Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30766 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30766 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 3012 del ruolo generale dell’anno 2020
, proposto da
Asp di Catania , C.F. P_IVA, in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale alle liti rilasciata su foglio separato ai sensi dell’art. 83 comma 3 cod. proc. civ., dall’avv. NOME COGNOME;
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE P.l. P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Catania, INDIRIZZO rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE;
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania n° 1385 depositata il 12 giugno 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Il tribunale di Catania, accogliendo parzialmente la domanda della RAGIONE_SOCIALE, condannava l’Azienda sanitaria provinciale della stessa città a pagare all’attrice euro 212.756,68 sulla base della c.t.u. espletata in corso di causa, oltre interessi al tasso previsto dal d.lgs. n° 231/2002, a titolo di corrispettivi per le prestazioni di radioterapia, medicina nucleare e radiologia diagnostica per gli anni 2007-2010.
2 .-L’appello della Asp Catania veniva respinto dalla Corte territoriale con la sentenza menzionata in epigrafe.
Osservava la Corte quanto segue.
Il primo motivo di appello, col quale l’Asp censurava l’ammissibilità e, dunque, l’inutilizzabilità dei documenti prodotti dalla Rem in quanto irritualmente prodotti e incerti nella loro individuazione, era infondato, poiché i documenti (fatture spedite dall’attrice all’Asp per le prestazioni rese per gli anni 2007-2010 ed estratti conto bancari attestanti la data dell’effettivo pagamento da parte dell’Asp) erano stati prodotti nel termine assegnato ex art. 183 cod. proc. civ. ed erano stati versati in atti all’interno di un fascicolo munito di indice e recante il timbro del cancelliere datato 23 maggio 2013.
Peraltro, la convenuta aveva preso conoscenza nei tempi previsti dal codice di rito senza sollevare a riguardo alcuna tempestiva contestazione, ciò che varrebbe, in ogni caso, a sanare ogni eventuale irregolarità.
Il secondo motivo era, parimenti, infondato.
Rem, dopo il deposito della c.t.u., aveva dichiarato di rinunciare al pagamento degli interessi moratori in relazione ai quali il consulente non era riuscito ad abbinare la documentazione bancaria di pagamento del capitale.
La Asp lamentava che la Corte territoriale aveva qualificato tale rinuncia come limitazione della originaria domanda, per la quale
non occorrerebbe alcuna accettazione della controparte, mentre essa andava qualificata come rinuncia al credito.
Al contrario, tale rinuncia era stata dal primo giudice correttamente qualificata come limitazione della domanda non bisognevole dell’accettazione della controparte, trattandosi di una semplice restrizione del thema decidendum che poteva essere effettuata persino in comparsa conclusionale.
Stessa sorte toccava al terzo mezzo, col quale l’Asp contestava l’applicabilità degli interessi moratori ex d.lgs. n° 231/2002, dovendo il rapporto tra Aziende sanitarie e strutture private essere qualificato come ‘ transazione commerciale ‘.
3 .- Ricorre per cassazione Asp Catania, affidando il gravame a quattro motivi.
Resiste RAGIONE_SOCIALE che conclude per la reiezione del ricorso.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
Le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo COGNOME COGNOME deduce la violazione degli artt. 74 ed 87 delle disp. att. cod. proc. civ.
L’attrice aveva dichiarato di produrre con la citazione in giudizio: 1) la copia delle fatture azionate; 2) gli avvisi di liquidazione dei corrispettivi dovuti; 3) i contratti di assegnazione dei tetti di spesa; 4) il decreto di accreditamento.
Asp Catania aveva, però, eccepito in comparsa di risposta il mancato deposito di tali documenti, avendo la Rem versato in atti solo una ‘ tabella riepilogativa ‘ del calcolo degli interessi.
Dopo che il giudice istruttore aveva assegnato all’udienza del 26 marzo 2013 i termini ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., il
23 aprile 2024 la Rem depositava la prima memoria, riconoscendo di non aver depositato in atti i documenti elencati in citazione.
Quindi, Asp COGNOME, a mezzo del difensore, dopo la scadenza del secondo termine effettuava un accesso in cancelleria, all’esito del quale appurava che nessuna memoria istruttoria, né documenti, erano stati depositati da parte attrice entro il predetto termine, atteso che nessuna annotazione era stata eseguita dal cancelliere sul fascicolo d’ufficio e sul fascicolo di parte attrice, come invece richiesto dall’art. 74 disp att. cod. proc. civ., né alcun elenco di documenti era stato comunicato alla convenuta ai sensi dell’art. 87 disp. att. cod. proc. civ.
