Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31916 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31916 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 22526-2020 proposto da:
COGNOME domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4836/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 27/03/2020 R.G.N. 3669/2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
Oggetto
MANSIONI PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 22526/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 06/11/2024
CC
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RILEVATO
che, con sentenza del 23 luglio 2020, la Corte d’Appello di Napoli confermava la decisione resa dal Tribunale di Torre Annunziata e rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del Comune di Sorrento, avente ad oggetto l’annullamento del trasferimento dell’istante , dipendente dell’Ente originariamente addetta ai servizi demografici presso l’ufficio ragioneria del Dipartimento I, la declaratoria del diritto alla reintegrazione nella precedente posizione lavorativa con le mansioni di ufficiale di anagrafe e la condann a dell’Ente al risarcimento del danno biologico, morale e professionale da quantificarsi in separata sede;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto rilevare, ai fini di escludere il demansionamento lamentato dall’istante per comportare l’ufficio di nuova assegnazione minore complessità ed importanza inferiore al precedente e soprattutto per prescindere dalla valorizzazione delle attitudini professionali acquisite, la circostanza del possesso da parte dell’istante del medesimo inquadramento in C1, quale istruttore amministrativo, della dipendente cessata dal servizio la cui sostituzione era alla base del disposto trasferimento e ciò a motivo del carattere meramente formale del criterio dell’equivalenza delle mansioni richiesto dall’art. 52 d,lgs. n. 165/2001 ai fini della legittimità del trasferimento, per cui dovevano considerarsi insussistente il demansionamento ed infondate le pretese al reintegro nelle precedenti mansioni ed al risarcimento del danno;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la COGNOME, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, il Comune di Sorrento;
CONSIDERATO
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che, con l’unico motivo, la ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 4, lett. e), comma 5, lett. b) e comma 10 lett. b) della delibera n. 13 dell’ANAC 4.2.2015 per l’attuazione dell’art. 1, commi 60 e 61 l. n. 190/2012, 52 d.lgs. n. 165/2001, 2697 e 2729 c.c. in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., imputa alla Corte territoriale l’assunzione dell’invocata disciplina di cui alla l. n. 190/2012 quale criterio ordinario di organizzazione ed utilizzo ottimale delle risorse umane erroneamente, qualificando legittima la rotazione sulla nuova posizione di soggetto privo delle competenze necessarie per assicurare la continuità dell’azione amministrativa, tenuto conto altresì del carattere demansionante della nuova posizione professionale che si assume provato e tale da fondare l’avanzata pretesa risarcitoria;
che va preliminarmente esaminata l’eccezione sollevata dal Comune di Sorrento controricorrente circa l’inammissibilità del ricorso per difetto di procura , eccezione che il Collegio ritiene di dover accogliere risultando la procura rilasciata con atto separato, privo di data e di qualsiasi riferimento all’impugnazione per cassazione, per porsi ciò in contrasto con l’obbligo di rilasciare la procura successivamente alla pubblicazione del provvedimento impugnato e con specifico riferimento al giudizio di legittimità (cfr., da ultimo, Cass. n. 13728/2024);
che il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e le spese del presente giudizio accollate al difensore procedente privo di ius postulandi e liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso per difetto di procura e condanna l’avv. NOME COGNOME al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per
esborsi ed euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 6.11.2024