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Probatio diabolica: prova attenuata e dante causa

La Corte di Cassazione rigetta i ricorsi in una controversia immobiliare su un portico e aree comuni. La decisione chiarisce che la ‘probatio diabolica’ è attenuata quando le proprietà delle parti derivano da un unico originario proprietario. Il portico è stato ritenuto pertinenza comune in base agli atti di provenienza, respingendo le pretese di proprietà esclusiva e di usucapione. Anche il ricorso incidentale su una presunta servitù d’uso per un forno è stato respinto, qualificando il diritto come personale e non reale.

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Probatio diabolica: prova attenuata in caso di dante causa comune

In una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato una complessa vicenda di diritto immobiliare, offrendo chiarimenti cruciali sull’onere della prova nella rivendicazione della proprietà, in particolare sul concetto di probatio diabolica. La decisione sottolinea come il rigore di tale prova possa essere attenuato quando le proprietà contese originano da un unico dante causa, un principio fondamentale per risolvere dispute tra vicini.

I Fatti di Causa: una Disputa su Portico e Pertinenze Comuni

La controversia nasce tra due famiglie proprietarie di unità abitative adiacenti, derivanti dal frazionamento di un unico, più grande fabbricato. Oggetto del contendere erano la proprietà di un portico posto tra i due immobili, un forno (demolito da una delle parti nel 1997) e due aree cortilizie definite ‘corte nord’ e ‘corte sud’.

Una famiglia (i ricorrenti principali) rivendicava la proprietà esclusiva del portico e delle corti, mentre l’altra (i resistenti) sosteneva la natura comune del portico e della corte sud, proponendo inoltre un ricorso incidentale per il ripristino del forno, a loro dire oggetto di una servitù d’uso.

La Corte d’Appello aveva stabilito che il portico e la corte sud fossero beni comuni, mentre il forno e la corte nord fossero di proprietà esclusiva dei ricorrenti principali. Insoddisfatti, questi ultimi hanno adito la Corte di Cassazione.

L’Onere della Prova e la Probatio Diabolica Attenuata

Il motivo principale del ricorso si fondava sulla presunta violazione dell’art. 2697 c.c. sull’onere della prova. I ricorrenti sostenevano che la controparte non avesse fornito la cosiddetta probatio diabolica, ovvero la prova rigorosa della proprietà risalendo a un acquisto a titolo originario.

La Cassazione ha rigettato questa doglianza, confermando un consolidato orientamento giurisprudenziale. I giudici hanno spiegato che il rigore della probatio diabolica si attenua notevolmente quando, come nel caso di specie, non vi è contestazione sull’originaria appartenenza del bene a un comune dante causa. In tale scenario, la prova della proprietà può essere fornita semplicemente dimostrando l’esistenza di un valido titolo di acquisto derivativo. La Corte d’Appello aveva correttamente accertato che entrambe le unità immobiliari derivavano dal frazionamento di un unico edificio e che gli atti di provenienza trasferivano le unità con ‘tutte le pertinenze’. Avendo qualificato il portico come pertinenza strutturale e funzionale dell’unico fabbricato originario, la sua natura comune era una logica conseguenza.

L’inammissibilità delle censure sulla valutazione delle prove

I ricorrenti hanno inoltre criticato la Corte d’Appello per la valutazione delle testimonianze, sostenendo che il giudice avesse usato ‘due pesi e due misure’ e non avesse considerato fatti decisivi, come la trasformazione di una legnaia in cucina da parte dei resistenti nel 1976, che avrebbe creato un nuovo accesso al portico.

Anche questi motivi sono stati giudicati inammissibili. La Cassazione ha ribadito che il ricorso per cassazione non è un terzo grado di merito e non consente di riesaminare la valutazione dei fatti e delle prove operata dal giudice. La censura per violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo se il giudice ha disatteso una norma specifica sulla valutazione di una prova (es. prova legale) e non quando si contesta semplicemente il ‘cattivo esercizio del suo prudente apprezzamento’.

Il Ricorso Incidentale: Servitù o Diritto Personale di Godimento?

La famiglia resistente aveva presentato un ricorso incidentale per il ripristino del forno demolito, sostenendo di essere titolare di una servitù d’uso costituita per ‘destinazione del padre di famiglia’ o per contratto.

La Cassazione ha dichiarato anche questo ricorso inammissibile. La Corte ha chiarito la distinzione fondamentale tra un diritto reale di servitù e un diritto personale di godimento. La servitù richiede un’utilità oggettiva per il fondo dominante, un legame indissolubile con l’immobile (la cosiddetta realitas). Al contrario, un diritto personale è concesso a favore di una persona specifica per un suo interesse personale.

Nel caso specifico, la clausola contrattuale originaria che concedeva ‘agli acquirenti il solo diritto di uso del forno per cuocere il pane, concesso anche ad altri’ è stata interpretata dalla Corte d’Appello come costitutiva di un diritto personale, non legato all’utilità del fondo ma all’interesse personale degli acquirenti originari, e quindi estintosi con la vendita dell’immobile.

Le Motivazioni e le Conclusioni della Corte di Cassazione

In conclusione, la Corte di Cassazione ha rigettato sia il ricorso principale sia quello incidentale. La motivazione centrale risiede nell’applicazione corretta dei principi che regolano l’onere probatorio in materia di proprietà e nella riaffermazione dei limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione delle prove. La decisione evidenzia che, in presenza di un comune dante causa, la dimostrazione della proprietà si semplifica, evitando le complessità della probatio diabolica. Inoltre, ribadisce che la distinzione tra diritti reali e personali di godimento dipende dalla natura del vantaggio: se è legato oggettivamente a un immobile si ha servitù, se è legato a una persona si ha un diritto personale. La Corte ha quindi confermato la decisione della Corte d’Appello, compensando le spese tra le parti data la reciproca soccombenza.

Quando si attenua il rigore della ‘probatio diabolica’ in un’azione di accertamento della proprietà?
Secondo la Corte, l’onere della ‘probatio diabolica’ si attenua quando le parti in causa derivano i loro titoli da un comune dante causa. In questo caso, il rivendicante può limitarsi a dimostrare di aver acquistato il bene in base a un valido titolo d’acquisto, senza dover risalire a un acquisto a titolo originario.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle testimonianze fatta dal giudice di merito?
No, in linea generale non è possibile. La Corte di Cassazione ha ribadito che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità. Un motivo di ricorso basato su una presunta errata valutazione delle prove è inammissibile, a meno che non si dimostri che il giudice abbia violato una norma specifica che impone un determinato valore probatorio (prova legale) o abbia omesso l’esame di un fatto storico decisivo.

Qual è la differenza tra un diritto reale di servitù e un diritto personale di godimento?
Il diritto di servitù è un peso imposto su un fondo (servente) per l’utilità di un altro fondo (dominante) e si trasferisce con la proprietà degli immobili. Il diritto personale di godimento, invece, è un diritto concesso a una o più persone specifiche per un loro vantaggio personale, non è legato al fondo e, di norma, non si trasferisce ai successivi acquirenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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