Alla successiva udienza del 28 gennaio 2014, fissata per la decisione sulle istanze istruttorie, Asp Catania aveva rinvenuto un ‘ compendio documentale ‘ e ne eccepiva, pertanto, la novità, non risultando espletate le formalità degli artt. 74 e 87 disp. att.
Nondimeno, la Corte territoriale (respingendo il primo motivo di impugnazione) aveva ritenuto rituale tale produzione, prescindendo però dalla necessaria verifica dell’osservanza delle formalità previste dalle norme citate, poste a presidio della regolarità del deposito dei documenti, dovendo essi considerarsi ritualmente prodotti in giudizio quando siano posti nella reale disponibilità dell’ufficio per essere inseriti nel fascicolo di parte, con l’adempimento delle formalità di cui alle citate norme, nella specie non osservate, come tempestivamente eccepito dalla convenuta all’udienza del 28 gennaio 2014.
5 .- Il mezzo è del tutto infondato.
Come si desume dalla stessa lettura del motivo, il giudice istruttore all’udienza del 26 marzo 2013 (martedì) aveva assegnato i termini previsti dall’art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., che pertanto scadevano giovedì 25 aprile, primo termine (prorogato al venerdì 26, essendo festivo), ed il 25 maggio 2013, secondo termine (sabato).
La sentenza qui impugnata ha dato atto che le fatture azionate e la documentazione bancaria concernente i pagamenti ricevuti dall’Asp era stata ‘ prodotta nei termini assegnati alle parti ex art. 183 c.p.c., all’interno di un fascicolo munito di indice degli atti prodotti, recante il timbro di deposito sottoscritto dal cancelliere e datato 23.05.13 ‘, dunque entro il secondo termine.
Ora, premesso che l’affermazione contenuta nella sentenza circa l’esistenza di tale timbro del cancelliere apposto sul fascicolo attoreo dei documenti prodotti, ‘ munito di indice ‘ e ‘ datato 23.05.13 ‘, non è contestata dalla ricorrente e premesso altresì che la verità di tale attestazione, costituendo un atto pubblico, non può essere contrastata se non mediante querela di falso, è evidente che nessuna violazione degli artt. 74 e 87 delle disp. att. cod. proc. civ. è predicabile nella fattispecie, dato che la dichiarazione del difensore di aver effettuato un accesso in cancelleria e di non aver rinvenuto alcun documento prodotto non può certo avere l’effetto di smentire quanto attestato dal cancelliere con un atto pubblico.
Peraltro, il mezzo -nella parte in cui lamenta la violazione dell’art. 74 delle disp. att. del codice di rito -si appalesa anche privo di specificità, poiché, anziché trascrivere l’atto sul quale si fonderebbe tale dimostrazione, ossia il ‘ frontespizio del fascicolo di parte avversa ‘, rimanda alla lettura di un allegato (‘ all. 1 fasc. cassazione ‘), così contravvenendo al disposto dell’art. 366, primo comma, n° 6, cod. proc. civ.
Esclusa, dunque, la violazione dell’art. 74 delle disp. att., occorre considerare l’altro profilo della doglianza in esame e cioè la mancata comunicazione alla Asp dei documenti predetti, prevista dall’art. 87 disp. att. dello stesso codice.
Ma anche questa si appalesa infondata, sol che si consideri che la comunicazione prevista dall’art. 87 citato non può che riferirsi a documenti prodotti al di fuori della sequenza procedimentale prevista dall’art. 183, sesto comma, cod. proc. civ.
6 .- Col secondo mezzo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione artt. 111 Cost. e 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ. a causa della motivazione inesistente in quanto apparente e del contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili (art. 360, primo comma, n° 4, cod. proc. civ.).
La Corte, dopo aver dato atto che l’eccezione di inammissibilità della produzione documentale della controparte era stata ‘ sollevata dall’Asp all’udienza del 28.01.14 ‘, ossia alla prima udienza successiva alla scadenza dei termini istruttori, aveva contradditoriamente ritenuto che l’Asp non avesse sollevato ‘ alcuna tempestiva contestazione ‘.
7 .- Il mezzo è inammissibile.
