Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7985 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 7985 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12506/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO c/o AVV_NOTAIO NOME COGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME
-intimati- sul controricorso incidentale proposto da COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente incidentale-
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in INDIRIZZO, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente incidentale- contro
COGNOME
NOME
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 203/2021 depositata il 28/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
1.- Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. diretto al Tribunale di Siracusa, i coniugi NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME, deducendo di essere proprietari esclusivi dell’immobile sito in Floridia (SR), occupato senza titolo da NOME COGNOME, hanno chiesto la condanna di quest’ultima al rilascio del bene occupato e al risarcimento dei danni. La convenuta si è costituita con comparsa di risposta ed ha contestato le domande proposte dagli attori.
2.- Ordinato il mutamento del rito, il giudice, con provvedimento del 1.10.2016, ha disposto che le parti, assistite dai rispettivi difensori, promuovessero il procedimento di mediazione non ancora espletato. Il giorno 7.2.2017 gli attori hanno depositato telematicamente agli atti del giudizio il ‘verbale di mancato accordo’ dall’organismo di conciliazione.
Ciò nonostante, il Tribunale di Siracusa ha pronunciato la sentenza n° 1782/2018 ex art. 281 sexies c.p.c., con la quale ha dichiarato improcedibile il giudizio per omesso sostanziale espletamento del procedimento di mediazione, condannando gli attori alle spese in favore della convenuta.
3.- Contro la suddetta sentenza i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto appello dinanzi alla Corte d’appello di Catania.
La Corte d’Appello di Catania con sentenza n° 203/2021 ha accolto parzialmente il gravame ed, in riforma della prima pronuncia, ha condannato NOME COGNOME al rilascio dell’immobile conteso e alla rifusione dei due terzi delle spese del doppio grado. La Corte ha osservato che la presenza delle parti dinanzi al mediatore non è da ritenere condizione di efficacia della mediazione purché, come nel caso di specie, esse abbiano conferito apposita valida procura speciale. Nel merito la Corte ha accolto la domanda di rilascio dell’immobile ma ha rigettato la domanda di risarcimento del danno da mancato godimento non avendo provato la parte attrice il dannoconseguenza, ossia l’effettivo pregiudizio patrimoniale subìto a causa dall’occupazione abusiva.
Avverso suddetta decisione ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME articolando due motivi.
Gli intimati hanno proposto ricorso incidentale, illustrato con memoria.
Il PG ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale e l’assorbimento di quello incidentale.
Ragioni della decisione
4.- Con il primo motivo si prospetta la violazione o la falsa applicazione degli artt. 345, co. 3, e 115, co. 1 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c., in quanto i coniugi COGNOME e COGNOME avrebbero prodotto in primo grado soltanto il verbale di mancato accordo redatto il 26/1/2017 e successivamente avrebbero prodotto in appello nuovi documenti, costituiti dalla istanza unilaterale di conciliazione, dalla comunicazione di avvio del procedimento e da due procure speciali conferite all’AVV_NOTAIO NOME COGNOME. Gli appellanti, però, non hanno, secondo la ricorrente, dimostrato in giudizio, e neppure allegato, di non aver potuto produrre tali documenti in primo grado per causa ad essi non imputabile con la conseguenza che la Corte d’Appello di Catania avrebbe dovuto dichiarare d’ufficio la inammissibilità di tale nuova produzione documentale ed estromettere la stessa dal fascicolo di causa. Il Giudice dell’appello, inoltre, avrebbe deciso la controversia in oggetto violando l’art. 115, comma 1°, c.p.c., poiché relativamente alla questione del valido esperimento della procedura di mediazione delegata, le uniche prove legittimamente acquisite nel giudizio di primo grado erano costituite dal verbale di mancato accordo prodotto il 7/2/2017 e dalla dichiarazione rilasciata dall’AVV_NOTAIO all’udienza del 17/10/2018. Con il secondo motivo si prospetta la violazione o la falsa applicazione del d.lgs. 4/3/2010 n° 28, artt. 5 e 8, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., laddove la Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere la procura speciale (asseritamente) rilasciata dai coniugi COGNOME (e da questi prodotta in appello) validamente conferita, anche in relazione al potere di transigere e conciliare, essendo munita della forma scritta, in violazione degli artt. 5 e 8 del d.lgs. 28/2010 e dei principi di diritto espressi da
questa Corte nella sentenza 27/3/2019 n° 8473. Da tale pronuncia emergerebbe che il difensore, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’Appello, per partecipare alla mediazione in sostituzione della parte e disporre dei suoi diritti sostanziali, deve essere munito di procura speciale autenticata da soggetto abilitato: pertanto la Corte d’Appello di Catania, in mancanza della procura speciale conferita all’AVV_NOTAIO, avente carattere sostanziale e regolarmente autenticata, avrebbe dovuto rigettare l’appello.
Il primo motivo è infondato.
