Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20320 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20320 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/07/2025
CONDOMINIO COGNOME;
– intimato – avverso la SENTENZA del TRIBUNALE DI BRESCIA n. 1651/2019 depositata il 30/05/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 25.01.2017 il Giudice di pace di Brescia, su domanda del Condominio COGNOME emetteva, in danno del condomino NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2165/2020 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME;
– ricorrente –
contro
il decreto ingiuntivo n. 316/2017 per il pagamento della somma di €. 238,92 a titolo di spese condominiali,.
Il Giudice di Pace rigettava l’opposizione del debitore ingiunto, accogliendo l’eccezione di decadenza dall’impugnazione della delibera del 14.03.2016, contenente l’approvazione dei bilanci consuntivo del 2015 e preventivo del 2016, nonché il riparto delle spese condominiali, inviato ai condòmini il 20.07.2016. Condannava l’opponente alle spese del grado liquidate in €. 300,00 per compensi.
Il Barone impugnava la sentenza di primo grado innanzi al Tribunale di Brescia, che -per quanto ancora qui di interesse – con sentenza n. 1651/2019 pubblicata il 30.05.2019, dichiarava inammissibile il primo motivo d’appello poiché promosso nei confronti di una sentenza del Giudice di Pace pronunciata secondo equità ai sensi dell’art. 113, comma 2, cod. proc. civ., senza che fosse dedotta la violazione di norme sul procedimento, di norme costituzionali o comunitarie, ovvero di un principio regolatore della materia, ai sensi dell’art. 339, comma 3, cod. proc. civ.
Avverso la suddetta pronuncia NOME COGNOME ha promosso ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi e illustrandolo con memoria.
E’ rimasto intimato il Condominio COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione di norme di diritto: a giudizio del ricorrente, il Tribunale ha violato l’art. 339 cod. proc. civ. ritenendo inammissibile il primo motivo di appello per non aver censurato la violazione di norme sul procedimento, costituzionali, comunitarie o dei principi regolatori della materia, con particolare riferimento alla violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., 113 cod. proc. civ., così come
riferiti all’art. 1136 cod. civ., 1137 cod. civ. e art. 66 disp. att. cod. civ. Osserva il ricorrente che la violazione di norme sul procedimento era stata censurata già nel titolo del motivo di appello («illegittimità della sentenza impugnata laddove riconosce validità giuridica in odine a quanto ex adverso prodotto» ) con cui l’odierno ricorrente lamentava la violazione da parte del giudice di prime cure degli artt. 115 cod. proc. civ. e 1136 e 1137 cod. civ. e dell’art. 66 disp. att. cod. civ., nonché la violazione del principio informatore della materia condominiale, cioè il diritto/dovere di partecipare alle scelte e di contribuire alla gestione dei beni comuni mediante partecipazione all’assemblea eventualmente impugnando il verbale, non avendo mai egli ricevuto né la convocazione dell’assemblea del 14.03.2016, né il verbale assembleare asseritamente inviato il 20.07.2016.
2. Con il secondo motivo si deduce, ex art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla mancata consegna del verbale assembleare, censurato nell’atto di appello con il primo motivo. Ad avviso del ricorrente la consegna del verbale non è mai avvenuta: ciò che risulta è, al più, il solo invio a mezzo Poste Italiane, semplice posta ordinaria, del verbale assembleare, che non costituisce prova di avvenuta ricezione e consegna. Da ciò conseguirebbe, altresì, che nessun termine di decadenza entro cui impugnare la relativa delibera assembleare sia mai iniziato a decorrere, e che tantomeno sia spirato. Il fatto appare decisivo in quanto se il giudice di secondo grado avesse condotto l’accertamento avrebbe certamente dovuto riformare la sentenza di prime cure ed accogliere il motivo di appello.
Ritiene la Corte, in via preliminare ed assorbente, che debba essere rilevata d’ufficio l’inammissibilità del ricorso per difetto di procura
speciale dell’avvocato NOME COGNOME a rappresentare nel giudizio di cassazione COGNOME COGNOME.
Ed invero, con la procura speciale in calce al ricorso per cassazione il Barone ha conferito al predetto difensore il potere di « rappresentarlo e difenderlo nel giudizio pendente dinanzi alla Corte di Cassazione n. RG 35488/2018 ad impugnazione della sentenza pubblicata dalla Corte d’Appello di Brescia n. 1396/2018 »
Orbene, tale ultima sentenza , emessa da una Corte d’Appello con un preciso numero identificativo, è inequivocabilmente diversa dalla sentenza del Tribunale di Brescia n. 1651/2019 pubblicata il 30.05.2019, avverso la quale è stato introdotto il procedimento per cassazione n. RG 002165/2020, per cui si deve ritenere che l’avv. NOME COGNOME abbia proposto ricorso davanti a questa Corte contro la sentenza del Tribunale menzionata in difetto della procura speciale, prescritta dall’art. 365 cod. proc. civ. per la proposizione del ricorso in cassazione, senza che possa essere attribuita efficacia sanante alla circostanza che la copia della procura attestata conforme all’originale analogico inserita nella busta elettronica della notifica a mezzo pec del ricorso debba essere considerata come una procura in calce (vedi Cass. sez. un. 9.12.2022 n.36057).
