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Procura alle liti: necessaria la querela di falso

Un avvocato ha richiesto il pagamento del proprio compenso a un ex cliente, il quale ha negato di aver mai conferito l’incarico, disconoscendo la firma sulla procura alle liti. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32708/2024, ha stabilito che la certificazione dell’autografia della firma sulla procura alle liti da parte del difensore attribuisce all’atto la qualità di atto pubblico. Di conseguenza, la sua validità non può essere contestata con un semplice disconoscimento, ma richiede la proposizione di una querela di falso. La Corte ha quindi cassato la decisione precedente e rinviato il caso alla Corte d’Appello.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Procura alle liti: come contestarla? La Cassazione fa chiarezza

La procura alle liti è l’atto fondamentale che instaura il rapporto tra un cliente e il suo avvocato, conferendo a quest’ultimo il potere di rappresentanza in giudizio. Ma cosa succede se il cliente, al termine del mandato, nega di aver mai firmato tale documento? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 32708/2024) fornisce una risposta netta, stabilendo un principio cruciale sulla validità della firma autenticata dal difensore e sugli strumenti per contestarla.

Il caso: la richiesta di compenso e il disconoscimento della firma

La vicenda trae origine dalla richiesta di pagamento di un avvocato nei confronti di un suo ex cliente per l’attività difensiva svolta in una causa per equo indennizzo. Il cliente si opponeva alla richiesta sostenendo di non aver mai conferito alcun incarico al legale e, di conseguenza, disconoscendo la firma apposta in calce alla procura alle liti.

La Corte d’Appello, in prima battuta, aveva dato ragione al cliente. I giudici avevano ritenuto che, a fronte del disconoscimento della firma, l’avvocato avrebbe dovuto avviare un procedimento di verificazione della sottoscrizione. Non avendolo fatto, secondo la corte territoriale, il legale aveva di fatto rinunciato a utilizzare la procura come prova del mandato, vedendosi così respingere la sua domanda di compenso.

La decisione della Corte di Cassazione e il valore della procura alle liti

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la decisione d’appello, accogliendo il ricorso dell’avvocato. Il punto centrale della pronuncia risiede nella natura giuridica della certificazione della firma apposta dal difensore sulla procura alle liti.

L’autenticazione della firma da parte del difensore

I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato: quando l’avvocato, ai sensi dell’art. 83 del Codice di procedura civile, certifica l’autografia della firma del cliente sulla procura, compie un atto che riveste la qualità di atto pubblico. In quel momento, il difensore agisce come un pubblico ufficiale, attestando la veridicità di quella sottoscrizione.

Disconoscimento vs. Querela di Falso: una differenza cruciale

Proprio in virtù di questa natura di atto pubblico, la sottoscrizione autenticata non può essere messa in discussione con un semplice disconoscimento, come quello operato dal cliente nel caso di specie. Lo strumento corretto e unico per contestare la veridicità dell’attestazione del legale è la querela di falso, un procedimento specifico e più complesso previsto dalla legge per privare di efficacia un atto pubblico.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato che la dichiarazione con cui la parte assume su di sé gli effetti degli atti processuali, pur avendo origine da un contratto di mandato (negozio di diritto privato), è destinata a produrre i suoi effetti principali all’interno del processo. Di conseguenza, il difensore che autentica la sottoscrizione compie un negozio di diritto pubblico. L’affermazione della Corte d’Appello, secondo cui il mancato avvio della verificazione equivaleva a una rinuncia, è stata quindi ritenuta errata in diritto. Il disconoscimento della firma da parte del cliente avrebbe dovuto essere considerato irrilevante, in assenza della proposizione della querela di falso.

Le conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza il valore della procura alle liti e il ruolo del difensore come certificatore. Per il cittadino, ciò significa che la firma apposta su una procura e autenticata dal proprio legale ha un’efficacia probatoria molto forte. Per contestarla non basta una semplice negazione, ma è necessario intraprendere un’azione legale specifica, la querela di falso, dimostrando la falsità dell’atto. La Corte ha quindi annullato la decisione impugnata, rinviando la causa alla Corte d’Appello di Perugia affinché decida nuovamente la controversia applicando questo fondamentale principio di diritto.

Come può un cliente contestare validamente la firma sulla procura alle liti autenticata dal proprio avvocato?
Secondo la Corte di Cassazione, l’unico strumento giuridico per contestare l’autenticità della firma del cliente certificata dal difensore sulla procura alle liti è la proposizione della querela di falso.

Un semplice disconoscimento della firma sulla procura è sufficiente a renderla inefficace?
No. La Corte ha stabilito che il semplice disconoscimento è irrilevante, poiché la certificazione dell’avvocato conferisce all’atto la natura di atto pubblico, che può essere contestato solo con la querela di falso.

Qual è il valore legale dell’attestazione fatta dall’avvocato sulla firma del cliente?
L’attestazione dell’autografia della sottoscrizione del cliente da parte dell’avvocato conferisce alla procura l’efficacia di un atto pubblico. In tale funzione, l’avvocato riveste la qualità di pubblico ufficiale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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