Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11248 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11248 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 2736/2023 R.G. proposto da:
COGNOME c.f. CSTCCT57R45E329M, COGNOME c.f. CSTRFL64M60E329A, COGNOME c.f. CSTMHL72A12E329H, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME ricorrente
contro
TELESE COGNOME c.f. TLSMHL57T57E329L, PILATO NADIA, c.f. PLTNDA78L70E326Q, GOESSLING WALTRUD, c.f. GSSWTR50D68Z112S, rappresentate e difese dall’avv. NOME COGNOME controricorrenti
nonché contro
NOME
intimata avverso la sentenza n. 5095/2022 della Corte d’ appello di Napoli, depositata in data 1-12-2022,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16-42025 dal consigliere NOME COGNOME
OGGETTO:
distanze legali – inammissibilità del ricorso per mancanza di procura speciale
RG. 2736/2023
C.C. 16-4-2025
FATTI DI CAUSA
1.Con separati ricorsi per denuncia di nuova opera depositati il 2111984 NOME COGNOME da un lato e NOME COGNOME dall’altro hanno convenuto avanti il pretore di Ischia NOME COGNOME lamentando che la stessa aveva violato le distanze dai rispettivi confini previste dal piano regolatore e integrative dell’art. 873 cod. civ., con la costruzione di fabbrica in ampliamento di preesistente appartamento in INDIRIZZO a Ischia.
Con sentenza del 26-2-1994 il pretore ha rimesso per competenza le cause riunite al Tribunale di Napoli, che con sentenza depositata in data 11-9-2002 ha condannato NOME e NOME COGNOME quali eredi di NOME COGNOME ad arretrare la costruzione a metri cinque dal confine e a metri dieci dai fabbricati frontistanti.
NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME hanno proposto appello, che con sentenza depositata il 31-12012 la Corte d’appello di Napoli ha accolto nei confronti di NOME COGNOME rigettando la domanda di arretramento dallo stesso proposta, e ha rigettato nei confronti di NOME COGNOME confermando la domanda di arretramento pronunciata a suo favore. La sentenza ha ritenuto che l’area in discussione era stata classificata come A1 ‘di rilevante interesse ambientale’ , per la quale l’art. 7 -bis del piano regolatore vietava nuove costruzioni e consentiva solo ristrutturazioni per immobili privi di interesse storico, artistico o ambientale, senza regolamentare le distanze; di conseguenza ha dichiarato che si applicava l’art. 873 cod. civ. e, trattandosi di distanza codicistica non dettata da strumento urbanistico, tale distanza era derogabile e nella fattispecie derogata dalle disposizioni comportanti la costituzione di servitù contenute n ell’atto di donazione 9 -5-1980 con la quale, donando i fondi contigui ai figli NOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME aveva consentito il prolungamento del fabbricato di
metri tre senza possibilità per la controparte di eccepire violazione delle disposizioni sulle distanze.
Avverso la sentenza NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, nei confronti de ll’ erede di NOME COGNOME NOME COGNOME e nei confronti degli eredi di NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME NOME COGNOME quale erede di NOME COGNOME ha sua volta proposto ricorso incidentale.
Con sentenza n. 1616/2018 depositata il 23-1-2018 la Suprema Corte ha accolto il ricorso incidentale e, dichiarando assorbiti i motivi di ricorso principale, ha cassato la sentenza impugnata « onde il giudice di rinvio, svolti gli opportuni accertamenti documentali relativi al regime delle distanze applicabile, ove risulti un divieto di nuove edificazioni, dovrà procedere a rinnovato esame della fattispecie ritenendo le distanze pari a quelle individuate dai volumi preesistenti all’entrata in vigore del divi eto, non derogabili dall’autonomia privata, applicando il seguente principio di diritto:
‘in tema di distanze tra costruzioni, l’art. 9 comma primo del d.m. 02/04/1968 n.1444 -traendo la sua forza cogente dai commi 8 e 9 dell’art. 41quinquies l. urb. e prescrivendo, per la zona A, per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, che le distanze tra gli edifici non possano essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti -è disciplina integrativa dell’art. 873 cod. civ. immediatamente idonea a incidere sui rapporti interprivatistici, per cui, sia in caso di adozione di strumenti urbanistici contrastanti con la norma citata, sia con ancor maggior fondamento in caso di mancanza di contrasto e quindi in presenza di disposizioni di divieto assoluto di costruire, sussiste l’obbligo per il g iudice di merito -nel primo caso mediante disapplicazione della disposizione illegittima, nel secondo caso mediante diretta applicazione della norma di divieto- di dare attuazione
alla disposizione integrativa dell’art. 873 cod. civ., ove il costruttore sia stato proprietario di un preesistente volume edilizio, mediante condanna all’arretramento di quanto successivamente edificato oltre i limiti di tale volume o, qualora invece non sussistesse alcun preesistente volume, mediante condanna all’integrale eliminazione della nuova edificazione ‘ ».
Riassunto il giudizio, con sentenza n. 5095/2022 depositata in data I-122022 la Corte d’appello di Napoli , rigettate le eccezioni preliminari, ha confermato la sentenza di primo grado n. 10541/2002 del Tribunale di Napoli. La sentenza ha dichiarato che per la sottozona A1 le prescrizioni del PRG prevedevano che, in generale, non erano ammesse nuove costruzioni, con limitate deroghe sottoposte al rispetto delle distanze dettate dalle tabelle allegate alle NTA, che per la zona A1 prevedevano la distanza di dieci metri tra gli edifici e di cinque metri dal confine; quindi, poiché le disposizioni erano inderogabili e applicabili nei rapporti tra privati, come statuito dalla Cassazione che aveva disposto il rinvio, ha dichiarato che NOME COGNOME nell’ampliare il suo fabbricato, avrebbe dovuto rispettare la distanza di dieci metri dall’edificio di NOME e di cinque metri dal confine e non rilevava la servitù prevista in suo favore nell’atto di donazione, in quanto, oltre a essere le disposizioni inderogabili, non poteva essere applicato neppure l’art. 877 cod. civ. sulle costruzioni in aderenza. In ordine alla distanza con il fabbricato COGNOME, ha accertato che NOME COGNOME aveva costruito il terrazzo alla distanza di m.0,71, il porticato sul confine e il pilastro a m.1,91 dal confine, per cui doveva essere rigettato anche l’appello proposto da NOME COGNOME a Telese nei confronti degli eredi COGNOME.
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di undici motivi.
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso, nel quale hanno eccepito in via preliminare l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto in forza di procura datata 27-1-2013 che non conteneva alcuna menzione della sentenza da impugnare e nella quale addirittura la firma di NOME COGNOME appariva cancellata.
NOME COGNOME è rimasta intimata.
Il 12-2-2024 il consigliere delegato ex art. 380-bis cod. proc. civ. ha depositato proposta di definizione accelerata nel senso dell’inammissibilità del ricorso perché proposto in forza di procura rilasciata al difensore prima del deposito della sentenza impugnata e perciò priva del requisito della specialità.
Il 16-3-2024 il difensore dei ricorrenti in forza di nuova procura speciale ha chiesto la decisione del ricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 16-4-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo i ricorrenti deducono ‘ violazione ed erronea applicazione dell’art. 156 co.3 c.p.c. in relazione all’art. 360 n.ri 3 e 4 c.p.c. per aver la Corte di merito ritenuto erroneamente sanata la notifica dell’atto di citazione in riassunzione per raggiungimento dello scopo, laddove invece tale sanatoria non poteva operare essendo tale notifica inesistente -omessa notifica dell’atto di citazio ne in riassunzione al COGNOME NOME e violazione dell’art. 102 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.’; lamentano che la Corte d’appello, ritenendo che la notificazione dell’atto di riassunzione era stata eseguita dal difensore ai sensi della legge 53/1994, non abbia rilevato
che la notifica a NOME COGNOME non costituito nel giudizio di rinvio, era inesistente per la mancanza del soggetto al quale imputare l’attività di notificazione.
2.Con il secondo motivo i ricorrenti deducono ‘ violazione ed erronea applicazione dell’art. 102 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. per la mancata partecipazione al giudizio di rinvio a seguito dell’annullamento della sentenza da parte della Cassazione di tutte le parti nei confronti delle quali era stata pronunciata sentenza di annullamento’. Il ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata, a fronte della loro richiesta di dichiara re l’ improcedibilità del ricorso per la mancata citazione di tutti i soggetti che erano stati citati avanti la Corte di Cassazione, abbia dichiarato che i COGNOME avevano evocato nel giudizio di Cassazione anche NOME NOME e NOME COGNOME nonché NOME COGNOME senza fornire prova che gli stessi, non costituiti nel giudizio di cassazione, fossero eredi degli originari convenuti e nonostante NOME COGNOME e NOME COGNOME avessero dichiarato di essere le uniche eredi di NOME COGNOME.
3.Con il terzo motivo i ricorrenti deducono ‘ violazione ed erronea applicazione degli artt. 393 e 394 c.p.c. anche in relazione agli artt. 183 e 190 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. per la mancata declaratoria di improcedibilità del giudizio di rinvio essendo avvenuto tardivamente (solo in data 26-4-2022) il deposito della copia autentica della sentenza della Corte di cassazione allorquando la causa era già stata rinviata per la precisazione delle conclusioni e gli odierni resistenti decaduti dal p oter produrre nuovi documenti’.
4.Con il quarto motivo i ricorrenti deducono ‘ violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 873, 880 e 885 c.c. anche in relazione all’art. 384 co. 2 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. -Omesso esame di un fatto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti rientrante tra gli accertamenti preliminari che
la Corte di Cassazione con la sentenza 1616/2018 (cfr. punto 3 delle ragioni della decisione) aveva demandato al giudice del rinvio ovvero considerare che le proprietà di Telese NOME e di COGNOME NOME erano delimitate da un muro di fabbrica, comune, che costituiva la linea di confine e in aderenza al quale entrambi i confinanti avevano realizzato le loro rispettive costruzioni ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.’. Lamentano che la Corte d’appello, omettendo di accertare se le costruzioni fossero state eseguite in aderenza al muro divisorio, abbia reiterato l’errore che avevano dedotto con il loro quarto motivo di ricorso per cassazione ritenuto assorbito dalla Suprema Corte e dichiarano che, se l’accertamento fosse stato svolto, sarebbe stata esclusa qualsiasi violazione delle distanze da parte di NOME COGNOME la quale aveva costruito in aderenza, così come aveva fatto NOME COGNOME
5.Con il quinto motivo i ricorrenti deducono ‘ violazione ed erronea applicazione dell’art. 2901 (rectius 2909) c.c. e 324 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 n.ri 3 e 4 c.p.c. per aver omesso la Corte di merito di rilevare il giudicato interno formatosi a seguito della sentenza n. 301/2012 resa dalla Corte di Appello di Napoli, sulla rinuncia all’azione a fare valere la violazione delle distanze legali contenuta nelle disposizioni testamentarie del COGNOME NOME accettate dal COGNOME NOME con l’accettazione dell’eredità’. Sostengono che, in mancanza di impugnazione della parte interessata, si era formato il giudicato interno sulla statuizione della Corte d’appello nella sentenza n. 301/2012 secondo la quale anche le disposizioni testamentarie del padre NOME COGNOME prevedevano la s ervitù a favore dell’immobile della figlia NOME con l’onere di non eccepire la violazione delle distanze a carico del figlio NOME e di conseguenza sussisteva il diritto a mantenere la costruzione in forza di quella statuizione.
6.Con il sesto motivo i ricorrenti deducono ‘ violazione ed erronea applicazione delle norme di diritto di cui agli artt. 873 c.c. in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. 880 e 885 c.c. e 384 co.2 c.p.c. ex art. 360 n.3 c.p.c. -Omesso esame delle disposizioni testamentarie, fatti decisivi del giudiz io e oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.’; i ricorrenti ulteriormente rilevano che la clausola della donazione che consentiva alla figlia NOME di prolungare la costruzione senza che si potesse eccepire la violazione delle distanze era stata riportata nel testamento di NOME COGNOME che conteneva anche divisione operata dal testatore e comportava deroga alla disciplina delle distanze legali.
7.Con il settimo motivo i ricorrenti deducono ‘ violazione ed erronea applicazione degli artt. 832, 873, 874, 875, 876, 877 c.c., 2697 c.c. e 112 c.p.c. in relazione alle distanze legali contenute nel piano regolatore del Comune di Ischia integrative dell’art. 873 e dei principi della Cassazione civile SS.UU. n. 10318/2016 ai sensi dell’art. 360 n.ri 3 e 4 c.p.c. -violazione ed erronea applicazione dell’art. 132 n.4 c.p.c. in relaz ione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per vizio di motivazione della sentenza impugna ta affetta da insanabile contrasto’. Lamentano che la sentenza da una parte abbia applicato il principio di prevenzione di cui all’art. 873 cod. proc. civ. con riguardo alla costruzione eseguita per prima da NOME COGNOME e poi abbia affermato l’inderogabilità delle distanze di cinque metri dal confine e di dieci metri tra i fabbricati previste dal regolamento comunale e la violazione delle distanze da parte della costruzione di NOME COGNOME sostengono che, al contrario, le domande delle controparti avrebbero dovuto essere in ogni caso rigettate.
8.Con l’ottavo motivo i ricorrenti deducono ‘ violazione ed erronea applicazione dell’art. 873 c.c. nonché del regolamento locale del Comune di Ischia che ha portata integrativa del codice civile e
violazione dell’art. 1051 c.c. e degli artt. 3, 23 e 42 della Costituzione in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c.’; sostengono che la sentenza abbia errato nel ritenere inderogabile la disciplina sulle distanze legali contenuta nel regolamento locale del Comune di Ischia non ammettendone la regolamentazione pattizia.
9.Con il nono motivo i ricorrenti deducono ‘ violazione ed erronea applicazione dell’art. 873 c.c. e dell’art. 14 delle Preleggi non contenendo il regolamento edilizio del Comune di Ischia alcuna disciplina sulle distanze legali integrativa a quella di cui all’art. 873 c.c. relativa alla zona d’inter esse -Applicazione della disciplina codicistica di cui all’art. 873 c.c. ai sensi dell’art. 360 n.3 c.p.c.’; lamentano che la sentenza impugnata non abbia considerato quanto accertato dalla sentenza n. 301/2012 della Corte d’appello di Napoli, in forza della c.t.u. svolta in quel grado, in ordine al fatto che il piano regolatore del Comune di Ischia aveva subito modifiche in sede di approvazione da parte della Regione Campania.
10.Con il decimo motivo i ricorrenti deducono ‘ violazione degli artt. 873 e 2697 c.c. anche in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. ex art. 360 n. 3 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo ed oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 n. 5 c.p.c. per aver la Corte di merito erroneamente ritenuto che la costruzione del COGNOME NOME era antecedente a quella della Telese NOME; sostengono che il completamento dei volumi edificati da COGNOME si è avuto soltanto in data 16-4-1991, mentre la costruzione della Telese era stata completata già il 26-3-1984 e quindi NOME COGNOME non poteva invocare il principio della prevenzione.
11.Con l’undicesimo motivo i ricorrenti deducono ‘ violazione ed erronea applicazione dell’art. 873 c.c. in relazione all’art. 9 del D.M. 1444/1968 ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. per aver erroneamente ritenuto che le distanze inderogabili devono essere rispettate anche
laddove la costruzione del vicino sia stata edificata abusivamente’; sostengono che gli edifici abusivi non possono essere tenuti in considerazione nel calcolo delle distanze, neanche se preesistenti.
12.Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancanza di procura speciale, sollevata dai controricorrenti e recepita dalla proposta di definizione accelerata, che è fondata per le ragioni di seguito esposte.
Al ricorso per cassazione redatto in formato digitale, notificato e depositato in modalità telematica, è allegata la copia digitalizzata con firma digitale di entrambi i difensori avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME della procura alle liti redatta su supporto cartaceo, contenente le sottoscrizioni autografe e leggibili di NOME COGNOME, di NOME COGNOME una sottoscrizione che i controricorrenti sostengono essere cancellata in corrispondenza del la dicitura ‘COGNOME RAGIONE_SOCIALE‘, sotto la data ‘Ischia 27.01.2013’, con l’autentica dell’avv. NOME COGNOME Il testo della procura, rivolta agli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME, è il seguente: ‘Vi nomi niamo e costituiamo nostri procuratori e difensori nel presente procedimento, in ogni stato e grado, compreso le fasi esecutive, incidentali e di opposizione, conferendoVi all’uopo le più ampie facoltà di legge ed autorizzazione a transigere, quietanzare, nominare procuratori domiciliatari, rinunziare agli atti del giudizio, sottoscrivere il presente atto ed i successivi, chiamare in causa terzi e spiegare domanda riconvenzionale, avendo fin d’ora per rato e fermo il Vs. operato . Eleggiamo domicilio presso di Voi…’ .
Secondo i principi enunciati da Cass. Sez. U 19-1-2024 n. 2077 (Rv. 669830-01), in linea generale è valida la procura speciale redatta con le modalità utilizzate nel caso di specie -ricorso per cassazione nativo digitale, notificato e depositato in modalità telematica con allegazione medianti strumenti informatici (al messaggio p.e.c. con il
quale l’atto è notificato e mediante inserimento nella busta telematica con la quale l’atto è depositato) di una copia digitalizzata della procura alle liti redatta su supporto cartaceo, con sottoscrizione autografa della parte e autenticata con firma digitale dal difensore; in tal caso, secondo quanto rilevato da Cass. Sez. U 2077/2024, è integrata l’ipotesi ex art. 83 co.3 cod. proc. civ. di procura speciale apposta in calce al ricorso, con la conseguenza che la procura stessa è da ritenere valida, in difetto di espressioni che univocamente conducano a escludere l’intenzione della parte di proporre ricorso per cassazione. Cass. Sez. U 2077/2024 ha espressamente pronunciato nel solco di Cass. Sez. U 9-12-2022 n. 36057 (Rv. 666374-01), che aveva evidenziato non solo che l’unità fisica pacificamente esistente per la procura a margine o in calce del ricorso è stata ‘ legalmente creata ‘ dal legislatore con la legge 141/1997 per la procura redatta su foglio separato e congiunto, ma anche che, secondo la normativa sul PCT, la procura speciale è da considerare apposta in calce se allegata alla p.e.c. con la quale l’atto è notificato o inserita nella busta telematica con la quale l’atto è depositato. Come pure si legge in Cass. Sez. U 36057/2022, tale parificazione è una presunzione che dà attuazione al principio di conservazione dell’atto, di talch é la procura redatta su foglio separato è da ritenere valida in difetto di espressioni che univocamente conducano a escludere l’intenzione della parte di proporre il ricorso per cassazione; infatti, la scelta di dare il massimo risalto al principio di conservazione degli atti deve necessariamente arrestarsi qualora la procura sia stata redatta in modo tale da escludere con certezza che la parte, nel conferirla, abbia inteso attribuire al difensore il potere di proporre il ricorso per cassazione.
Nella fattispecie, i controricorrenti e la proposta di definizione accelerata hanno rilevato che la procura ha data antecedente a quella di pubblicazione della sentenza impugnata. Si impone l’ulteriore rilievo
che la procura risulta rilasciata con esclusivo riferimento ad attività tipiche del giudizio di merito, con la mancanza di qualsiasi riferimento non solo alla volontà di proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza 5095/2022 della Corte d’appello di Napoli oggetto del presente giudizio, ma anche al conferimento del potere di proporre ricorso per cassazione. A fronte di questo contenuto della procura, rimane priva di qualsiasi sostegno l’affermazione dei ricorrenti secondo la quale solo per errore mat eriale nella procura è stato indicato l’anno 2013 anziché l’anno 2023, perché l’errore materiale in quanto tale deve essere una mera svista o disattenzione rilevabile ictu oculi dal contesto complessivo dell’atto . Diversamente, nella fattispecie dal contenuto della procura tale errore materiale non emerge, in quanto la data di rilascio della procura appare congruente ai poteri che le parti intendevano conferire ai difensori, all’epoca nella quale il presente giudizio di cassazione non era ancora stato instaurato; nel contempo il contenuto della procura non è congruente ai poteri che le parti avrebbero potuto volere conferire ai difensori nel 2023, allorché era da proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 5095/2022 della Corte d’appello di Napoli e non erano da nominare i difensori in un procedimento, non individuato, ‘in ogni stato e grado, comp reso le fasi esecutive, incidentali e di opposizione’.
Non può essere accolta neppure la tesi dei ricorrenti, secondo la quale la data certa della procura sia quella di notificazione del ricorso avvenuta il 28-1-2023, per il fatto che la procura si deve intendere in calce al ricorso, così che la questione della data possa essere superata sotto questo profilo. Come già esposto, in forza dei principi posti da Cass. Sez. U 36057/2022 e da Cass. Sez. U 2077/2024, la procura seppure da ritenere apposta in calce al ricorso- non può considerarsi conferita per il ricorso per cassazione allorché dalla stessa risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di
cassazione; pure tenendo presente, in ossequio al principio di conservazione, che nei casi dubbi la procura va interpretata attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all’atto di produrre i suoi effetti, nella fattispecie rimane insuperabile che la procura manifesta volontà limitata esclusivamente al conferimento di poteri da esercitare nel giudizio di merito, senza espressione della volontà di adire il giudice di legittimità e senza nemmeno quel riferimento -ritenuto sufficiente da Cass. Sez. U 2077/2024- al ‘ giudizio di cassazione di cui al ricorso che precede’. Quindi, non può neppure ritenersi che la procura -seppure conferita per il giudizio di cassazione- faccia richiamo anche a poteri e facoltà solitamente rapportabili al giudizio di merito, in sé irrilevanti al fine di escludere la specialità della procura: ciò che risulta insuperabile è che dal testo della procura l’unica volontà emergente è quella del conferimento ai difensori dei poteri propri del giudizio di merito e non di quello di legittimità.
Non può neppure ritenersi che la questione sia superata per il fatto che i ricorrenti hanno conferito ai difensori la procura speciale per chiedere la decisione dopo il deposito della proposta di definizione accelerata. Dalle ragioni esposte consegue che tale procura è l’unica procura speciale che i ricorrenti hanno conferito per il presente giudizio, ma il requisito di specialità della procura di cui agli artt. 365 e 83 co. 3 cod. proc. civ. richiede anche che il conferimento non sia successivo alla notificazione del ricorso stesso (cfr. Cass. Sez. U 19-1-2024 n. 2075 Rv. 669833-01).
13.In conclusione il ricorso è dichiarato inammissibile e di conseguenza, in applicazione del principio della soccombenza, i ricorrenti sono condannati alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, con la distrazione richiesta.
Inoltre, poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380-bis cod. proc. civ., devono essere applicati, come previsto dal comma terzo dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ., il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento a favore dei controricorrenti di somma equitativamente determinata nella misura di cui in dispositivo, nonché al pagamento di ulteriore somma a favore della cassa delle ammende.
Come evidenziato da Cass. Sez. U 27-9-2023 n. 27433 (Rv. 668909-01) e Cass. Sez. U 13-10-2023 n. 28540 (Rv. 669313-01), l’art. 380 -bis co.3 cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 co. 3 e 4 cod. proc. civ., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata.
Infine, in considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna i ricorrenti alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.100,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario, iva e cpa ex lege, co n distrazione a favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario;
condanna i ricorrenti al pagamento ex art. 96 co. 3 e 4 cod. proc. civ. di Euro 2.100,00 a favore dei controricorrenti e di Euro 3.000,00 a favore della cassa delle ammende.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione