Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14539 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14539 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9831/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, asseritamente rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrenti- contro
NOME COGNOME e DI COGNOME LILIANA,
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DELL’AQUILA n.2126/2019 depositata il 23.12.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20.5.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con citazione notificata il 18.12.2008, i coniugi COGNOME NOME e NOME Pasquale convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Pescara, sezione distaccata di Penne, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, germani della prima, domandando, per quanto qui di interesse, sulla base dell’asserito possesso esclusivo uti domini esercitato per oltre venti anni, l’accertamento della maturata usucapione di alcuni immobili (un terreno con sovrastante villa da loro realizzata nel 1976, riportato a foglio 9 particelle 244, 245, 307 e 243, ed un altro terreno utilizzato come orto a foglio 9, particelle 305, 306 e 311 del Comune di Cepagatti), siti nella frazione di Villanova di Cepagatti. A sostegno della domanda, gli attori esponevano che i prefati beni erano originariamente di proprietà del padre, NOME COGNOME e che, a seguito del decesso di quest’ultimo, avvenuto nel 1973, parte dei fondi era stata goduta, per l’usufrutto di 1/3 spettante, in base alla normativa successoria all’epoca vigente, dalla moglie superstite del predetto, NOME COGNOME a sua volta deceduta nel 2001, mentre della proprietà e della restante quota dell’usufrutto dei terreni in questione erano intestatari per successione i quattro germani NOME COGNOME
Costituendosi in giudizio, i convenuti resistevano alle avverse pretese e domandavano, in via riconvenzionale, il riconoscimento dell’acquisto della proprietà della villa per accessione rispetto alla proprietà dei terreni sottostanti, la rimessione nel possesso dei beni comuni, oltre al risarcimento dei danni per il loro mancato godimento, evidenziando che i terreni sui quali la villa era stata edificata, prima di essere interessati dalle vicende successorie, erano stati acquistati da entrambi i loro genitori, COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME con l’atto pubblico del 12.11.1939.
Il Tribunale di Pescara, con la sentenza n. 1749/2014, accoglieva la domanda attorea limitatamente ai terreni sui quali era ubicata la villa con giardino (particelle 244, 245, 307 e 243), con esclusione, per la particella 243, delle aree sulle quali sorgevano le piccole case, o ‘casette’ per il ricovero della legna, conserva dei pomodori ed altro, e con esclusione dell’usucapione per i terreni adibiti ad orto, respingeva la riconvenzionale di accertamento dell’accessione, e dichiarava compensate le spese di lite.
La predetta pronuncia veniva impugnata da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e COGNOME NOME e NOME resistevano al gravame.
Con la sentenza n. 2126/2019 dell’11/23.12.2019, la Corte d’Appello dell’Aquila, in parziale riforma della pronuncia di prime cure, rigettava integralmente la domanda di usucapione, ma confermava il rigetto della riconvenzionale di accertamento dell’accessione, compensando le spese processuali del doppio grado.
Pur riconoscendo l’operatività dell’istituto dell’accessione anche nelle ipotesi di edificazione su area comune (Cass. sez. un. 16.2.2018 n. 3873), la Corte territoriale dichiarava la carenza di prova in ordine al titolo di proprietà del terreno, asseritamente in comproprietà, su cui sorgeva l’immobile oggetto della domanda ex art. 934 cod. civ.. Secondo il Giudice a quo , gli appellanti, al pari di coloro che agiscono in rivendica, avrebbero dovuto assolvere l’onere della probatio diabolica , mediante la produzione della documentazione traslativa del bene fino a risalire ad un acquisto proprio, o dei loro danti causa a titolo originario, o comunque per usucapione, mentre tale onere non era stato assolto. Veniva poi ritenuta parimenti carente la prova del lamentato danno per mancato godimento dei beni comuni sottratti agli appellanti, che non poteva considerarsi in re ipsa e che, pertanto, doveva essere opportunamente allegato.
Avverso tale sentenza NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso a questa Corte, affidandosi ad otto motivi, ed i coniugi COGNOME NOME e NOME sono rimasti intimati.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale i ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 4) c.p.c., i ricorrenti si dolgono della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.. La Corte territoriale avrebbe erroneamente rigettato la loro domanda di accertamento dell’acquisto della proprietà della villetta per accessione, sulla scorta della carenza di prova in ordine alla comproprietà, tra i germani COGNOME, dei terreni sui quali la stessa sorgeva, omettendo di considerare che tale circostanza era pacifica, in quanto espressamente ammessa dai coniugi NOMECOGNOME e non richiedeva quindi di essere provata.
Attraverso la seconda censura, articolata in relazione all’art. 360, comma 1°, nn. 3) e 4) c.p.c., si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c. e 2699-2700 cod. civ.. Il Giudice di secondo grado avrebbe erroneamente ritenuto che gli appellanti non avessero assolto l’onere probatorio di produzione della documentazione traslativa dei beni in contestazione, dichiarando non coincidenti i prefati beni con quelli menzionati nell’atto pubblico del 12.11.1939, prodotto dagli appellanti, con cui i coniugi COGNOME avevano acquistato i terreni sui quali era stata successivamente edificata la villa, ed omettendo di nominare un CTU ai fini di un raffronto con le mappe catastali.
Con la terza doglianza, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 4) c.p.c., i ricorrenti lamentano la violazione o falsa applicazione degli artt. 61 e 191 c.p.c.. La Corte territoriale avrebbe erroneamente disatteso la richiesta degli appellanti di disporre una consulenza tecnica d’ufficio, il cui espletamento sarebbe stato necessario ai fini
della descrizione dell’attuale stato dei luoghi e della verifica della comproprietà vantata sugli immobili in contestazione dalla COGNOME e dai germani COGNOME
Col quarto motivo, in relazione all’art. 360, comma 1°, nn. 3) e 4) c.p.c., i ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c. e 2721 ss. Cod. civ.. Il Giudice di seconde cure avrebbe erroneamente omesso di considerare, ai fini dell’accoglimento della domanda di accessione, la testimonianza resa da COGNOME NOME, che aveva confermato la titolarità del diritto di proprietà sulle particelle per cui è causa in capo a NOME e NOME, alla cui morte erano subentrati i figli NOME, NOME NOME e NOME, succeduti ab intestato ai genitori per quote uguali.
Attraverso la quinta doglianza, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., i ricorrenti censurano la pronuncia di seconde cure per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 934, 1140, comma 2°, 1142, 1158 e 2697 cod. civ.. Nel rigettare la domanda di accessione, la Corte territoriale avrebbe, infatti, omesso di rilevare che i germani COGNOME erano comproprietari, in parti uguali, degli immobili oggetto di contesa, per averne acquistata la proprietà iure hereditatis e per avere esercitato su di essi un possesso continuato, ancorché indiretto, in quanto realizzato per mezzo della madre NOME di durata ultraventennale.
6) Col sesto motivo, articolato in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La Corte d’Appello avrebbe omesso di esaminare la circostanza decisiva della comproprietà tra i germani COGNOME -in quanto succeduti ab intestato al diritto di proprietà dei genitori -del fondo su cui è stata edificata la villa oggetto di accessione, evidenziata tanto dai coniugi COGNOME nell’atto di citazione e nella comparsa di
costituzione in appello, quanto dai odierni ricorrenti sin dalla comparsa di costituzione in primo grado.
Col settimo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1°, nn. 3) e 4) c.p.c., i ricorrenti si dolgono della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c. e 2697 e 2721 ss. cod. civ.. Il Giudice di secondo grado avrebbe erroneamente rigettato la domanda risarcitoria sull’assunto della carenza di prova in ordine ai danni patiti dagli appellanti, disattendendo il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte secondo cui la compromissione, da parte di un comproprietario, del diritto al pari utilizzo della cosa comune, da parte degli altri comproprietari, integra un illecito che può dar luogo al risarcimento dei danni.
Con l’ottava censura, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 4) c.p.c., i ricorrenti lamentano la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.. La Corte territoriale sarebbe altresì incorsa nel vizio di omessa pronuncia, per non aver esaminato e deciso in ordine alla domanda riconvenzionale di ripristino del possesso degli odierni ricorrenti sui beni in comproprietà.
Ritiene la Corte in via preliminare ed assorbente, che debba essere rilevata d’ufficio l’inammissibilità del ricorso, notificato nell’ultimo giorno utile, contro la sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila n.2126/2019 dell’11/23.12.2019, per difetto di procura speciale dell’avvocato NOME COGNOME a rappresentare nel giudizio di cassazione NOME COGNOME GabrieleCOGNOME NOME e NOME.
Ed invero, in sede di costituzione, l’avv. NOME COGNOME ha depositato la procura analogica rilasciatagli il 29.3.2021 da NOME COGNOME NOME, NOME e NOME e da lui autenticata, allegata, con l’attestazione di conformità della copia telematica all’originale cartaceo, al ricorso notificato a mezzo pec il 29.3.2021 all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’avv. NOME COGNOME legale domiciliatario di COGNOME NOME e NOME Pasquale nel giudizio di secondo grado n. 1209/2016 RG definito dalla succitata sentenza,
ma in tale procura speciale NOME COGNOME Gabriele, NOME e NOME hanno nominato come proprio avvocato e rappresentante in giudizio l’avv. NOME COGNOME del foro di Chieti, patrocinante presso la Cassazione e le Magistrature Superiori, per essere rappresentati e difesi nel procedimento di legittimità da promuovere dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione al fine di ” ricorrere avverso la sentenza n. 555/2019 emessa dalla Corte di Appello di L’Aquila -Sezione lavoro in data 19.9.2019 a definizione del procedimento n. 34/2019 RG pubblicata nella medesima data del 19.9.2019 e non notificata “.
Orbene, tale ultima sentenza ed il procedimento da essa definito, per i quali é stato conferito al legale dai ricorrenti il potere d’impugnazione, sono inequivocamente diversi dalla sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila n.2126/2019 dell’11/23.12.2019, che ha definito il procedimento civile n.1209/2016 RG, per cui si deve ritenere che l’avv. NOME COGNOME abbia proposto ricorso davanti a questa Corte contro la sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila n. 2126/2019 dell’11/23.12.2019 in difetto della procura speciale, prescritta dall’art. 365 c.p.c. per la proposizione del ricorso in cassazione, senza che possa essere attribuita efficacia sanante alla circostanza che la copia della procura attestata conforme all’originale analogico inserita nella busta elettronica della notifica a mezzo pec del ricorso debba essere considerata come una procura in calce (vedi Cass. sez. un. 9.12.2022 n.36057).
Anche dopo che le sezioni unite di questa Corte hanno equiparato alla procura speciale analogica in calce, o a margine degli atti processuali, o su foglio separato materialmente connesso ad essi, la procura nativa digitale, o attestata conforme all’originale analogico, che siano incluse nella busta elettronica notificata a mezzo pec col ricorso alla controparte, la presunzione di inerenza della procura al giudizio cui l’atto a margine, o in calce al quale si trova la procura, si riferisce, utilizzabile quando nel conferimento
della procura non vi siano riferimenti specifici alla sentenza impugnata, non può valere quando invece, come nel caso di specie, le espressioni utilizzate nel conferimento della procura conducano univocamente ad escludere l’intenzione delle parti di rilasciare la procura per proporre ricorso contro la sentenza alla quale esso si riferisce (vedi in tal senso Cass. sez. un. 9.12.2022 n. 36057; Cass. 21.3.2005 n. 6070; Cass. 16.12.2004 n. 23381; Cass. sez. un. 27.10.1995 n. 11178).
L’art. 365 c.p.c., del resto, impone per la proposizione del ricorso in cassazione la procura speciale, ossia riferita ad una causa determinata, e l’art. 125 c.p.c. esige che il suo rilascio avvenga prima della notifica del ricorso, per assicurare che il mandato sia conferito dalla parte proprio per la proposizione del ricorso in cassazione contro una determinata sentenza, e la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto colmabili eventuali lacune nell’individuazione del provvedimento impugnato attraverso il riferimento al collocamento topografico della procura, ed all’assimilazione della procura allegata al ricorso notificato a mezzo pec, alla procura in calce, in presenza di fattispecie concrete in cui il tenore letterale della procura lasciasse dei dubbi interpretativi, ma nel caso in esame la procura speciale é stata conferita solo per impugnare in cassazione una sentenza diversa, pronunciata all’esito di un giudizio del lavoro differente rispetto alla causa civile definita dalla sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila n. 2126/2019 dell’11/23.12.2019, ed attribuire efficacia sanante alla mera allegazione al ricorso notificato, significherebbe legittimare gli avvocati a proporre ricorso in cassazione contro qualsiasi sentenza col mero inserimento della procura loro conferita per l’impugnazione di un’altra sentenza, tramite il mero inserimento nella busta elettronica della notifica a mezzo pec, con totale stravolgimento del principio della specialità della procura dettato dall’art. 365 c.p.c.
Nulla va disposto per le spese del giudizio di legittimità, in quanto NOME e NOME Pasquale sono rimasti intimati.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dei ricorrenti in solido, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20.5.2025