienamente conforme all’indirizzo seguito da questa Corte in materia, essendo stato enunciato il principio per cui la parte che si duole dell’omessa considerazione, da parte del giudice di primo grado, di un documento decisivo che assuma ritualmente prodotto ha l’onere di indicare con esattezza al giudice d’appello a quale numero dell’indice del proprio fascicolo corrisponda il documento che si assume trascurato, con la conseguenza che, nel caso in cui il fascicolo di parte sia disordinatamente tenuto e confusamente composto ed i numeri dell’indice non corrispondano ai documenti prodotti, il giudice d’appello non ha alcun onere di reperire da sé la documentazione malamente indicizzata e non è censurabile in sede di legittimità la decisione che di quella documentazione non tenga conto (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11617 del 26/05/2011; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5077 del 29/04/1993).
Tale indirizzo ha trovato conferma anche in epoca recente in altre decisioni di questa Corte (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 20244 del 2023; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7386 del 2023; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 19006 del 2022), dovendosi ribadire anche in questa sede il principio per cui ‘una ‘elencazione precisa ed analitica dei documenti prodotti in udienza’ costituisce ‘adempimento invece necessario per integrare una corretta produzione di documenti, presupposto per la utilizzabilità degli stessi come fonte di prova (sul tema, cfr. Cass. 19/05/2022 n. 16235; Cass. 29/05/2019, n. 14661; Cass. 26/05/2011, n. 11617; Cass. 09/03/2010, n. 5761)’ (così Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 21038 del 2023).
Correttamente, quindi, la Corte d’appello, a fronte sia della presenza di indicazioni generiche nell’indice dei documenti del fascicolo di parte, sia delle contestazioni della controparte, sia delle affermazioni del tutto equivoche del consulente tecnico d’ufficio, ha ritenuto che la parte interessata non avesse fornito adeguata prova della tempestività e ritualità della produzione documentale, concludendo per la inutilizzabilità dei documenti in contestazione.
Le doglianze formulate nel ricorso, come già rilevato nella proposta ex art. 380bis c.p.c., risultano inidonee sia ad intercettare sia a travolgere una ratio decidendi che, come già detto, risulta anche pienamente conforme agli orientamenti di questa Corte, in quanto tali doglianze si appuntano, da un lato, su profili meramente in fatto come l’interpretazione delle non univoche affermazioni del CTU -peraltro neppure adeguatamente riprodotte o localizzate nel rispetto dell’art. 366 c.p.c. -e, dall’altro lato, sulla valenza dell’attestazione di cancelleria che, tuttavia, non può valere a fornire prova di produzioni documentali indicate in modo generico.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dei ricorrenti alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
4 . Avendo questa Corte deciso in conformità della proposta, deve trovare applicazione l’art. 380 -bis , ultimo comma, c.p.c., il quale richiama, in caso di decisione conforme alla proposta, il disposto di cui all’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c. con la conseguente condanna ulteriore dei ricorrenti soccombenti al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata nonché, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma di denaro non
inferiore ad € 500,00 e non superiore ad € 5.000,00, somme che si liquidano come da dispositivo.
5. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso;
condanna i ricorrenti a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 2.700,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente , della somma equitativamente determinata in € 2.500,00, ex art. 96, terzo comma, c.p.c.;
condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di € 2.500,00, ex art. 96, terzo comma, c.p.c.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione