Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3661 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 3661  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 26074-2021 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME,  COGNOME  NOME,  COGNOME  NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti domiciliati in ROMA INDIRIZZO  presso  LA  CANCELLERIA  DELLA  CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME,  con  diritto  di  ricevere  le  comunicazioni all’indirizzo PEC del difensore
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  Rettore pro  tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
Oggetto
Retribuzione pubblico impiego
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 23/01/2025
CC
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona del  Direttore  Generale  e  legale  rappresentante pro  tempore , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA  CORTE  SUPREMA  DI  CASSAZIONE,  rappresentata  e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ,  con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo PEC del difensore
– controricorrente –
avverso  la  sentenza  n.  295/2021  della  CORTE  D’APPELLO  di FIRENZE, depositata il 08/04/2021 R.G.N. 1008/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/01/2025 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE:
la C orte d’appello di Firenze, adita con appello principale dagli attuali ricorrenti e con impugnazione incidentale dall’RAGIONE_SOCIALE  e  dall’RAGIONE_SOCIALE,  accogliendo  quest’ultima  impugnazione  ha  dichiarato inammissibile le domande proposte dai dipendenti dell’RAGIONE_SOCIALE  in  servizio  presso  l’ RAGIONE_SOCIALE  perché precluse da precedente giudicato formatosi fra le stesse parti;
i ricorrenti, infatti, avevano inizialmente adito il giudice amministrativo ed avevano ottenuto, nell’anno 2004 , pronunce del Consiglio di Stato che avevano respinto gli appelli proposti dall’amministrazione avverso le sentenze del Tar Toscana con le quali era stato riconosciuto il diritto dei dipendenti a percepire l’indennità perequativa di importo tale da consent ire l’equiparazione al personale sanitario del 9º e del 10º livello ;
l ‘RAGIONE_SOCIALE  aveva  dato  esecuzione  ai  giudicati  fino  al novembre 2006 ed a partire da quella data aveva corrisposto l’indennità  nella  diversa  misura  stabilita  dalle  nuove  tabelle adottate  con  il  C.C.N.L.  2005  per  il  personale  del  comparto
RAGIONE_SOCIALE; ciò perché era stata nel frattempo costituita l’ RAGIONE_SOCIALE  e  le  parti  avevano sottoscritto un accordo con il quale erano stati fissati il nuovo inquadramento nella categoria D3 e la misura dell’indennità ;
gli  attuali  ricorrenti  avevano,  quindi,  agito  in  giudizio  per chiedere le indennità perequative nella misura riconosciuta fino al novembre 2006 e le domande erano state respinte dalla Corte d’appello  di  Firenze  con  sentenze  del  marzo  e  del  novembre 2009,  passate  in  giudicato  in  quanto  i  ricorsi  per  cassazione erano  stati  definiti  con  pronunce  in  rito  da  questa  Corte  con sentenze nn. 2966/2011 e 10967/2013;
i l presente giudizio riguarda un’ulteriore iniziativa giudiziaria avviata dai dipendenti i quali, per superare la preclusione derivante dal giudicato, avevano sostenuto che l’azione del precedente giudizio era stata fondata sulle pronunce del giudice amministrativo mentre la nuova domanda era finalizzata ad ottenere l’applicazione delle corrispondenze fissate dalle precedenti tabelle sulla base della normativa contrattuale nonché del «principio dell’unicità del diritto oggettivo nazionale e del diritto a un eguale trattamento lavorativo in presenza di identiche situazioni di fatto e di diritto» (pag. 10 sentenza impugnata);
i l Tribunale, pur ritenendo infondata l’eccezione di giudicato, ha ritenuto violato il principio di frazionamento della domanda mentre la C orte d’appello, come già anticipato, dopo avere riassunto nei termini sopra indicati la questione controversa, ha ritenuto che l’azione fosse preclusa dal giudicato, sia perché quest’ultimo copre il dedotto ed il deducibile, sia in quanto nel precedente giudizio la parte attrice non si era limitata ad invocare le pronunce del giudice amministrativo, ma aveva fatto specifico riferimento al divieto di reformatio in peius nonché alla
disciplina  dettata  dalla  nuova  contrattazione  collettiva  ed  in particolare  dalla  clausola  di  salvaguardia;  anche  la  Corte d’appello,  nel  ritenere  l’efficacia  no vativa  dei  nuovi  accordi, aveva affermato che proprio detta efficacia aveva fatto venir meno  gli  effetti  del  giudicato  e  aveva  anche  determinato l’inapplicabilità della garanzia concessa dalla disposizione transitoria dettata dalle parti collettive;
 il  ricorso  dei  lavoratori  domanda  la  cassazione  della sentenza  sulla  base  di  due  motivi  cui  resistono  con  distinti controricorsi, assistiti da memoria, l’RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo si denuncia l’ omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, che i ricorrenti ravvisano nella violazione del principio della domanda e della corrispondenza tra il chiesto e  il  pronunciato;  assumono  che  la  precedente  domanda  era diretta alla salvaguardia del giudicato amministrativo e, pertanto,  non  era  necessario  fornire  ulteriori  argomentazioni, riferimenti normativi né occorreva assolvere ad oneri probatori;
con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. per motivazione assente o manifestamente contraddittoria; i ricorrenti confusamente argomentano sul contenuto degli scritti difensivi del precedente giudizio e richiamano la sentenza n. 10156/2017 di questa Corte e la successiva pronuncia della C orte d’appello di Firenze che in sede di rinvio aveva escluso l’efficacia no v ativa dell’accordo (non specificano però se queste pronunce si riferissero alla loro posizione): r ichiamano anche l’altra pronuncia della Corte d’appello di Firenze che era pervenuta alle stesse conclusioni e rilevano che si è in presenza di un overruling ; invocano poi il principio della parità di trattamento fra i dipendenti e deducono
la contraddittorietà della sentenza impugnata; infine, richiamano  l’orientamento  espresso  da  questa Corte  sulla indennità perequativa;
va preliminarmente esaminata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso formulata dalle parti controricorrenti e in special modo quella dell’RAGIONE_SOCIALE che la fa anzitutto discendere dalla assenza della procura speciale;
4. l’eccezione è fondata;
4.1 il ricorso è, in effetti, inammissibile perché le procure in atti recano la data del 1° ottobre 2019, di molto antecedente a quella della pronuncia impugnata dell’8 aprile 2021, i cui estremi sono inseriti a penna (‘ ricorso per cassazione avverso sentenza 295/2021 ‘)  in  testa  alla  procura che  è,  invece,  nella  sua interezza  dattiloscritta  e riferita  a  tutt’altro :  segnatamente al giudizio d’appello e ai contenziosi ad esso connessi;
in definitiva, manca in atti proprio la procura speciale per il ricorso per cassazione, non essendo bastevole il ‘ titoletto ‘ apposto a penna nell’epigrafe dell’atto , essendo sottostante ad esso la procura per esteso, rimasta inalterata nella sua formulazione letterale («deleghiamo a rappresentarci e difenderci in ogni fase e grado, anche in fase di esecuzione e opposizione, del procedimento innanzi alla corte d’appello di Firenze…») che concerne , s’è detto, solo il giudizio dinanzi alla C orte d’appello e quelli connessi;
dagli atti  di  causa  non risulta esser stata depositata altra procura  e  in  particolare  non  la  procura  speciale,  prescritta  a pena di inammissibilità dall’art. 365 cod. proc. civ.;
4.2 secondo la costante giurisprudenza di legittimità,  «La procura per il ricorso per cassazione, che necessariamente ha carattere  speciale  dovendo  riguardare  il  particolare  giudizio
davanti alla Corte di cassazione, è valida solo se rilasciata in data  successiva  alla  sentenza  impugnata,  rispondendo  tale prescrizione  all’esigenza,  coerente  con  il  principio  del  giusto processo,  di  assicurare  la  certezza  giuridica  della  riferibilità dell’attività  svolta  dal difensore  al  titolare  della  posizione sostanziale controversa» (tra le altre, Cass. n. 5554 del 2011, Cass. n. 19226 del 2014, Cass. n. 58/2016, Cass. n. 1165 del 2022);
si è ulteriormente precisato che «E’ inammissibile il ricorso per cassazione quando la relativa procura speciale è conferita su foglio separato rispetto al ricorso, privo di data successiva al deposito della sentenza d’appello e senza alcun riferimento al ricorso introduttivo, alla sentenza impugnata o al giudizio di cassazione, ossia al consapevole conferimento, da parte del cliente, dell’incarico al difensore per la proposizione del giudizio di legittimità, così risultando incompatibile con il carattere di specialità di questo giudizio» (Cass. n. 4069/2020);
ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile qualora la procura sia stata conferita a margine dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, ancorché per tutti i gradi del giudizio ovvero, come nella specie, sia stata rilasciata per «il procedimento in nanzi alla corte d’appello per l’impugnativa della sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE n. 504/2018 […] » , sia pure con l’inciso « deleghiamo a rappresentarci e difenderci in ogni fase e grado, anche in fase di esecuzione e di opposizione […] l’AVV_NOTAIO »;
manca del tutto, pertanto, il conferimento del mandato al difensore per la proposizione della odierna impugnazione (artt. 83, 365 e 369 cod. proc. civ.);
consegue a tanto l’inammissibilità del ricorso in esame per difetto di procura;
4.3  l’esito  negativo  della  questione  pregiudiziale,  sulla sussistenza  del  potere  rappresentativo  speso  dal  difensore, esime dall’esaminare nel merito il ricorso;
4.4 si aggiunga che, quanto alla regolamentazione delle spese, questo giudizio vede come unico soccombente lo stesso difensore -e non anche la parte da lui nominata -essendo l’atto di conferimento della cd. rappresentanza tecnica, nella specie mancante, elemento indefettibile e indispensabile della fattispecie legale in forza della quale l’esercizio dello ius postulandi da parte del legale diviene attività del soggetto da lui assistito, nei cui confronti quella attività non spiega altrimenti, come in questo caso, effetto alcuno;
atteso che lo stesso difensore è parte nel processo in ordine alla questione d’inammissibilità del ricorso per mancanza della procura  speciale  a  ricorrere  per  cassazione,  la  condanna  alle spese va pronunciata a carico del difensore stesso, quale unica controparte del controricorrente nel giudizio di legittimità;
tanto, in applicazione del principio già affermato dalle Sez. Un. 10 maggio 2006, n. 10706, secondo il quale «In materia di disciplina delle spese processuali, nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (come nel caso di inesistenza della procura “ad litem” o di procura falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l’atto è speso), l’attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio; diversamente, invece,
nel caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura “ad litem”, non è ammissibile la condanna del difensore alle spese del giudizio, in quanto l’attività processuale è provvisoriamente efficace e la procura, benché sia nulla o invalida, è tuttavia idonea a determinare l’instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata, che assume la veste di potenziale destinataria delle situazioni derivanti dal processo» (da ultimo Cass., Sez. 3, n. 29209 del 12/11/2024 ed ivi per ulteriori riferimenti);
conclusivamente, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso; spese, liquidate in dispositivo, secondo soccombenza.
P.Q.M.
La  Corte:  dichiara  inammissibile  il  ricorso  e  condanna l’avvocato  NOME  COGNOME  al  pagamento  delle  spese  del giudizio di cassazione liquidate, per ciascun controricorrente, in euro 4.000,00 per competenze professionali ed euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai  sensi  dell’art.  13  comma  quater  del  d.P.R.  n.  115  del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione