Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7113 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7113 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10943/2023 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del liquidatore e legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
– ricorrente –
contro
COMUNE DI COGNOME IN CHIANTI (SI), rappresentato e difeso dall ‘ avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d ‘ Appello di Firenze n. 1022 del 15/5/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/1/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la memoria del controricorrente;
RILEVATO CHE
-il T.A.R. della Toscana, con la sentenza n. 1916/2011, accoglieva il ricorso avanzato dalla RAGIONE_SOCIALE -che aveva impugnato il provvedimento di aggiudicazione in esito a una gara d ‘ appalto -ed emetteva condanna del Comune di Gaiole in Chianti al risarcimento del danno cagionato alla società, oltre che al pagamento delle spese di lite;
-in ottemperanza alla suddetta sentenza, l ‘ Amministrazione comunale provvedeva a corrispondere alla RAGIONE_SOCIALE la somma di Euro 48.645,64;
-il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5379/2014, riformava la pronuncia di primo grado; per quanto qui rileva, il Giudice Amministrativo, in difetto di una domanda dell ‘ appellante, non condannava la RAGIONE_SOCIALE alla restituzione delle somme percepite;
-in data 23/9/2015, la società riceveva ingiunzione di pagamento, emessa ai sensi dell ‘ art. 2 del R.D. n. 639/1910, dal Comune di Gaiole in Chianti, il quale ordinava alla RAGIONE_SOCIALEdi pagare in restituzione la somma complessiva di € 48645,64, oltre interessi al tasso legale»;
-l ‘ odierna ricorrente proponeva opposizione, dapprima innanzi al Tribunale di Napoli Nord e, poi, a seguito della declaratoria di incompetenza, innanzi al Tribunale di Siena: la Tre Emme contestava l ‘ ingiunzione che, a suo avviso, non poteva essere impiegata per recuperare somme derivanti da rapporti di diritto privato o di natura risarcitoria, rispetto alle quali la P.A. avrebbe dovuto agire col rito ordinario; inoltre, il Comune avrebbe potuto avvalersi dell ‘ ingiunzione solo per un credito certo, liquido ed esigibile, requisito quest ‘ ultimo che mancava, in difetto di una pronuncia di condanna alla restituzione delle somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado;
-con la sentenza n. 617 del 13/6/2019, il Tribunale di Siena accoglieva l ‘ opposizione, reputando insussistente il requisito dell ‘ esigibilità;
-adita dal Comune di Gaiole in Chianti, la Corte d ‘ appello di Firenze, con la sentenza n. 1022 del 15/5/2023, accoglieva l ‘ appello e, in riforma della decisione impugnata, rigettava l ‘ opposizione proposta da Tecno Emme per le seguenti ragioni: «Il procedimento d ‘ ingiunzione [ai sensi del R.D. n. 639 del
1910] è applicabile non solo alle entrate di diritto pubblico, ma anche a quelle di diritto privato, senza che occorra la preventiva adozione di un autonomo provvedimento che accerti e quantifichi il debito restitutorio … Tantomeno è richiesto che l ‘ adozione dell ‘ ingiunzione di pagamento sia preceduta dall ‘ acquisizione, da parte dell ‘ amministrazione, di un titolo esecutivo di formazione giudiziale, giacché la stessa ingiunzione di pagamento costituisce, appunto, un titolo esecutivo, seppur formato unilateralmente dall ‘ amministrazione, ed assolve, appunto, a tale specifica funzione. Di conseguenza, la circostanza che nella sentenza del Consiglio di Stato non sia contenuta una condanna alla restituzione di quanto pagato in esecuzione della sentenza del TAR, ivi riformata, non costituisce affatto un requisito necessario ai fini dell ‘ emissione, da parte del Comune di Gaiole in Chianti dell ‘ ingiunzione di pagamento. Ritiene, pertanto, questa Corte che, nel caso di specie, era consentito al Comune fare ricorso al procedimento di ingiunzione ex lege n. 639/1910 a tutela di un credito restitutorio non solo certo e liquido, ma anche esigibile giacché RAGIONE_SOCIALE era tenuta alla restituzione già al momento in cui è intervenuta la sentenza del Consiglio di Stato che ha riformato quella di condanna di primo grado, avendo essa determinato la caducazione del titolo in base al quale quel pagamento era stato effettuato. Peraltro, neppure è controverso il diritto alla restituzione, derivante dalla pacifica sequenza processuale sopra richiamata, connotata da un pagamento effettuato in esecuzione della sentenza del TAR Toscana che è stata caducata in esito alla pronuncia del Consiglio di Stato. Né RAGIONE_SOCIALE, in primo grado o in appello, ha allegato fatti impeditivi, estintivi o modificativi del diritto alla restituzione spettante al Comune di Gaiole, avendo, da un lato ammesso, già con l ‘ opposizione di primo grado, il pagamento effettuato dal Comune, e, dall ‘ altro, proposto opposizione solo per contestare l ‘ esigibilità del credito sotto il profilo dell ‘ illegittimità del ricorso allo speciale procedimento ex lege 639/1910.»;
