Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34209 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34209 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6521-2024 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 283/2023 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 05/10/2023 R.G.N. 71/2023;
Oggetto
R.G.N. 6521/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 28/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Brescia ha respinto il gravame della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei dottori commercialisti e ha confermato la pronuncia del Tribunale della medesima sede, che aveva accertato il diritto del dottor NOME COGNOME alla rideterminazione della quota retributiva “A” della pensione di vecchiaia anticipata in godimento, sulla scorta di una base pensionabile determinata nella media dei 15 redditi antecedenti al primo gennaio 2004 e, per l’effetto, aveva condannato la Cassa a corrispondere le differenze tra quanto erogato per la suddetta quota “A” e quanto effettivamente dovuto, oltre interessi e rivalutazione monetaria e nei limiti della prescrizione decennale.
La Cassa commercialisti impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Brescia, con ricorso che si articola in due motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso il dottor NOME COGNOME: tale controricorso è inammissibile, perché tardivo, essendo stato depositato il 17.4.24, oltre il termine di quaranta giorni, rispetto alla notifica del ricorso del 5.3.24, ex art. 370 c.p.c., novellato. Per il presente giudizio, all’esito di una proposta di definizione agevolata, ex art. 380 bis primo comma c.p.c., è stata chiesta dalla Cassa la decisione, ai sensi dell’art. 380 bis secondo comma c.p.c.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
CONSIDERATO CHE
Il primo motivo, che verte sull’applicazione del principio del pro rata ad un trattamento pensionistico che decorre dal primo dicembre 2005 e dunque da data anteriore al gennaio 2007, è inammissibile, ex art. 360 bis c.p.c., alla stregua dei principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte e diffusamente richiamati dalla stessa sentenza impugnata (pagine da otto a quindici).
Infatti, in materia di prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, per i trattamenti maturati prima del 10 gennaio 2007, il parametro di riferimento è costituito dal regime originario dell’art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e non trovano applicazione le modifiche in peius per gli assicurati, introdotte da atti e provvedimenti adottati dagli enti prima dell’attenuazione del principio del pro rata per effetto della riformulazione disposta dall’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come interpretata dall’art. 1, comma 488, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Cass., S.U., 8 settembre 2015, n. 17742, con affermazioni di portata generale, non circoscritte alla Cassa dei ragionieri e periti commerciali, parte del giudizio; nello stesso senso, Cass., sez. lav., 3 novembre 2021, n. 31454).
A tali principi si è uniformata la sentenza d’appello che ha posto in risalto le peculiarità della vicenda controversa, caratterizzata da una pensione liquidata a decorrere dal dicembre 2005 e dalla necessità di applicare il pro rata nei termini più rigorosi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte. Come ha evidenziato la Corte di merito, la Cassa si è limitata a perorare la legittimità dell’applicazione del nuovo Regolamento del 2004 anche a pensioni anteriori al 2007, criticando l’indirizzo oramai
consolidato nella giurisprudenza di legittimità, e ha enfatizzato, a tale riguardo, le peculiarità che contraddistinguono il caso di specie, concernente una pensione di vecchiaia anticipata, un tempo denominata pensione di anzianità.
Riguardo all’ultimo dei profili evidenziati, la sentenza impugnata si è conformata ai principi enunciati, con valenza generale, dalle Sezioni Unite di questa Corte, rimarcando condivisibilmente che: «per quanto sia vero che si tratti di una pensione vantaggiosa per l’assicurato, il quale può conseguirla ben prima del raggiungimento dell’età pensionabile, è pur vero che il relativo diritto ricorre soltanto al raggiungimento di un requisito contributivo che è notevolmente maggiore rispetto a quello richiesto per accedere alla pensione di vecchiaia: in sostanza il maggior numero di contributi previsto per conseguire la pensione di vecchiaia anticipata controbilancia l’assenza del requisito dell’età anagrafica. Ciò detto sul piano generale, deve rilevarsi che per quanto attiene alla determinazione della pensione di vecchiaia anticipata, valgono le medesime regole che riguardano la determinazione della pensione di vecchiaia ordinaria: entrambe le pensioni, allorché debbano essere liquidate con il sistema c.d. misto, si compongono di una quota A, calcolata con il sistema retributivo e di una quota B, calcolata con il sistema contributivo. Non vi sono pertanto ragioni per non applicare anche alla pensione di vecchiaia anticipata le medesime regole di calcolo delle due quote di pensione, ed in particolare della quota A reddituale, che valgono per la pensione di vecchiaia ordinaria e quindi per non applicare il principio del pro-rata di cui si è detto» (pagine 16 e 17 della sentenza d’appello).
Inammissibile, ex art. 360 bis c.p.c., si palesa anche il secondo motivo di ricorso, che prospetta l’applicazione della prescrizione quinquennale. La prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2948, n. 4, cod. civ. – così come dall’art. 129 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 – richiede la liquidità e l’esigibilità del credito, che dev’essere posto a disposizione dell’assicurato.
Ove sia in contestazione l’ammontare del trattamento pensionistico, il diritto alla riliquidazione degl’importi è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale di cui all’art. 2946 cod. civ. (sentenza n. 17742 del 2015, cit.).
Di tali principi, che la parte ricorrente non induce a rimeditare con argomenti persuasivi, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione al caso di specie (pagine 20, 21, 22 e 23 della sentenza impugnata).
L’istanza, ex art. 380 bis c.p.c., non ha aggiunto nulla di rilevante, ai motivi contenuti nell’originario ricorso.
Si deve, dunque, ravvisare l’inammissibilità del ricorso.
Alla luce della tardività del deposito del controricorso, il Collegio è esonerato dal provvedere sulle spese, anche in riferimento all’art. 96 comma 3 c.p.c., perché il giudizio è stato definito in conformità alla proposta non accettata, ai sensi dell’art. 380 bis, ult. co., cod. proc. civ., norma che contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte.
Deve, invece, applicarsi l’art. 96 comma 4 c.p.c., norma che prevede la condanna della parte soccombente a una ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 27195 e n. 27433/2023, poi Cass. n. 27947/2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in € 2.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna parte ricorrente a pagare € 2.500,00 in favore della Cassa delle Ammende, ex art. 96 comma 4 c.p.c.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis cit.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2024