Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 527 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 527 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso 1825-2023 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso
LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 728/2022 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 04/11/2022 R.G.N. 887/2021;
R.G.N. 1825/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 27/11//2024
PU
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME uditi gli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
FATTO
Con sentenza 4 novembre 2022, la Corte d’appello di Bologna ha rigettato il gravame di NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado, di accertamento dell’illegittimità della destituzione del 25 gennaio 2018, da parte della datrice RAGIONE_SOCIALE per violazione delle norme procedimentali stabilite dal R.D. 148/1931 e per infondatezza dell’addebito, oltre che di condanna della società alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità risarcitoria da tale data a quella di effettiva reintegrazione e al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti, oltre accessori di legge, nonché al versamento dei relativi contributi previdenziali e assistenziali.
Ricostruito il quadro normativo del procedimento disciplinare degli autoferrotranvieri, quale il lavoratore destituito, con particolare riferimento alla soppressione dei Consigli di disciplina (artt. 53 ss. R.D. 148/1931), la Corte territoriale ha escluso che vi fosse un vizio procedurale o una lesione del diritto di difesa, anzi pienamente garantito dalla sequenza procedimentale osservata e minuziosamente ricostruita. Ed ha, quindi, ritenuto provato, in esito alle scrutinate risultanze istruttorie, l’ad debito contestato al lavoratore e sanzionato con legittima destituzione.
Con atto notificato il 7 gennaio 2023, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione con cinque motivi, in via
subordinata instando per la rimessione della q.l.c. degli artt. 2, quarto comma legge n. 14/2018 e 51, primo comma, lett. a) legge reg. Emilia Romagna n. 30/1998, in riferimento agli artt. 117 (per la riserva alla legislazione statale della materia dell”ordinamento civile’, comprendente anche la disciplina del rapporto di lavoro, con inclusione delle sanzioni e del procedimento disciplinare) e 3 Cost. (per ingiustificata disparità di trattamento degli autoferrotramvieri rispetto agli altri lavoratori del settore privato -per i quali l’art. 7, sesto comma, legge n. 300/1970 prevede l’istituzione del Collegio di conciliazione ed arbitrato -e, sotto altro aspetto degli autoferrotramvieri dell’Emilia -Romagna e quelli delle altre Regioni, che non hanno soppresso i Consigli di disciplina).
Al ricorso del lavoratore ha resistito la società con controricorso.
Entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., in vista di una prima udienza di discussione poi rinviata a N.R. per suscitare il contraddittorio tra le parti in ordine agli eventuali effetti sulla controversia dell’intervenuta sentenza n. 22/2024 della Corte cost.
Il P.G. ha comunicato conclusioni scritte nel senso dell’accoglimento del ricorso.
Entrambe le parti hanno nuovamente comunicato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt. 53, 54, 58 all. A al R.D. 148/1931, 102, primo comma, lett. b ) d.lgs. 112/1998, perché la facoltà di adire il Consiglio di disciplina per il procedimento di irrogazione delle sanzioni non è stata abrogata dall’evoluzione normativa del settore: in particolare non è stata abrogata dal passaggio di competenze
amministrative dallo Stato alle Regioni né dalla contrattualizzazione del pubblico impiego, né dalla devoluzione delle controversie di lavoro alla giurisdizione del giudice ordinario, né dalla privatizzazione delle aziende pubbliche esercenti il trasporto locale e neppure dalla riforma del trasporto pubblico locale; di conseguenza – sostiene il ricorrente – la mancata attivazione del Consiglio di disciplina importa nullità dell’intero procedimento disciplinare e della relativa sanzione.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 27, 28, 51, primo comma, lett. a) legge reg. Emilia Romagna n. 30/1998, artt. 79, 84 d.p.r. 616/1977 (attributivi alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di ‘tramvie’ e del ‘personale dipendente da imprese concessionari e di autolinee’), art. 44 legge reg. Emilia Romagna n. 45/1979 (di delega della Regione alle Province del potere di nomina dei Consigli di disciplina), artt. 105 d.lgs. 112/1998, 7 d.lgs. 422/1997, relativi all’attribuz ione alle Regioni delle funzioni non delegate alle Province, per non avere la legge regionale abrogato i Consigli di Disciplina, ma delegato la nomina alle Province e da attivare a cura della P.A., secondo i principi fondamentali di buona fede e collaboraz ione nell’azione amministrativa, con il mantenimento del potere alla Regione, in caso di mancata attribuzione del potere alle Province.
Con il terzo motivo ci si duole della violazione dell’art. 2, quarto comma legge reg. Emilia Romagna n. 14/2018 e 11 disp. prel. c.c., per la natura né innovativa né di interpretazione autentica della norma regionale denunciata, non applicabile retroattivamente ad un procedimento disciplinare concluso.
Con il quarto motivo si lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. da 53 a 58 all. A R.D. 148/1931, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto l’assicurazione di una piena
tutela difensiva al lavoratore (in sede di opinamento della destituzione e di sua conferma), con ulteriore possibilità di sottoposizione del provvedimento espulsivo al vaglio del C.d.A. della società, pertanto equivalente a quella prevista dallo Statuto dei lavoratori: così non rispettando l’inderogabilità del procedimento disciplinare stabilito per il settore, comportante insanabile nullità (di protezione) della sanzione.
Con il quinto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’artt. 56 all. A R.D. 148/1931, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto l’esonero per la società datrice, a causa della mancata richiesta del dipendente, dall’obbligo di esibizione della relazione del funzionario addetto al servizio disciplinare e dei documenti ad essa allegati (comprese le dichiarazioni raccolte nell’istruttoria), così disattendendo il costante insegnamento giurisprudenziale di legittimità dell’essenzialità di tutte le fasi del procedimento di destituzione, comportante la nullità di protezione in caso di omissione di una di esse.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
Come noto, la Corte costituzionale, investita della questione sollevata da questa Corte con l’ordinanza interlocutoria del 7 aprile 2023, n. 9530, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 2, comma 1 d.lgs. n. 23/2015, limitatamente alla parola «espressamente», in riferimento all’art. 76 Cost. per difformità rispetto al criterio di delega dettato dall’art. 1, comma 7, lettera c) della legge n. 183 del 2014, che, demandando al Governo la previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, dispone la limitazione del «diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato», senza una ulteriore limitazione ai casi di nullità
“espressamente” prevista (Corte cost. 22 febbraio 2024, n. 22).
È parimenti noto come essa sia andata oltre l’affermazione, contenuta in detta ordinanza, di un ‘consolidato orientamento di questa Corte’ , secondo cui -nel caso in cui il dipendente autoferrotranviario, a seguito dell’opinamento di destituzione, abbia invocato la pronuncia del consiglio di disciplina, posto il persistente vigore delle disposizioni dettate dal Regio Decreto in materia disciplinare, anche quale disciplina maggiormente garantita rispetto a quella prevista dalla legge n. 300/1970 -sia irrilevante il fatto che gli enti competenti non abbiano esercitato il potere di nomina dei componenti di quell’organo; posto che, in materia di procedimento disciplinare a carico degli autoferrotranvieri, l’art. 53 dell’allegato A al R.D. 148/1931 prevede una procedura articolata in più fasi, inderogabile e volta alla tutela del lavoratore dipendente, quale contraente debole; con la conseguenza della nullità della sanzione disciplinare (rientrante, in relazione al tipo di violazione, nella categoria delle nullit à di protezione) nell’ipotesi di omissione di una delle suddette fasi (Cass. 7 aprile 2023, n. 9530, in motivazione sub p.to 3, con ampio richiamo di precedenti conformi).
Essa ha, infatti, affermato la sufficienza di ‘dare conto del diritto vivente’ formatosi al riguardo, sicché, ‘ in presenza di una costante e consolidata giurisprudenza di legittimità, tanto più quando sia attinente ad un presupposto di rilevanza della questione e non già direttamente alla disposizione censurata, la norma espressa dal diritto vivente è assunta come tale da questa Corte senza che rilevino eventuali dubbi in ordine all’esattezza dell’interpretazione’ (Corte cost. 22 febbraio 2024, n. 22, Considerato in diritto sub p.to 3.2).
Né il formante giurisprudenziale consolidatosi in diritto vivente può essere superato, in assenza di un sopravvenuto mutamento normativo, dal passaggio argomentativo, sempre tratto dalla sentenza della Corte costituzionale, per il quale ‘Non emerge -e non rileva -invece la complessa ricostruzione normativa che ha condotto alla formazione di questo diritto vivente e che ha visto ripetuti interventi delle Sezioni unite della Corte di cassazione (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenze 13 gennaio 2005, n. 460 e 27 luglio 2016, n. 15540).’ (Corte cost. 22 febbraio 2024, n. 22, ivi).
3.1. Le sentenze delle Sezioni Unite citate, se pure contengano affermazioni che potrebbero indurre ad una loro lettura estensiva alla disciplina sostanziale del rapporto di lavoro (in Cass. S.U. 460/2005, ripresa da Cass. S.U. 15540/2016, in particolare: la segnalazione di disomogeneità o incoerenza del sistema riguardante non solo la giurisdizione in materia disciplinare, ma l’intero rapporto di lavoro disciplinato da un corpus di norme apparentemente resistente a qualunque riforma e modificazione dell’or dinamento giuridico dal lontano 1931 e di generale applicazione alla materia disciplinare dell’art. 7 della legge n. 300/1970; la condivisione del parere dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato 19 aprile 2000 di non limitazione dell’effetto abrogativo art. 58 R.D. 148/1931 a sole norme procedimentali di nomina e composizione di tali consigli, ma di ‘avvenuta abrogazione implicita delle norme del r.d. che postulano l’operatività di tali organi’ ), devono in realtà essere limitate all’ambito del regolame nto di giurisdizione ad esse proprio: ossia, finalizzate ‘alla sola risoluzione della annosa questione della persistente attribuzione alla giurisdizione amministrativa delle controversie in materia di sanzioni disciplinari per gli addetti al servizio pubblico di trasporto in
concessione, ai sensi dell’art. 58 del r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, allegato A), con l’affermazione del principio secondo cui, sin dall’operatività dell’art. 68 del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, nella sua originaria versione, tali controversie appartengono alla cognizione del giudice ordinario, stante l’implicita abrogazione per incompatibilità con la indicata normativa, della persistente giurisdizione del giudice amministrativo contemplata nel citato art. 58’ (così: Cass. 17 giugno 2015, n. 12490, in motivazione sub p.to 4).
E soprattutto, essere lette in sintonia con ‘ … La giurisprudenza di questa Corte, che ha affrontato la problematica in esame’, che ‘non postula … un’abrogazione tout court della speciale disciplina di cui al R.D. n. 148 del 1931, bensì la necessità di integrare o sostituire i singoli istituti nell’ipotesi in cui la relativa specifica regolamentazione risulti incompatibile con il sistema in generale’ (Cass. S.U. 27 luglio 2016, n. 15540, in motivazione). Certamente una tale incompatibilità sistematica non può essere ravvisata nella perdurante vigenza dei Consigli di disciplina previsti dall’art. 53 R.D. 148/1931 ( ‘Nel caso in cui l’agente abbia presentate le Sue giustificazioni nel termine prescritto, ma queste non siano accolte, l’agente ha diritto, ove lo creda, di chiedere che per le punizioni, sulle quali, ai sensi del seguente articolo, deve giudicare il Consiglio di disciplina, si pronunci il Consiglio stesso’ : ottavo comma). La compatibilità della previsione con il sistema è stata, infatti, affermata come diritto vivente con la ferma negazione di un’abrogazione implicita dei Consigli di disciplina; su tale presupposto, essa ha per giunta costituito il fondamento normativo dell’estensione, costituzionalmente legittima, della tutela reintegratoria dell’art. 2, comma 1 del d.lgs. 23/2015 ai casi di nullità previsti dalla legge (come è stata ritenuta la violazione del procedimento disciplinare speciale in oggetto), ancorché non «espressamente».
4. Tanto chiarito sulla natura non vincolante, per le ragioni esposte, dei precedenti delle Sezioni Unite di questa Corte esaminati, peraltro neppure avendo le sentenze della Corte costituzionale valore di monito nei confronti della giurisprudenza (come invece può accadere riguardo al legislatore), potendo esse direttamente conformarla al parametro di costituzionalità, occorre allora ribadire quale sia il valore normativo dell’ art. 102, comma 1, lett. b ) d.lgs. 112/1998, che recita: ‘Sono soppresse le funzi oni amministrative relative … all’approvazione degli organici delle gestioni governative e dei bilanci delle stesse, all’approvazione dei modelli di contratti’ e, in particolare, ‘alla nomina dei consigli di disciplina’ .
Esso non può che essere quello fatto palese dal significato proprio delle parole, secondo la loro connessione e dalla intenzione del legislatore (art. 12 disp. prel. c.c.); e pertanto, quello di aver reciso ogni legame della nomina dei Consigli di disciplina con gli organi pubblici: tanto dello Stato, quanto delle Regioni. Ma non certamente quello di trarre dalla soppressione delle funzioni amministrative relative alla nomina dei consigli di disciplina l’inferenza della loro eliminazione tout court , avvenuta solo per le gestioni amministrative (Cass. 14 maggio 2019, n. 12770, in motivazione); né potendo essa conseguire da una mera inerzia degli organi competenti a provvedere alla nomina dei componenti del consiglio di disciplina (Cass. 6 marzo 2023, n. 6555, in motivazione sub p.to 12), in una sorta di ‘praesumptio de praesumpto’ .
D’altro canto, questa Corte ha escluso che la speciale disciplina dell’allegato A al RD n. 148/1931 sia stata abrogata dall’art. 7 legge n. 300/1970 e tale soluzione è stata avallata dalla Corte Costituzionale (con le sentenze n. 301/2004 e n. 188/2020), che ha sottolineato la natura di fonte primaria
dell’All. A al R.D. 148/1931, nonché la permanente specialità, sia pure residuale, del rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, per cui la speciale regolamentazione di tale impiego può essere modificato unicamente mediante interventi legislativi (Cass. 7 marzo 2023, n. 6765, in motivazione sub p.ti 17 e 18).
Né il venir meno della nomina pubblica dei Consigli di disciplina ne comporta la soppressione, per la loro costituzione presso ciascuna azienda o dipendenza aziendale con direzione autonoma, a norma dell’art. 54 R.D. 148/1931, in una composizione plurale, formata da:
a ) un presidente nominato dal direttore dello Ispettorato compartimentale della motorizzazione civile e trasporti in concessione e scelto preferibilmente tra i magistrati;
b ) tre rappresentanti effettivi dell’azienda designati, su richiesta del Ministero dei trasporti (Ispettorato generale della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione), dall’organo che legalmente rappresenta l’azienda e scelti tra i consiglieri di amministrazione o tra i funzionari con facoltà, in mancanza, di conferire ad altri l’incarico;
c ) tre rappresentanti effettivi del personale, designati dalle Associazioni sindacali nazionali dei lavoratori numericamente più rappresentative, su richiesta del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, e scelti con precedenza tra gli agenti appartenenti alla azienda (e nomina per ciascuno dei rappresentanti di un supplente). Alla nomina di questi rappresentanti provvede il Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con il Ministro per i trasporti, nonché con il Ministro per l’interno quando trattasi di personale di pubblici trasporti in concessione od in esercizio ad aziende municipalizzate, a Comuni, Province, Regioni e relativi Consorzi.
Inoltre, i componenti del Consiglio di disciplina, costituito presso ciascuna azienda ferroviaria, tramviaria e di navigazione interna, salvo che non siano revocati, durano in carica un quinquennio e possono essere riconfermati. E quelli che siano nominati entro il quinquennio scadono con lo scadere di questo.
È poi noto che, qualora la sanzione non sia stata adottata dal Consiglio di Disciplina a seguito, come nel caso di specie, di richiesta del lavoratore dopo il provvedimento di opinamento, si verifica sia la privazione di un momento di ulteriore garanzia per il lavoratore, sia una mancanza di legittimazione all’esercizio del potere di recesso, non più in capo al datore di lavoro, ma trasferito ad un organo collegiale esterno e terzo (Cass. 7 marzo 2023, n. 6765, in motivazione sub p.to 30).
Ed è proprio la garanzia di terzietà dell’organo collegiale aziendale il profilo di specialità caratterizzante il procedimento disciplinare degli autoferrotramvieri rispetto a quello ordinario degli altri lavoratori delineato dall’art. 7 legge n. 300/1970.
Ai fini di garanzia della terzietà del Consiglio di disciplina non è sempre essenziale la collegialità, posto che, in tema di pubblico impiego contrattualizzato, l’ufficio procedimenti disciplinari opera con il plenum dei suoi componenti nelle fasi in cui l’organo sia chiamato a compiere valutazioni tecnicodiscrezionali o ad esercitare prerogative decisorie, rispetto alle quali si configura l’esigenza che tutti i suoi componenti offrano il proprio contributo ai fini di una corretta formazione della volontà collegiale; non è, invece, essenziale la collegialità rispetto agli atti preparatori, istruttori o strumentali, verificabili a posteriori dall’intero consesso (cfr. Cass. 26 aprile 2016, n. 8245; Cass. 16 aprile 2018, n. 9314).
La soppressione dell’intervento pubblico (statale o regionale) nella nomina dei componenti del consiglio di disciplina, non ha modificato tale assetto.
Ai fini della validità della sanzione irrogata è, poi, irrilevante l’eventuale previsione regolamentare che impone la collegialità per tutte le fasi del procedimento disciplinare (cfr. Cass. 27 giugno 2019, n. 17357, che, in applicazione del principio, ha respinto il ricorso del lavoratore in un caso in cui la contestazione disciplinare era stata sottoscritta dal solo presidente dell’U.P.D.).
comportano l’accoglimento del primo motivo, con assorbimento di ogni
Le argomentazioni che precedono altra questione e degli altri motivi di ricorso.
Pertanto, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio, alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio, alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2024
Il Presidente (dott. NOME COGNOME
Il consigliere est. (dott. NOME COGNOME