-avverso tale decisione la RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo;
-resisteva con controricorso il Comune di Gaiole in Chianti;
-l ‘ ente controricorrente depositava memoria ex art. 380bis .1 c.p.c., con la quale -richiamati documenti già depositati (segnatamente, la visura camerale della RAGIONE_SOCIALE effettuata il 10/1/2025) -rilevava che la società ricorrente era stata cancellata dal registro delle imprese in data 8/3/2022, anteriormente alla proposizione del ricorso datato 22/5/2023 e preceduto da procura speciale rilasciata (il 18/5/2023) all ‘ avv. NOME COGNOME da NOME COGNOME già liquidatore e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE;
-all ‘ esito della camera di consiglio del 29/1/2025, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE
-è assorbente il profilo d ‘ inammissibilità dell ‘ impugnazione per inesistenza del soggetto ricorrente, la quale si ripercuote sul mandato conferito al difensore, anch ‘ esso da reputarsi inesistente;
-infatti, il ricorso della società RAGIONE_SOCIALE è inammissibile, perché proposto da soggetto -il difensore (avv. NOME COGNOME -privo della procura speciale prescritta dall ‘ art. 365 c.p.c.: in difetto di un mandante (non più esistente, essendo intervenuta la sua estinzione in esito a cancellazione dal registro delle imprese risalente all ‘ 8/3/2022, come da certificazione prodotta dal controricorrente), difetta anche il rapporto di mandato e, in assenza di tale presupposto, non può ravvisarsi alcuna valida procura alle liti;
-la procura speciale necessaria per la proposizione del ricorso per cassazione è inesistente ove conferita al difensore da una società estinta per pregressa cancellazione dal registro delle imprese, in quanto essa presuppone un rapporto di mandato tra l ‘ avvocato ed il cliente che non può sussistere in mancanza del mandante (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 10071 del 21/04/2017, Rv. 643992-01; come nel caso de quo , la procura, reputata inesistente, era stata rilasciata da società già estinta; nello stesso senso, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 17360 del 17/06/2021, Rv. 661475-01): né può valere l ‘ ultrattività di procure rilasciate in precedenza, né possono esserne
rilasciate di nuove, stante la necessità che il relativo conferimento provenga da un soggetto esistente e capace di stare in giudizio (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 1392 del 22/01/2020, Rv. 656536-01); e, per di più, in caso di giudizio di legittimità, in tempo successivo alla sentenza da impugnare e anteriore alla notifica del ricorso per cassazione;
-in conclusione, in applicazione del seguente principio giurisprudenziale secondo cui «La procura speciale necessaria per la proposizione del ricorso per cassazione è inesistente ove conferita al difensore da una società estinta per pregressa cancellazione dal registro delle imprese, in quanto essa presuppone un rapporto di mandato tra l ‘ avvocato ed il cliente che non può sussistere in mancanza del mandante; ne consegue che l ‘ attività processuale svolta resta nell ‘ esclusiva responsabilità del legale, del quale è, pertanto, ammissibile la condanna a pagare le spese del giudizio, indipendentemente dalla sua effettiva consapevolezza circa la carenza della qualità di legale rappresentante in capo a colui che ebbe a conferirgli la procura, essendo compito dell ‘ avvocato che riceve un mandato e autentica la sottoscrizione in calce alla procura speciale, verificare, oltre che l ‘ identità del sottoscrittore, la sussistenza, in capo allo stesso, di validi poteri rappresentativi dell ‘ ente collettivo, al fine di assicurare gli effetti dell ‘ atto, restando ferma, peraltro, l ‘ eventuale corresponsabilità di quest ‘ ultimo – da farsi valere dal difensore in un autonomo giudizio di rivalsa -, laddove abbia consapevolmente speso poteri rappresentativi della società già cancellata dal registro delle imprese» (così Cass., Sez. 3, Sentenza n. 27847 del 22/09/2022, Rv. 665953-01; conforme Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 11507 del 30/04/2024, Rv. 671089-01), si impone senz ‘ altro la declaratoria di inammissibilità del presente ricorso per cassazione;
-per quanto ora esposto le spese del giudizio di legittimità -liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo -sono poste a carico dell ‘ avv. NOME COGNOME
-inoltre, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30/5/2002, n. 115, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, Legge 24/12/2012, n. 228, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento
-da parte dell ‘ avv. NOME COGNOME e, cioè, del soggetto che ha proposto l ‘ impugnazione e al quale devono imputarsi le ulteriori conseguenze della riscontrata inammissibilità -di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell ‘ art. 1bis dello stesso art. 13;
-ad abundantiam , si osserva che il ricorso sarebbe stato comunque dichiarato inammissibile;
-difatti, la pronuncia della Corte d ‘ appello -la cui motivazione è sopra riportata -si fonda su due distinte rationes decidendi : in primis , vi si afferma che l ‘ ingiunzione ai sensi del R.D. n. 639 del 1910 era stata legittimamente emessa, perché il credito restitutorio del Comune era ex se esigibile sin dal momento della sentenza del Consiglio di Stato, benché quest ‘ ultima fosse priva di una condanna alla restituzione delle somme versate alla Tecno Emme; poi, vi si rileva che il credito, fondato sul diritto alla restituzione dell ‘ odierno controricorrente, non era stato contestato nei suoi presupposti con l ‘ opposizione, la quale si era incentrata esclusivamente sulla pretesa illegittimità dell ‘ impiego del procedimento speciale;
-secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, quando la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su diverse rationes decidendi , ciascuna idonea a giustificarne autonomamente la statuizione, la circostanza che tale impugnazione non sia rivolta contro una di esse determina l ‘ inammissibilità del gravame per l ‘ esistenza del giudicato sulla ratio decidendi non censurata ( ex multis , Cass., Sez. 3, Sentenza n. 13880 del 6/07/2020, Rv. 658309-01);
-con l ‘ unico motivo si denuncia la «Violazione dell ‘ art. 2 del R.D. n. 639/1910 in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. nella parte in cui la Corte d ‘ Appello ha ritenuto legittima l ‘ ordinanza -ingiunzione emessa dal Comune di Gaiole in Chianti in data 06.09.2015, ai sensi dell ‘ art. 2 e ss. del R.D. n. 639/1910, del 6.09.2017, sul presupposto che il credito vantato fosse non solo certo e liquido, ma anche esigibile»;
-indipendentemente da ogni valutazione sulla fondatezza della censura svolta, si osserva che non è stata attinta la seconda ratio decidendi , cioè la
motivazione con cui la Corte d ‘ appello ha accertato la sussistenza del credito (incontestato) del Comune e la mancata deduzione di fatti modificativi, impeditivi o estintivi da parte della Tecno Emme: il predetto accertamento corrisponde al thema decidendum del giudizio di opposizione ad ingiunzione ex art. 3 del r.d. n. 639 del 1910, nel quale l ‘ Amministrazione opposta assume la posizione sostanziale di attrice, in quanto l ‘ oggetto del processo non è soltanto l ‘ atto amministrativo, ma anche il rapporto giuridico obbligatorio sottostante, con la conseguenza che grava sull ‘ Amministrazione l ‘ onere di provare i fatti costitutivi del credito portato dal provvedimento, mentre spetta all ‘ opponente la dimostrazione dei fatti estintivi, modificativi o impeditivi dell ‘ obbligazione (così Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 23346 del 26/07/2022, Rv. 665437-01);
-in altre parole, l ‘ intera opposizione è stata spiegata per contestare l ‘ ordinanza quale mezzo di recupero del credito, ma non è mai stato contestato il diritto di credito (restitutorio) del Comune, il quale è stato oggetto di un accertamento che non è in alcun modo scalfito dalla censura formulata col ricorso;
p. q. m.
la Corte, dichiara inammissibile il ricorso; condanna l ‘ avv. NOME COGNOME a rifondere al Comune controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 5.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge; , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto avv. NOME ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1- ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell ‘ COGNOME ed al competente ufficio di merito, dell ‘ bis dello stesso articolo 13, qualora dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,