Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6907 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6907 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2208/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante p.t., NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), pec: EMAIL;
-ricorrente-
contro
NOME, in proprio e nella sua qualità di titolare dell’impresa individuale ‘RAGIONE_SOCIALE‘, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che già la rappresentava e difendeva unitamente all’avvocato NOME COGNOME
(CODICE_FISCALE, pec EMAIL) ed oggi rappresentata e difesa solo da quest’ultimo;
-controricorrente-
avverso sentenza della Corte d’appello di Brescia n. 758/2021 depositata il 16/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato in fatto che:
NOME COGNOME, con ricorso ex art. 702 bis c.p.c , conveniva, dinanzi al Tribunale di Bergamo, la RAGIONE_SOCIALE, per chiederne la condanna al pagamento della somma di euro 6.580,56, cioè 1/3 delle spese di impermeabilizzazione e di copertura della terrazza di proprietà di NOME COGNOME, previa qualificazione della stessa come lastrico solare del condominio, nonché 1/3 delle spese di ripristino del negozio e della merce ivi convenuta danneggiati dalle infiltrazioni d’acqua;
con ordinanza depositata il 5 dicembre 2017, il Tribunale accoglieva le domande della ricorrente e condannava l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento di euro 6.580,56 oltre alle spese di lite, dopo aver respinto le eccezioni di rito proposte dalla convenuta;
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva eccepito che la procura rilasciata da NOME COGNOME era riferita ad un ricorso proposto nei confronti di NOME COGNOME e non già nei suoi confronti; successivamente la difesa della ricorrente aveva chiesto di poter regolarizzare la procura producendo quella rilasciatale su foglio separato;
il GOT, con ordinanza del 16 giugno 2015, respingeva l’eccezione di inesistenza della procura e riteneva sanato il vizio in forza della nuova produzione;
RAGIONE_SOCIALE insisteva senza successo in ogni udienza successiva affinché il giudice revocasse l’ordinanza e, in subordine, chiedeva, altrettanto infruttuosamente, di essere rimessa in termini per l’esplicazione delle difese di cui all’art. 702 bis , 4° e 5° comma cod. proc. civ.;
la Corte d’appello, con la sentenza n. 758/2021, resa pubblica in data 1/06/2021, ha respinto il gravame proposto dall’RAGIONE_SOCIALE e confermato la pronuncia di prime cure;
segnatamente, la Corte d’appello ha confermato la decisione del Tribunale che aveva ritenuto sanato il difetto di una valida procura con il deposito della procura rilasciata su foglio separato recante la stessa data di quella allegata al ricorso introduttivo e con la indicazione corretta della RAGIONE_SOCIALE resistente, ritenendo non necessario il congiungimento materiale della procura al ricorso; ha ritenuto che non avesse pregio il motivo di appello con cui l’appellante aveva lamentato che il giudice non avesse disposto la revoca dell’ordinanza con cui aveva ritenuto sanata la procura a seguito della mail inviata il 4 settembre 2015 e non avesse concesso il termine di cui all’art. 702 bis cod. proc. civ. per costituirsi nel merito, anche ai sensi dell’art. 153 cod. proc. civ., perché il Tribunale non aveva l’obbligo di rispondere ad istanze formulate tramite posta elettronica, pur osservando che il Tribunale aveva risposto con ordinanza del 1° dicembre 2015 con una motivazione che la Corte d’appello ha condiviso nel merito, la quale rilevava che, pur essendovi tutti gi elementi per difendersi nel merito, l’RAGIONE_SOCIALE aveva scelto di difendersi solo in rito e quindi non sussisteva una causa non imputabile che le avesse impedito di svolgere difese di merito; ha respinto anche il motivo di impugnazione con cui la RAGIONE_SOCIALE sosteneva di non essere addivenuta ad una soluzione conciliativa, per il fatto di avere già affrontato spese di riparazione che non le erano state rimborsate dagli altri condomini, riferibili al 2004, perché
l’eccezione di controcredito era generica e perché avrebbe dovuto essere ritualmente proposta con la comparsa di risposta in primo grado e, in aggiunta, perché in sede di ATP era stato accertato che i lavori di riparazione del 2004 erano stati correttamente eseguiti e che non avevano avuto alcuna efficienza causale al verificarsi dei fatti per cui è causa;
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta pronuncia, formulando quattro motivi;
resiste con controricorso, illustrato con memoria, NOME; -bis 1
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 cod. proc. civ.;
il Pubblico Ministero non ha formulato conclusioni.
Considerato che:
1) con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 4, cod. proc. civ., la mancata pronuncia sulla inesistenza della procura;
secondo l’RAGIONE_SOCIALE la Corte territoriale non si sarebbe pronunciata sulla domanda di inammissibilità del ricorso per inesistenza della procura alle liti ad esso allegata, in quanto rilasciata per procedere contro altro soggetto, argomentando sull’ulteriore eccezione di nullità della procura depositata solo in prima udienza per ritenere, come già il Tribunale, che essa avesse avuto efficacia sanante;
il motivo è inammissibile;
il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito e non anche di eccezioni pregiudiziali di rito (Cass. 11/10/2018, n. 25154) e, comunque, il fatto che la Corte d’appello abbia ritenuto sanato il vizio della procura originariamente allegata al ricorso dimostra che l’eccezione di inammissibilità di detta procura è stata implicitamente rigettata; ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario
che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. 6/09/2023, n. 26029);
con il secondo motivo è dedotta la nullità della procura successivamente prodotta a sanatoria del vizio, la violazione dell’art. 83 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod. proc. civ.;
attinta da censura è la statuizione con cui la Corte d’appello ha ritenuto che, in forza del principio antiformalistico fondato sui criteri enunciati dalla Cedu e da Cass. n. 2813/2018, non era necessaria la materiale congiunzione del foglio contenente la procura con l’atto introduttivo del giudizio, essendo la procura successivamente depositata inequivocabilmente riferita al ricorso introduttivo;
il principio di diritto applicato dal giudice a quo sarebbe errato, perché esso era riferito al caso del contemporaneo deposito di una procura non congiunta materialmente all’atto con possibilità di superare il requisito della congiunzione ove il riferimento all’atto emerga dalla procura; nel caso di specie, invece, il ricorrente, dopo l’eccezione di inesistenza della procura, dichiarava di aver provveduto a regolarizzare la sua posizione, producendo l’originale della procura a suo tempo rilasciata, ottenendo così la pronuncia sanante;
il motivo è infondato;
ove il contenuto della procura includa elementi che consentano di conseguire una ragionevole certezza in ordine alla provenienza
dalla parte del potere di rappresentanza ed alla riferibilità della procura stessa al giudizio di cui trattasi può farsi a meno dell’ulteriore requisito della congiunzione della stessa all’atto processuale cui si riferisce, tenendo presente, in ossequio al principio di conservazione enunciato dall’art. 1367 cod. civ. e dall’art. 159 cod. proc. civ., che nei casi dubbi la procura va interpretata attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all’atto di produrre i suoi effetti;
tale principio, che ha ispirato la decisione del giudice a qu o e che dallo stesso è stato correttamente applicato – avendo proprio prudentemente apprezzato fatti e circostanze che gli hanno permesso di conseguire una ragionevole certezza in ordine alla provenienza dalla parte del potere di rappresentanza ed alla riferibilità della procura stessa al giudizio di cui trattasi (Cass. n. 2813/18) – è stato ribadito, di recente, dalle Sezioni unite di questa Corte con riferimento al requisito della specialità della procura per proporre ricorso per cassazione, atteso il rilievo della ‘centralità del diritto di difesa, riconosciuto dall’art. 24 Cost. e dall’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Tale diritto, come più volte ribadito sia dalla Corte costituzionale che dalle Corti europee, per poter essere concretamente esercitato, impone che gli ostacoli di natura procedurale impeditivi al raggiungimento di una pronuncia di merito siano limitati ai casi più gravi, nei quali non è possibile assumere una decisione diversa (si veda, tra le pronunce più recenti, la nota sentenza della CEDU 28 ottobre 2021, pronunciata nel caso COGNOME contro Italia , nella quale la Corte europea ha evidenziato che le limitazioni all’accesso alle Corti Supreme non devono essere interpretate in modo troppo formale). Tutto ciò sulla base dell’indiscutibile affermazione secondo cui il processo deve tendere per sua natura ad una decisione di merito, perché risiede
in questo l’essenza stessa del rendere giustizia’ (così Cass., Sez. un., 9/12/2022, n. 36057);
deve, dunque, ritenersi corretta, perché conforme all’interpretazione dell’art. 83 cod. proc. civ. proveniente da questa Corte, la statuizione del giudice a quo che, peraltro, altrettanto correttamente ha ritenuto sanato il vizio della procura in applicazione dell’art. 182, 2° comma, cod. proc. civ. (cfr. Cass. 25/09/2019, n. 23940);
3) con il terzo motivo parte ricorrente lamenta la violazione degli artt. 101 e 153 cod. proc. civ., per non essere stata rimessa in termini per l’esplicitazione delle difese di cui all’art. 702 bis , 4° e 5° comma, cod. proc. civ.; la Corte d’appello ha ritenuto che era stata sua la scelta di costituirsi eccependo solo l’inesistenza della procura, rinunciando a difendersi nel merito; tuttavia, avrebbe violato l’art. 101 cod. proc. civ. che vieta al giudice, salvo che la legge non disponga diversamente, di statuire sopra alcuna domanda se la parte contro la quale è stata proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa; la ricorrente sostiene che aveva il diritto di costituirsi solo al fine di eccepire l’inesistenza della procura, senza doversi difendere nel merito dalle domande per cui era stata irregolarmente chiamata in giudizio; il giudice a quo , una volta ritenuta sanata la procura, avrebbe dovuto, ai sensi dell’art. 153 cod. proc. civ., concederle i termini a difesa sulle domande prima non processabili;
aggiunge che la Corte d’appello avrebbe erroneamente affermato che non aveva il dovere di rispondere a istanze formulate per mezzo di messaggi di posta elettronica, perché la mail era stata inviata solo per cortesia, atteso che l’istanza di rimessione in termini era stata depositata all’udienza immediatamente successiva allo scioglimento della riserva che aveva respinto l’eccezione di inesistenza della procura;
il motivo non merita accoglimento;
la ricorrente lamenta la mancata rimessione in termini, ma a sostegno della sua doglianza non individua le ragioni in diritto per le quali la statuizione gravata sarebbe in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina; il che non consente a questa Corte di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass., Sez. Un., 5/05/2006, n. 10313);
la Corte d’appello , infatti, non ha accolto la sua richiesta di rimessione in termini, ritenendo insussistente una causa non imputabile, cioè cagionata da un fattore esterno alla volontà dell’odierna ricorrente che abbia determinato la decadenza, perché la decisione di difendersi soltanto in rito era stata il frutto di una scelta discrezionale della parte stessa;
parte ricorrente non ha confutato efficacemente detta statuizione, limitandosi a rilevare la violazione del principio del contraddittorio;
si tratta di un’argomentazione difensiva non solo non idoneamente spesa, non ricorrendo i presupposti per lamentare la violazione del principio del contraddittorio, essendo esso stato validamente instaurato con la rituale notificazione dell’atto introduttivo del giudizio e con la costituzione dell’odierna ricorrente, ma anche frutto di un evidente errore nella individuazione della ratio decidendi della statuizione gravata, atteso che la Corte territoriale non ha mai messo in dubbio che potesse eccepire il difetto di una valida procura;
con il quarto motivo alla Corte territoriale si imputa la violazione degli artt. 112-115 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod. proc. civ.;
nella sentenza impugnata sarebbe stato utilizzato solo uno stralcio della CTU, nella parte in cui si sosteneva che i lavori del 2004 erano stati ritenuti eseguiti a regola d’arte, ma non anche quella in cui si affermava che la scelta dell’intervento e la tenuta
dei materiali utilizzati non avevano sistemato in via definitiva le problematiche riscontrate;
il motivo è inammissibile;
la Corte territoriale ha ritenuto inammissibile l’eccezione con cui l’odierna ricorrente pretendeva di attribuire rilievo causale ai lavori di riparazione eseguiti nel 2004, sia per avere prospettato controcrediti genericamente enunciati sia per non avere ritualmente azionato detti controcrediti con la comparsa di risposta in primo grado (pp. 10-11 della sentenza); ha poi richiamato la CTU per rilevare che i lavori eseguiti nel 2004 non erano stati risolutivi e, per concludere, con un giudizio di fatto insindacabile in questa sede, che gli stessi non avevano avuto efficacia causale con riferimento ai danni lamentati;
il ricorso va dunque rigettato;
le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
si dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per porre a carico della RAGIONE_SOCIALE ricorrente l’obbligo di pagamento del doppio contributo unificato, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.