Le sezioni unite hanno affermato che in tema di procura alle liti, a seguito della riforma dell’art. 83 c.p.c. disposta dalla l. n. 141 del 1997, il requisito della specialità, richiesto dall’art. 365 c.p.c. come condizione per la proposizione del ricorso per cassazione (del controricorso e degli atti equiparati), è integrato, a prescindere dal contenuto, dalla sua collocazione topografica, nel senso che la firma per autentica apposta dal difensore su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto, è in tutto equiparata alla procura redatta a margine o in calce allo stesso; tale collocazione topografica fa sì che la procura debba
considerarsi conferita per il giudizio di cassazione anche se non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché da essa non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione, tenendo presente, in ossequio al principio di conservazione enunciato dall’art. 1367 c.c. e dall’art. 159 c.p.c., che nei casi dubbi la procura va interpretata attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all’atto di produrre i suoi effetti (v. SSUU sentenza n. 36057/2022).
L’art. 365 c.p.c., del resto, impone per la proposizione del ricorso in cassazione la procura speciale, ossia riferita ad una causa determinata, e l’art. 125 c.p.c. esige che il suo rilascio avvenga prima della notifica del ricorso, per assicurare che il mandato sia conferito dalla parte proprio per la proposizione del ricorso in cassazione contro una determinata sentenza, e la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto colmabili eventuali lacune nell’individuazione del provvedimento impugnato attraverso il riferimento al collocamento topografico della procura, in presenza di fattispecie concrete in cui il tenore letterale della procura fosse dubbio, ma nel caso in esame la procura speciale è stata conferita solo per impugnare in cassazione una sentenza diversa, pronunciata all’esito di un differente processo, così che essa risulta ‘in modo assolutamente evidente’ non riferibile in alcun modo al ricorso in oggetto.
Nella fattispecie che ci occupa, manca quindi proprio il caso dubbio che consente di applicare il principio di conservazione degli atti processuali perché la riferibilità al giudizio di cassazione per cui è causa è esclusa dai precisi riferimenti ad altro giudizio.
Insomma, la fattispecie è completamente diversa da quella presa in esame dalle Sezioni unite con la citata pronuncia n. 36057/2022 in
cui invece si discuteva solo di un mandato a compiere anche atti non inerenti al giudizio di legittimità.
L’inammissibilità è inevitabile.
Nulla va disposto per le spese del giudizio di legittimità, in quanto il condominio COGNOME è rimasto intimato.
Sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, quanto al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ivi previsto, se dovuto.
A tale versamento è però tenuto l’avvocato NOME COGNOME.
Secondo indirizzo consolidato nella giurisprudenza di questa Corte nel caso di azione o di impugnazione promossa dal difensore senza effettivo conferimento della procura da parte del soggetto nel cui nome egli dichiari di agire nel giudizio o nella fase di giudizio di che trattasi (come nel caso di inesistenza della procura ad litem o di procura o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l’atto è speso), l’attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio.
Nel caso in esame, come già detto, si tratta di procura rilasciata chiaramente ed espressamente per l’impugnazione di altra sentenza. Non è dunque possibile, pertanto, predicarne, ai fini del richiamato principio, la mera nullità, piuttosto che la radicale inesistenza, risolvendosi un siffatto contenuto non nella mera inosservanza di requisiti di contenuto-forma della procura, bensì nella identificazione di un atto diverso da quello richiesto Ne consegue che, una volta accertato che manca la procura speciale -che costituisce elemento indefettibile e indispensabile per l’esercizio dello ius postulandi nel
giudizio di cassazione -, l’unico soccombente deve considerarsi lo stesso difensore che ha sottoscritto e fatto notificare l’atto introduttivo del giudizio e che, nei confronti del giudice e delle controparti, afferma di essere munito di procura, e non i soggetti da lui nominati, i quali, se non hanno conferito la procura, nulla possono avere affermato in proposito (sul regime delle spese in caso di procura rilasciata per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l’atto è speso’ v. tra le varie, cass. n. 29209/2024; 17793/2024; Cass., sez. un. n. 10706/2006).
Tale principio vale per le spese e ovviamente anche per il pagamento del doppio contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico dell’avvocato NOME COGNOME se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18 giugno 2025.