Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23638 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23638 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 21/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8357 – 2022 proposto da:
COGNOME, in proprio e nella qualità di titolare dell ‘impresa individuale RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
NOME e NOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio de ll’ avv. NOME COGNOME dal quale sono rappresentati e difesi con l’ avv. NOME
COGNOME ed NOME COGNOME giusta procura allegata al controricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 6193/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, pubblicata il 23/9/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/3/2025 dal consigliere NOME COGNOME
letta la memoria del ricorrente.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702 bis cod. proc. civ. notificato in data 14/9/2017, NOME COGNOME in proprio e nella qualità di titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME chiese al Tribunale di Roma di condannare in solido NOME COGNOME e NOME COGNOME a corrispondere in suo favore l’importo di Euro 40.983,60 , a titolo di compenso provvigionale per l’ intermediazione immobiliare asseritamente svolta per la vendita di un immobile sito in Roma, alla INDIRIZZO di proprietà di NOME COGNOME.
1.1. Costituendosi, NOME COGNOME disconobbe le copie della asserita accettazione della proposta di acquisto dell’immobile e dell’ asserito impegno a corrispondere il compenso provvigionale e rappresentò che nessun contratto di vendita, neppure in via preliminare, era stato concluso; chiese, quindi, in riconvenzionale la condanna di NOME COGNOME al risarcimento del danno conseguente al la mancata conclusione dell’affare e alla restituzione delle somme versate dalla terza interessata NOME COGNOME in suo favore, ma da lui trattenute. NOME COGNOME eccepì il suo difetto di legittimazione passiva , per non essere proprietario dell’immobile.
Con ordinanza 25611/2017, il Tribunale di Roma rigettò la domanda principale, ritenendo non rilevante la verificazione dell’autenticità della sottoscrizione dei documenti disconosciuti perché
anche nella prospettazione del mediatore ricorrente la provvigione era subordinata alla conclusione del preliminare che non risultava avvenuta; rigettò altresì la domanda riconvenzionale, escludendo la sussistenza della prova di una responsabilità di Bonito o del titolo dell’avvenuta dazione di una somma di denaro da parte della terza interessata all’acquisto.
Con sentenza n.6193, la Corte d’appello rigettò l’impugnazione di NOME COGNOME riscontrando, per quel che qui rileva, la mancata tempestiva produzione in appello dei documenti a sostegno dell’istanza di verificazione; ribadì, quindi, in ogni caso, che il diritto alla provvigione era stato dedotto come pattuito in ipotesi di conclusione di un preliminare e che, invece non risultava alcuna corrispondenza tra proposta e accettazione né raggiunta una convergenza tra la volontà delle due parti.
Avverso questa sentenza NOME COGNOME in proprio e nella qualità, ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati da memoria. NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma primo dell’art. 360 cod. proc. civ., NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 702 bis e dell’art. 702 quater e dell’art. 216 cod. proc. civ. per avere la Corte d’appello ritenuto che la richiesta di autorizzazione , contenuta nell’atto di appello, alla produzione documentale non fosse sufficiente per procedere alla verificazione e per averlo in conseguenza dichiarato decaduto dalla riproposizione dell’istanza.
1.1. Il primo motivo è infondato. La Corte d’appello ha dapprima rimarcato che NOME COGNOME si era limitato, con il suo atto di appello, a
chiedere di essere «facultizzato» «a introdurre istanza di verificazione ex art. 216 cod. proc. civ.» e, per l’effetto, di essere autorizzato al «deposito delle scritture comparative nominando consulente tecnico d’ufficio» , senza tuttavia effettuare alcuna produzione.
Pertanto, la Corte territoriale ha ritenuto che egli fosse decaduto dalla possibilità di produrre nuovi documenti come riconosciuta dall’art. 702 quater cod. proc. civ., salva la non ammissione in ipotesi di non indispensabilità.
Questa Corte ha, invero, già stabilito che l’impugnazione ex art. 702 quater cod. proc. civ., che reca nella rubrica la locuzione «appello», prefigura un procedimento che, seppure non dettagliatamente specificato nella norma, ricalca significativamente quello dell’appello ex art. 345 cod. proc. civ.: come precisato dalle S.U. (n. 11512 del 2012), la sommarietà del procedimento ex art. 702 bis , infatti, non riguarda la natura della cognizione del giudice, ma esclusivamente la semplificazione e la destrutturazione della fase istruttoria, ma limitata al primo grado (Cass. Sez. 6 – 1, n. 11465 del 14/05/2013; Sez. 1, n. 9197 del 2015; Sez. 6 – 2, n. 9808 del 2016).
Ciò posto, l’art. 702 cod. proc. civ., come introdotto dall’art. 51, comma 1, della l. 18 giugno 2009, n. 69 con effetto a decorrere dal 4 luglio 2009, aveva già previsto che, in sede di appello avverso un’ordinanza ex art. 702 bis, fossero ammessi nuovi m ezzi di prova e nuovi documenti quando il collegio li ritenesse «rilevanti» ai fini della decisione, ovvero la parte dimostrasse di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile.
C on l’art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv., con modif., in l. 7 agosto 2012 n. 134, applicabile alla fattispecie ratione temporis, è stato poi sostituito, in sede di conversione, l’aggettivo «rilevanti» con l’aggettivo «indispensabili», lasciando comunque al Collegio in secondo
grado il giudizio preliminare sulla limitata ammissibilità delle nuove produzioni.
Deve, allora, pure rimarcarsi che anche l’art. 345 cod. proc. civ., nella formulazione vigente tra la l. 18 giugno 2009, n. 69 e il d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv., con modif., in l. 7 agosto 2012 n. 134, prevedeva la possibilità di nuove produzioni in appello in riferimento alla «indispensabilità».
