Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10062 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10062 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
1. La Corte di Appello di Torino ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Torino che aveva ordinato al Ministero dell’Istruzione di espungere dal fascicolo personale della ricorrente ogni documento inerente il procedimento disciplinare di cui alla comunicazione del 29.4.2015 prot. ris. 148 a firma della dirigente dell’I.C. COGNOME ed aveva invece respinto la domanda della COGNOME, volta ad ottenere il risarcimento del danno patrimoniale in misura pari all’importo erogato al legale per la difesa tecnica nell’ambito del suddetto procedimento.
La COGNOME in data 29.4.2015 aveva ricevuto la suddetta contestazione di addebito, non seguita dall’irrogazione della sanzione disciplinare, né da un provvedimento di archiviazione; aveva comunque dedotto l’illegittimità della procedura per il mancato rispetto dei termini a difesa e per la complessiva condotta non corretta dell’Amministrazione.
La Corte territoriale, pur avendo rilevato che con la fattura depositata unitamente al ricorso introduttivo la COGNOME aveva provato di avere corrisposto la somma di € 626,00 all’Avv. COGNOME ha rigettato la domanda risarcitoria.
Ha osservato che l’instaurazione di un procedimento disciplinare nei confronti di un dipendente rientra nelle prerogative di ogni datore di lavoro, pubblico e privato, e non integra alcun illecito, a meno che la condotta non trascenda in una fattispecie persecutoria, circostanze pacificamente esclusa nel caso di specie.
Ha evidenziato che qualora il dipendente colpito dall’iniziativa disciplinare intenda contestare il merito o la procedura, ha la possibilità di utilizzare gli strumenti extragiudiziali e giudiziali e giudiziali previsti dalla disciplina legale,
amministrativa e contrattuale e di ottenere la rimozione dell’eventuale sanzione adottata mediante un provvedimento di annullamento.
Considerato che nel caso di specie l’Amministrazione, non avendo assegnato il termine a difesa di 10 giorni tra la contestazione e l’audizione della dipendente, aveva ritenuto di non proseguire nel procedimento e di non pervenire all’irrogazione della sanzione, ha escluso l’illiceità della condotta dell’Amministrazione.
Ha inoltre ritenuto che l’esborso a favore del legale fosse una spesa non necessitata, non essendo nel procedimento disciplinare prevista o richiesta la difesa tecnica, potendo il dipendente chiedere qualsiasi diversa assistenza, ed in primis quella sindacale.
Riguardo al danno non patrimoniale, ha escluso che il primo giudice avesse frainteso la domanda, in quanto si era limitato a riportare un passo del ricorso introduttivo, in cui il pregiudizio era stato individuato nella circostanza che la COGNOME aveva passato un paio di pomeriggi dall’avvocato in orario extra lavorativo per approntare le difese e studiare la documentazione, mentre avrebbe potuto dedicarsi ad altra attività.
Ha ritenuto nuova l’argomentazione secondo cui la notizia relativa al procedimento disciplinare instaurato nei confronti dell’appellante si sarebbe diffusa presso terzi in quanto arbitrariamente inserita nel fascicolo personale ed ha rilevato l’ass enza delle relative allegazioni nel ricorso introduttivo.
Avverso tale sentenza la COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Il Ministero dell’Istruzione e l’Ufficio Scolastico regionale per il Piemonte sono rimasti intimati.
DIRITTO
1.Con il primo motivo il ricorso denuncia violazione di legge con riferimento all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ ., in relazione a ll’art. 55 bis d.lgs. n. 165/2001; falsa ed errata applicazione della norma di legge.
Addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente ritenuto che il non facere fosse uno dei possibili esiti del procedimento.
Sostiene che in violazione dell’art. 55 bis d. lgs. n. 165/2001, l’Amministrazione non aveva adempiuto ai propri obblighi, in quanto il procedimento avrebbe dovuto essere concluso con l’archiviazione o con la sanzione, e non con un non facere .
Con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione di legge con riferimento all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che le spese sostenute per il procedimento disciplinare sono ‘non necessitate’.
Evidenzia che l’incolpato può optare per la difesa tecnica e che pertanto deve essere rimborsata.
Lamenta che la decisione impugnata contrasta con il diritto alla difesa e con il principio di uguaglianza.
Argomenta che la prognosi sugli esiti della difesa non può essere fatta a priori e che l’incolpato ha il diritto di difendersi come ritiene più utile.
I motivi di ricorso, da trattare unitariamente in ragione della loro connessione logica e giuridica, non possono trovare accoglimento, essendo conforme a diritto il dispositivo di rigetto della domanda, sicché ai sensi dell’ art. 384, comma 4, cod. proc. civ. questa Corte può limitarsi a correggere la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso l’illiceità della condotta dell’Amministrazione che aveva ritenuto di non proseguire il procedimento e di non pervenire all’irrogazione della sanzione.
L’ art. 55bis, comma 2, d.lgs. n. 165/2001 nel regime anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 75/2017 ed applicabile ratione temporis prevede: ‘2. (…) Dopo l’espletamento dell’eventuale ulteriore attività istruttoria, il responsabile della struttura conclude il procedimento, con l’atto di archiviazione o di irrogazione della sanzione, entro sessanta giorni dalla contestazione dell’addebito. In caso di differimento superiore a dieci giorni del termine a difesa, per impedimento del dipendente, il termine per la conclusione del procedimento è prorogato in misura corrispondente (…)’
I successivi commi 3 e 4 stabiliscono: ‘3 . Il responsabile della struttura, se non ha qualifica dirigenziale ovvero se la sanzione da applicare è più grave di quella di cui al comma 1, primo periodo, trasmette gli atti, entro cinque giorni
dalla notizia del fatto, all’ufficio individuato ai sensi del comma 4, dandone contestuale comunicazione all’interessato. 4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari ai sensi del comma 1, secondo periodo. Il predetto ufficio contesta l’addebito al dipendente, lo convoca per il contraddittorio a sua difesa istruisce e conclude il procedimento secondo quanto previsto nel comma 2, ma, se la sanzione da applicare è più grave di quelle di cui al comma 1, primo periodo, con applicazione di termini pari al doppio di quelli ivi stabiliti e salva l’eventuale sospensione ai sensi dell’art. 55 -ter. Il termine per la contestazione dell’addebito decorre dalla ricezione degli atti trasmessi ai sensi del comma 3 ovvero dalla data nella quale l’ufficio ha altrimenti acquisito notizia dell’infrazione, mentre la decorrenza del termine per la conclusione del procedimento resta comunque fissata alla data di prima acquisizione della notizia dell’infra zione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora. La violazione dei termini di cui al presente comma comporta, per l’amministrazione, la decadenza dall’azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall’eserci zio del diritto di difesa’.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, anche nel regime anteriore alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 75/2017, il termine per la conclusione del procedimento disciplinare ha carattere perentorio (v. Cass. n. 7134/2017; Cass. n. 21193/2018; Cass. n. 11635/2021; tra le più recenti v. Cass. n. 26936/2024 e Cass. n. 14986/2024) ; l’Amministrazione è dunque tenuta a concludere il procedimento disciplinare entro il suddetto termine, con l’adozione di un provvedimento di archiviazione o di irrogazione della sanzione.
Ciò premesso, dalla sentenza impugnata non risulta la prospettazione, da parte della COGNOME, di uno specifico pregiudizio a lei derivato dal mancato rispetto del termine per la chiusura del procedimento disciplinare, né la sussistenza di un nesso tra le spese dalla medesima sostenute per la difesa tecnica nel procedimento disciplinare e il tempo in cui il procedimento è rimasto aperto dopo il decorso del suddetto termine.
Infatti nel ricorso per cassazione la ricorrente, pur avendo lamentato che il procedimento disciplinare non era stato formalmente chiuso, ha dedotto che
l’ attività stragiudiziale del legale ha riguardato la fase anteriore all’audizione ; non è dunque ravvisabile alcun collegamento tra la difesa tecnica svolta dal legale in relazione a tale fase ed il superamento del termine perentorio previsto dalla legge per la conclusione del procedimento disciplinare.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate in ragione della novità della questione.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della