Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13482 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13482 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14706-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliato in Roma presso la Cancelleria della Corte Suprema di Cassazione,
Oggetto
Procura alle liti per il
secondo grado di giudizio
Fattispecie di inesistenza
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 16/04/2024
CC
rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 182/2023, della Corte d’appello di NAPOLI, depositata il 30/01/2023, R.G. 888/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/04/2024 dal Consigliere AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Napoli ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza del Tribunale della medesima sede n. 8682/2019, con la quale detta società era stata condannata al pagamento in favore dell’attore COGNOME NOME delle somme specificate nel dispositivo di tale sentenza, quale quantificazione del dovuto in applicazione della sentenza dello stesso Tribunale n. 25893/2009, confermata dalla Corte d’appello di Napoli con sentenza n. 8150/2014, passata in giudicato.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, nel giudicare inammissibile l’appello della RAGIONE_SOCIALE, riteneva non esservi dubbio che il relativo ricorso fosse stato depositato in carenza assoluta di procura, sul rilievo che unitamente a tale
atto era stata depositata una procura specificamente ed inequivocabilmente attinente al solo giudizio di primo grado.
3.1. Considerava, inoltre, che l’inesistenza della procura impediva che potesse ipotizzarsi sanatoria di sorta, richiamando in tal senso Cass., sez. un., 21.12.2022, n. 37434.
3.2. Infine, osservava che non poteva giovare all’appellante l’allegazione di altra procura per il grado di appello effettuata il giorno dopo il deposito del ricorso, perché, come già detto, la procura inesistente non è sanabile (e comunque non lo è dopo la costituzione della parte).
Avverso tale decisione RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.
5 . Ha resistito l’intimat o con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un motivo formalmente unico RAGIONE_SOCIALE denuncia ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 83 e 182 c.p.c. in relazione all’art. 10 del d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123, nonché in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’.
1.1. Da un primo punto di vista, la ricorrente, facendo riferimento all’art. 83, terzo comma, ultima parte, c.p.c., deduce che tale norma prevede la ‘trasmissione’ della copia informatica della procura autenticata con firma digitale, che nella specie era avvenuta prima della scadenza dei termini per proporre appello, aggiungendosi agli altri atti già depositati. Sostiene, allora, non essere condivisibile la motivazione della
Corte d’appello circa l’inesistenza della procura rilasciata dalla RAGIONE_SOCIALE, perché la giurisprudenza indicata nella sentenza impugnata non era conferente al caso concreto in esame, nel quale la procura esiste ed era stata depositata in atti prima della scadenza dei termini per proporre appello.
1.2. In via gradata, con riferimento al mandato rilasciato dalla RAGIONE_SOCIALE sin dal primo grado, rileva che non sussistevano né rinuncia al mandato né revoche dello stesso, sicché anche il mandato di primo grado, oltre a quello depositato prima della scadenza dei termini per proporre appello, risultava idoneo ad identificare i difensori a cui era stato conferito l’incarico, nonché l’oggetto del contenzioso in corso. In tal senso, richiama giurisprudenza di legittimità formatasi in relazione all’ultimo comma dell’art. 83 c.p.c. e assume che di tutto ciò l’impugnata sentenza non aveva tenuto conto.
Tali censure sono prive di fondamento.
Osserva preliminarmente il Collegio che l’unico motivo, come testé riassunto, si articola in due profili distinti, anche se collegati, ma che un plausibile ordine d’esame sul piano logico -giuridico, del resto conforme all’iter motivazionale seguito dalla Corte territoriale, impone di prendere le mosse dal profilo di censura che la ricorrente prospetta in via subordinata.
3.1. In particolare, come già risulta dalla precedente narrativa, la Corte di merito è pervenuta alla conclusione di essere in presenza di un’inesistenza della procura per il secondo grado di giudizio, non suscettibile di sanatoria, sul rilievo anzitutto che la procura unita al ricorso in appello della società atteneva solamente al primo grado di giudizio. E a questa prima parte di motivazione sono riferibili appunto le
considerazioni svolte dall’attuale ricorrente per cassazione ‘in via gradata’.
Ebbene, la Corte distrettuale ha considerato che unitamente al ricorso in appello .
4.1. La ricorrente, nella seconda parte del motivo in esame, non formula una critica diretta a tali apprezzamenti della Corte d’appello sul tenore della stessa procura, ma richiama l’indirizzo di legittimità, secondo il quale, in relazione al disposto dell’ultimo comma dell’art. 83 c.p.c. (secondo cui la procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell’atto non è espressa una volontà diversa), il giudice del merito, nell’accertare se possa o meno ritenersi es tesa al giudizio di appello, la procura, apposta, nella specie, a margine della comparsa di risposta depositata nel giudizio di primo grado, deve sempre considerare, come elementi favorevoli ad una conclusione estensiva, che il giudizio può non esaurirsi nel medesimo procedimento di primo grado. In particolare, ove la procura conferita in primo grado rechi l’espressione ‘per il presente giudizio’ (o processo, causa, lite, etc.), senza alcuna indicazione delimitativa, essa risulta esprimere la volontà della parte di estendere il mandato all’appello, quale ulteriore grado in cui si articola il giudizio stesso, e, quindi, implica il
superamento della presunzione di conferimento solo per detto primo grado, ai sensi dell’art. 83, ultimo comma, c.p.c., norma che deve considerarsi operante solo quando vengano utilizzati termini assolutamente generici o quando la procura si limiti a conferire la rappresentanza processuale senza alcuna indicazione.
4.2. Ritiene tuttavia il Collegio che la decisione gravata risulti senz’altro conforme a tale consolidato orientamento (cfr., tra le altre, Cass. n. 27298/2019; n. 32074/2018; n. 16372/2018; n. 24973/2016; n. 24092/2009; n. 53/2014; n. 2432/1999; n. 3710/1987).
La Corte d’appello, infatti, nella procura in calce al ricorso in appello non ha riscontrato espressioni quali ‘per il presente giudizio’ (o processo, causa, lite, etc.), ossia, le locuzioni ampie (ma non assolutamente generiche) cui è riferibile la giurisprudenza ora richiamata.
Piuttosto, ha considerato in base al tenore testuale di quella procura che essa era specificamente ed inequivocabilmente attinente al solo giudizio di primo grado, notando in aggiunta che essa ‘non contiene alcun riferimento ai gradi successivi’.
Ebbene, presa diretta cognizione del testo di tale (prima) procura (che è stata prodotta in questa sede dalla ricorrente, ma anche dalla controricorrente nell’esemplare in calce all’atto d’appello notificato insieme al decreto presidenziale di fissazione d’udienza), il Collegio non può che confermare l’esattezza dei rilievi della Corte di merito.
Invero, detta procura, mentre conteneva specifiche indicazioni unicamente degli estremi identificativi del procedimento di prime cure, non recava alcun cenno a fasi o gradi ulteriori del processo oppure ad organi giudiziari differenti dal Tribunale di Napoli adito dal lavoratore, né attribuiva ai difensori officiati da COGNOME il potere di appellare o altrimenti impugnare la sentenza di primo grado.
Insomma, detta procura, che la stessa ricorrente riconosce essere stata rilasciata all’origine in primo grado, per il suo chiaro contenuto, esprimeva la inequivoca volontà di limitare in tal senso il mandato che, quindi, non poteva ritenersi esteso al grado di appello (cfr. per analoga fattispecie Cass. n. 53/2014 cit.).
Esatta, perciò, è la conclusione che ha tratto la Corte territoriale da tali condivisibili rilievi, nel senso della constatazione dell’inesistenza di una procura riferibile al secondo grado di giudizio introdotto da COGNOME in veste di appellante.
Parimenti prive di fondamento, quindi, risultano le considerazioni della ricorrente in relazione alla seconda procura depositata in grado d’appello.
Nota in primo luogo questa Corte che la ricorrente non pone in discussione il rilievo dei giudici d’appello, che ‘l’allegazione di altra procura per il grado di appello’ sia stata ‘effettuata il giorno dopo il deposito del ricorso’ in appello della RAGIONE_SOCIALE.
E, all’evidenza, tale deposito di ulteriore procura, diversa da quella inizialmente depositata in uno all’atto di appello,
nell’ottica dell’impugnante, doveva rivestire la portata di una spontanea ‘sanatoria’ ad iniziativa di parte (in assenza, quindi, di un ipotetico provvedimento giudiziale ex art. 182, comma secondo, c.p.c. novellato), volta, cioè, ad ovviare all’inconvenie nte che la procura in calce al ricorso in appello era riferibile solo al primo grado di giudizio (pur non essendo stato ciò ancora constatato da un giudice o eccepito dalla controparte, non ancora costituita).
Rileva, inoltre, il Collegio che tale ulteriore procura (che pure la ricorrente ha prodotto in copia in questa sede di legittimità) risulta essere stata formata all’origine su carta: vi è presente sottoscrizione a mano del legale rappresentante della società, con data di formazione del 15.5.2020, ma autenticata con firma digitale dal difensore; e in tal forma digitalizzata è stata depositata il 19.5.2020 (nell’esemplare depositato in questa sede, infatti, vi è apposta dalla Cancelleria la dicitura ‘Ist. dep. 19.5.2020’).
La ricorrente deduce essere applicabile a tale procura il disposto di cui all’art. 83, comma terzo, ultima parte, c.p.c., ai sensi del quale: ‘Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica’.
Detta previsione, invece, non può operare nella specie nei sensi sostenuti dalla ricorrente.
9.1. Le Sezioni unite di questa Corte di recente hanno enunciato il seguente principio di diritto: ‘in caso di ricorso nativo digitale, notificato e depositato in modalità telematica, l’allegazione mediante strumenti informati ci -al messaggio di posta elettronica certificata (EMAIL) con il quale l’atto è notificato ovvero mediante inserimento nella ‘busta telematica’ con la quale l’atto è depositato di una copia, digitalizzata, della procura alle liti redatta su supporto cartaceo, con sottoscrizione autografa della parte e autenticata con firma digitale dal difensore, integra l’ipotesi, ex art. 83, terzo comma, c.p.c., di procura speciale apposta in calce al ricorso, con la conseguenza che la procura stessa è da ritenere valida in difetto di espressioni che univocamente conducano ad escludere l’intenzione della parte di proporre ricorso per cassazione’ (così Cass., sez. un., 19.1.2024, n. 2077).
9.2. Ebbene, tale principio, sebbene riferito specificamente al ricorso per cassazione, ben può applicarsi anche all’ipotesi che qui interessa di deposito telematico del ricorso in appello ex art. 434 c.p.c. nel rito del lavoro.
Anche in tal caso, infatti, perché una procura alle liti all’origine analogica, vale a dire, redatta su supporto cartaceo, ma con sottoscrizione autografa della parte e autenticata con firma digitale del difensore (come nella specie), possa essere reputata in calce al ricorso in appello, ai sensi dell’art. 83, terzo comma, c.p.c., essa dev’essere presente, già ovviamente digitalizzata nelle debite forme previste, insieme al ricorso cui si riferisce nella medesima ‘busta telematica’ con la quale l’atto è de positato.
Difettando queste strette condizioni, una tale procura ad litem , pur in sé conforme ai requisiti ‘ telematici ‘ previsti dall’apposita normativa regolamentare , non può ritenersi che acceda al ricorso in appello come se fosse in calce ad esso.
Nel caso in esame, non sussistono assolutamente tali presupposti per molteplici ragioni.
10.1. In primo luogo, giova ricordare che è ius receptum che nel rito del lavoro la costituzione in giudizio dell’appellante si perfeziona con il deposito del ricorso ex art. 434 c.p.c. (cfr., ad es., Cass. n. 6822/2003).
Per conseguenza, è stato deciso che il rilascio della procura alle liti, previsto dall’art. 163 n. 6 c.p.c., applicabile anche nel rito del lavoro ancorché non menzionato dagli art. 414 e 434 c.p.c., è presupposto per la valida costituzione del rapporto processuale e requisito essenziale dell’atto introduttivo del giudizio. Pertanto la mancanza di detto requisito comporta l’inesistenza giuridica dell’atto, la quale non può ritenersi sanata dal rilascio della procura da parte dell’interessato in un momento successivo al deposito dell’atto stesso, atteso che nel processo del lavoro non trova applicazione la disposizione dell’art. 125, comma 2, c.p.c. secondo la quale la procura al difensore dell’attore può essere rilasciata in data posteriore alla notifica d ell’atto di citazione, purché anteriore alla costituzione della parte rappresentata -realizzandosi la costituzione nel giudizio (di primo come di secondo grado) mediante il deposito in cancelleria del ricorso (o, per il convenuto, della memoria difensiva) (così, tra le altre, Cass., sez. lav., 14.7.2001, n. 9596).
10.3. Esattamente, perciò, la Corte territoriale s’è riferita ad una costituzione della parte appellante già avvenuta con il deposito del ricorso in appello.
Pertanto, la seconda procura depositata (telematicamente) dall’allora appellante non poteva certamente reputarsi in calce al ricorso in appello, ricorso che recava in calce la prima procura riferibile, però, esclusivamente al primo grado del giudizio.
Infatti, tale ulteriore procura è stata depositata dopo la costituzione della società appellante, già perfezionatasi con il deposito del ricorso ex art. 434 c.p.c.
Esattamente, quindi, la Corte di merito ha escluso che tale deposito cronologicamente successivo alla costituzione dell’appellante e distinto telematicamente dal deposito dell’atto d’impugnazione, potesse rivestire valore di sanatoria (in ipotesi spontanea ) dell’inesistenza di una procura riferibile al secondo grado in occasione del deposito del ricorso in appello.
Sempre le Sezioni unite di questa Corte, infatti, hanno insegnato che l’art. 182, comma 2, c.p.c., nella formulazione introdotta dall’art. 46, comma 2, della L. n. 69 del 2009, non consente di ‘sanare’ l’inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite (così Cass., sez. un., 21.12.2022, n. 37434, richiamata dalla Corte territoriale).
Appare, infine, giuridicamente ininfluente il dato rimarcato dalla ricorrente che la seconda procura per il grado d’appello fosse stata depositata prima della scadenza del termine per appellare la sentenza di primo grado.
Invero, si è in presenza, non di un caso di tempestiva riproposizione di un appello prima che quello proposto in precedenza sia stato dichiarato inammissibile o improcedibile (cfr. art. 358 c.p.c.), ma, secondo quanto già detto, del deposito unicamente di una procura e di un deposito, sul piano telematico e cronologico, distinto e seguente alla precedente costituzione dell’appellante mediante deposito del ricorso in appello.
La ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannata al pagamento, in favore del difensore del controricorrente, dichiaratosi anticipatario, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 5.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, e distrae in favore del difensore del controricorrente.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.