Infatti, quanto alla questione della tardività dei documenti offerti dalla parte resistente a dimostrazione dell’avvio del procedimento di mediazione, la ricorrente non dimostra di avere fatto tempestiva eccezione nel giudizio di secondo grado, dove quei documenti sono stati depositati, con la conseguenza che se ne fa questione qui per la prima volta.
Senza trascurare il fatto che la procedura di mediazione era intervenuta in primo grado quando i termini per il deposito delle prove documentali erano già spirati.
Per le medesime ragioni, è inammissibile il secondo motivo.
La ricorrente sostiene che la procura rilasciata dalla parte al difensore affinché quest’ultimo la rappresentasse nel procedimento di mediazione, oltre che speciale, cioè rilasciata appositamente per quel procedimento, dovesse essere altresì autenticata da soggetto diverso dal difensore che la riceveva, e dunque dal notaio o da altro pubblico ufficiale.
Su questo punto viene dalle parti richiamato il precedente costituito da Cass. 8473 / 2019.
La tesi dei ricorrenti è assunta sulla base del rilievo che quella procura (alla mediazione) è diversa da quella alle liti. Solo quest’ultima rientra tra gli atti che il difensore stesso può autenticare.
In sostanza, il difensore può autenticare solo la procura alle liti, ma non quella per attività, che, come la partecipazione alla mediazione, sono condizione di procedibilità delle liti stesse.
Va ricordato che, a differenza di quanto assunto dal giudice di primo grado, il difensore che è comparso alla mediazione, era munito di procura speciale -depositata come si è visto relativamente al primo motivo nel giudizio di appello- salvo che aveva egli stesso autenticato la procura.
Tuttavia, la ricorrente non fornisce alcuna prova del fatto di avere tempestivamente eccepito la nullità della procura conferita ai fini della mediazione, o comunque il vizio della autenticazione.
E’ regola che il rilievo officioso della nullità della procura (anche di quella alle liti) va coordinato con il sistema delle preclusioni, con la conseguenza che, se non fatta valere nel relativo grado di giudizio, non può esserlo per la prima volta in cassazione (Cass. 33769/ 2019).
Nel caso presente, non risulta (la ricorrente non lo riporta nel ricorso, né vi dice alcunché al riguardo) che , depositati in appello gli atti relativi alla mediazione, e, con essi la procura data al difensore dalle parti, sempre ai fini della mediazione, la controparte (ossia la ricorrente) abbia eccepito che quella procura era invalida, in quanto autenticata dal difensore che non aveva il potere di farlo. Il ricorso principale va dunque rigettato.
Sul ricorso incidentale .
I ricorrenti assumono violazione degli articoli 1223 e 1226 c.c., oltre che 2043 e 2056 c.c.
Ritengono errata la decisione nella parte in cui ha negato il risarcimento del danno da occupazione senza titolo, per difetto di prova: secondo i ricorrenti il danno da occupazione illegittima è nel fatto stesso della occupazione, e non occorre che sia provato.
Il motivo è infondato.
E’ principio di diritto che: ‘In tema di risarcimento del danno da occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, il proprietario è tenuto ad allegare, quanto al danno emergente, la concreta possibilità di godimento perduta e, quanto al lucro cessante, lo specifico pregiudizio subito (sotto il profilo della perdita di occasioni di vendere o locare il bene a un prezzo o a un canone superiore a quello di mercato), di cui, a fronte della specifica contestazione del convenuto, è chiamato a fornire la prova anche mediante presunzioni o il richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza; poiché l’onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti, l’onere probatorio sorge comunque per i fatti ignoti al danneggiante, ma il criterio di normalità che generalmente presiede, salvo casi specifici, alle ipotesi di mancato esercizio del diritto di godimento, comporta che l’evenienza di tali fatti sia tendenzialmente più ricorrente nelle ipotesi di mancato guadagno’. (Cass. sez. Un., 33645/ 2022).
Vero è dunque che il danno da occupazione abusiva può essere presunto, ma la presunzione non può basarsi sulla semplice circostanza che si tratta di un immobile ad uso abitativo, posto che un immobile ad uso abitativo non ha di per sé vocazione fruttifera se non gli viene data.
Se il danneggiato si limita ad allegare che l’occupazione ha riguardato un immobile ad uso abitativo non allega elementi da cui desumere che è stato privato di un guadagno: occorre che alleghi che quel bene sarebbe stato destinato ad un profitto o che la possibilità di tale profitto emergeva in qualche modo dalle circostanze di fatto. Oppure che l’occupazione di quell’immobile ha imposto una spesa per locarne un altro dove viverci.
Nella fattispecie i ricorrenti incidentali hanno solo allegato di avere acquistato quell’immobile e di non averlo potuto utilizzare, il che
non è indice di un danno ulteriore, che presuppone invece l’allegazione di un elemento ulteriore da cui presumere il danno. Entrambi i ricorsi vanno dunque rigettati, con compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e quello ricorso incidentale. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 26/02/2024.