Si è, infatti, detto al precedente paragrafo che la produzione documentale è stata regolarmente effettuata, in quanto attestata mediante il timbro di deposito del cancelliere datato 23 maggio 2013.
Pertanto, nonostante la contestazione della produzione predetta effettivamente sussista (come afferma il motivo in esame), è evidente che sia del tutto irrilevante, a fronte della regolarità della stessa.
8 .-Col terzo motivo Asp si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 184 e 306 cod. proc. civ. e della violazione degli art. 111 Cost. e 1175 cod. civ.
Dopo che il c.t.u. aveva concluso nel senso dell’impossibilità di calcolare gli interessi moratori sulle fatture Rem n° 141/08 e 3483/09, in quanto non prodotte, e su altre 35 fatture per impossibilità di abbinare i pagamenti a causa della frammentarietà della documentazione bancaria, parte attrice, all’udienza di precisazione delle conclusioni del 5 ottobre 2017 ed in comparsa conclusionale, aveva dichiarato di ‘ rinunciare al capo di domanda relativo alla richiesta di pagamento degli interessi moratori sulle
fatture indicate dal CTU ‘, facendo ‘ espressa riserva di ogni ulteriore azione in separata sede ‘.
Tale rinuncia era stata intesa dalla Corte d’appello quale mera ‘ limitazione ‘ della originaria domanda, per la quale non occorreva alcuna accettazione della controparte.
Al contrario, la Corte avrebbe dovuto qualificarla come rinuncia agli atti del giudizio, ex art. 306, cod. proc. civ., con la conseguenza che, essendo mancata l’accettazione dell’Asp, la domanda avrebbe dovuto essere rigettata.
Per contro la Rem aveva riproposto la medesima pretesa creditoria mediante due ricorsi monitori, così contravvenendo, grazie alla statuizione della Corte d’appello, al principio di non frazionabilità della tutela giudiziale del credito.
9 .- Il mezzo è inammissibile.
In tema d’interpretazione degli atti processuali, la parte che censuri il significato attribuito ad un atto processuale dal giudice di merito deve dedurre la specifica violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli art. 1362 ss cod. civ., oppure il vizio di motivazione sulla loro applicazione, nonché indicare, a pena d’inammissibilità, le considerazioni del giudice in contrasto con i criteri ermeneutici e il testo dell’atto processuale oggetto di erronea interpretazione ( ex multis : Cass., sez. 1, 2 agosto 2016, n° 16057, con menzione di altri precedenti).
Il principio è, in sostanza, il medesimo espresso in tema di interpretazione del contratto, ove si afferma parimenti (fra le tante, Cass., sez. 3, 10 maggio 2018, n° 11254) che il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, il quale appartiene all’ambito dei giudizi di fatto, riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta.
Ne discende l’inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questo esaminati, come per vero avviene nella presente fattispecie, nella quale la ricorrente, lungi dal censurare uno o più dei criteri di interpretazione ex artt. 1362 e ss cod. civ. o il percorso logico seguito dal giudice nel motivare il suo convincimento, si limita a ribadire che la rinuncia espressa dalla Rem non avrebbe potuto essere considerata come limitazione della domanda, ma avrebbe dovuto essere qualificata come rinuncia agli atti del giudizio, ex art. 306 cod. proc. civ.
10 .- Col quarto mezzo la ricorrente deduce la falsa applicazione artt. 1, 2 lett. a), 4 e 5 del D.Lgs. n° 231 del 2002 e dell’art. 12 preleggi.
La Corte avrebbe erroneamente considerato le prestazioni rese dalla Rem come ‘ transazioni commerciali ‘, ex d.lgs. n° 231/2002, e le avrebbe, dunque, altrettanto erroneamente riconosciuto gli interessi moratori al saggio previsto dal citato d.lgs.
11 .- Il mezzo è inammissibile, in quanto la sentenza ha deciso la questione in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez un., 14 dicembre 2023, n° 35092) ed il ricorso non offre elementi per mutare tale orientamento.
12 .- Alla soccombenza della Asp Catania segue la sua condanna alla rifusione delle spese del presente giudizio, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della lite (euro 212.756,68) -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte respinge il ricorso e condanna Asp di Catania a rifondere alla resistente le spese del presente giudizio, che liquida in euro 6.000,00 per compensi ed in euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 27 novembre 2024, nella camera di consiglio