Q uesta Corte, nell’interpretare l ‘articolo 345 cod. proc. civ. nella suddetta formulazione , ha stabilito che i documenti, quand’anche in ipotesi «indispensabili», avrebbero potuto essere prodotti in sede di gravame, purché la produzione avvenisse, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione nell’atto introduttivo del secondo grado di giudizio, salvo che la loro formazione fosse successiva e la loro produzione fosse divenuta necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo.
C iò perché restava operante, anche nell’ipotesi dell’art. 345, comma III cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis , la necessità, ex artt. 163 e 166, richiamati dagli artt. 342, comma I, e 347, comma I, cod. proc. civ., che i nuovi documenti fossero prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione degli stessi nell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12574 del 10/05/2019 con numerosi richiami; in ultimo, non mass., Sez. 2, n. 30792 del 2023; Sez. 1, n. 23881 del 2023).
Come già precisato, gli artt. 342, comma I, e 347, comma I, cod. proc. civ. regolano anche l’appello proposto ex art. 702 quater cod. proc. civ.: la prescrizione degli art. 163 e 166 cod. proc. civ. deve, perciò, ritenersi operante anche nella fattispecie.
C orrettamente, pertanto, la Corte d’appello ha ritenuto decaduto l’appellante dalla produzione documentale necessaria alla verificazione.
Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n. 5 del comma primo dell’art. 360 cod. proc. civ. , il ricorrente ha denunciato la violazione degli art. 702 quater e 101 cod. proc. civ. per non avere la Corte d’appello autorizzato la produzione del documento in originale, precludendogli di « effettuare l’istanza di verificazione ».
2.1. Ribadite comunque qui le considerazioni già svolte al punto 1.1., il motivo è inammissibile per sua formulazione in riferimento al n. 5 del comma primo dell’art. 360 cod. proc. civ. : il vizio di motivazione consistente nel l’omesso esame di «un fatto decisivo per il giudizio» si riferisce, infatti, alla mancata valutazione di un preciso accadimento o di una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non certamente alla mancata considerazione di un’argomentazione o al mancato accoglimento di un’istanza.
Con il terzo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma primo dell’art. 360 cod. proc. civ. , il ricorrente ha prospettato la violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 cod. proc. civ., per avere la Corte d’ appello « omesso l’esame di quanto previsto dall’art. 1326 e 1775 cod. civ.»: in particolare, non sarebbe stato considerato il quarto allegato a ll’atto introduttivo da cui risulterebbe chiaramente che NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano accettato l’originaria proposta formulata dalla terza COGNOME promissaria acquirente, datata 10 novembre 2016, così confermando il loro impegno a corrispondere la provvigione; risulterebbe pure accettata la successiva proposta datata 21/11/2016 con cui era stato aumentato il prezzo da corrispondere; non sarebbe stata considerata l’avvenuta conclusione di un «preliminare di preliminare» idoneo a generare un rapporto obbligatorio e, in corrispondenza, il diritto alla provvigione.
3.1. Anche questo motivo è inammissibile. La Corte territoriale, dopo aver rilevato la decadenza dell’appellante dalla produzione documentale, ha poi aggiunto in merito, sia pure con motivazione
estremamente sintetica, «condividendo e facendo propria» la più articolata motivazione del Tribunale (così testualmente) – che non risulta dagli atti una proposta della terza interessata COGNOME e un’accettazione di COGNOME «di contenuto simmetrico» e che , invece, «la provvigione era stata pattuita alla stipula del preliminare di vendita» (così in sentenza).
Prima ancora il Tribunale, come riportato dai controricorrenti, aveva esplicitamente escluso la rilevanza dei documenti disconosciuti rimarcando in ogni caso che, evidentemente, l’accettazione della prima proposta di acquisto non era stata neppure portata a conoscenza di COGNOME proponente, perché, altrimenti, «non si spiegherebbe l’aumento del prezzo da un milione a un milione e cinquantamila euro della proposta del 21 novembre 2016. Questa nuova proposta contiene un prezzo diverso, una data diversa per la firma del preliminare, una data diversa per la stipula del definitivo rispetto alla proposta del 10 novembre 2016 e non è stato depositato alcun documento che dimostri l’accettazione, da parte dei convenuti, della proposta, né la successiva conoscenza da parte della COGNOME dell’accettazione. In contrario, dalle e -mail del 24 novembre 2016 inviate dai convenuti al Bonito emerge l’esistenza di divergenze sul contenuto del definitivo e si fa riferimento alla intenzione dell’acquirente (riferita dallo s tesso COGNOME) di non voler sottoscrivere il preliminare».
In questo quadro di fatto, dunque, l’invocazione di una diversa ricostruzione dei fatti risulta inammissibile ex art. 348 ter IV comma cod. proc. civ., applicabile alla fattispecie perché l’appello è stato proposto nel 2018 : l’appello è stato, infatti, rigettato sulla base dello stesso iter logico del primo Giudice e, per principio consolidato, ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità della censura di
omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., non soltanto quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass. Sez. 6 – 2, n. 7724 del 09/03/2022).
In conseguenza, è del tutto inconferente il richiamo alla giurisprudenza sul cosiddetto «preliminare di preliminare» perché è stata esclusa in fatto la sussistenza di una convergenza di volontà all’esito delle trattative.
Il ricorso è perciò respinto, con conseguente condanna del ricorrente NOME COGNOME al rimborso delle spese processuali in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME liquidate in dispositivo in relazione al valore.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna NOME COGNOME al pagamento, in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda