Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25753 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25753 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7183/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE,
-ricorrente-
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso il decreto del Tribunale di Palermo n. 71/2019 depositato il 17/1/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/9/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME propose domanda di ammissione al passivo del Fallimento di RAGIONE_SOCIALE per le seguenti somme: 1)
in privilegio ex art. 2751-bis, nn. 2 e 5, c.c., per € 131.949,08, a titolo di capitale, spese ed interessi moratori liquidati in un decreto ingiuntivo confermato, in sede di giudizio di opposizione, dalla sentenza del Tribunale di Firenze emessa in data 9/12/2016, prima della dichiarazione di fallimento della debitrice (dichiarato in data 31/1/2017) e non impugnata dal curatore; 2) € 12.735,52, in privilegio ex art. 2751-bis, n. 2 e 5, c.c., per spese legali liquidate dalla sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo ; 3) € 26.881, in via privilegiata e in prededuzione ex artt. 2755 e 2777 c.c., per spese sostenute nelle procedure esecutive promosse ante fallimento presso i Tribunali di Trapani e Milano.
Il Giudice Delegato ammise, in collocazione privilegiata, ai sensi dell’art. 2751 -bis n. 5 c.c., il credito per complessivi € 136.088,72 come da conclusioni del curatore.
Il Tribunale di Palermo rigettava l’opposizione allo stato passivo proposto da COGNOME NOME osservando che: i) non poteva attribuirsi al credito di € 23.905,10, maturato in occasione delle procedure esecutive presso terzi attivate davanti ai Tribunali di Milano e Trapani, il rango di credito prededucibile e privilegiato, ai sensi degli artt. 2755 e 2777 c.c., non essendo stata provata l’attività svolta in sede esecutiva né l’esito positivo delle procedur e e non essendo stati indicati e descritti i beni (costituiti nel caso di specie dalle somme pignorate) sui quali si esercitava la prelazione; ii) l’ulteriore richiesta di riconoscimento degli interessi moratori maturati dalla data prevista per il pagamento di ogni singola fornitura non poteva essere accolta, perché, pur tralasciando il fatto che una simile richiesta comportava un’inammissibile mutatio della domanda di insinuazione al passivo (in cui erano stati espressamente richiesti « gli interessi moratori liquidati nel decreto ingiuntivo » (fatti decorrere dalla data del ricorso), su tale punto si era formato il giudicato, non essendo stata impugnata la sentenza del Tribunale di conferma del decreto ingiuntivo che aveva liquidato
gli interessi moratori fissando il dies a quo nel deposito della richiesta di emissione del provvedimento monitorio.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per la cassazione dell’impugnato decreto sulla base di due motivi, illustrati con memoria; il Fallimento è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2755 e 2777 c.c., 96, 98 e 99 l. fall., 287 e 288 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1° , n. 3 e 4, c.p.c.: sostiene la ricorrente che il mancato riconoscimento del privilegio di cui agli artt. 2755 e 2777 c.c. al credito di € 23.905,10, derivante da spese sostenute nei procedimenti di espropriazione presso terzi, sia frutto di un errore materiale evincibile dal richiamo contenuto nel decreto di esecutività alle conclusioni del curatore e dal fatto che sia stato lo stesso organo fallimentare a proporre, in pendenza del giudizio di opposizione, al Giudice Delegato un’ istanza di correzione dell’errore materiale ( nel senso di considerare il credito di € 23.905,10, ammesso con il privilegio di cui agli artt. 2755 e 2777 c.c. e non con quello ex art. 2751-bis n. 5 c.c.) rigettata dal Giudice delegato per motivi processuali.
1.1 La ricorrente sostiene che la decisione del Giudice Delegato, che si è ritenuto incompetente a decidere della domanda di correzione di errore materiale in pendenza del giudizio di opposizione, sia condivisibile; in ogni caso, sempre a dire della COGNOME, si sarebbe formato il giudicato endofallimentare sulla sussistenza del privilegio di rango superiore, stante l’errore materiale in cui era incorso il Giudice Delegato.
1.2 Viene contestata anche l’affermazione del Tribunale circa il difetto di prova in atti dell’utilità delle procedure esecutive agli interessi comuni del ceto creditorio, in relazione alla mancata
dimostrazione dell’esito favorevole delle procedure esecutive, evidenziandosi che era prospettabile che i ventuno edicolanti terzi pignorati rendessero dichiarazioni positive avendo continuato i rapporti commerciali con la società distributrice fallita.
La censura è, nel suo complesso, inammissibile.
2.1 Con riferimento all’articolazione della doglianza che investe la questione dell’errore materiale, è fuori discussione che il Giudice Delegato abbia ammesso il credito di € 23.905,10 per spese asseritamente sostenute dalla ricorrente nei procedimenti di esecuzione forzata presso terzi in privilegio artigiano e non in quello di cui agli artt. 2755 e 2770 c.c..
2.2 Ciò posto, l’art 98, ultimo comma, l.fall. stabilisce che « gli errori materiali contenuti nello stato passivo sono corretti con decreto del giudice delegato su istanza del creditore o del curatore, sentito il curatore o la parte interessata ».
2.3 Alla luce della chiara disposizione testé citata, correttamente, dunque, il Tribunale ha giudicato inammissibile la richiesta di correzione di errore materiale contenuta nell’atto di opposizione e diretta al Giudice dell’opposizione allo stato passivo , incompetente a statuire sul punto.
2.4 Non può predicarsi alcun giudicato endofallimentare sulla sussistenza dell’errore materiale (che , secondo la ricorrente, sarebbe caduto sul riconoscimento, con riferimento al credito per spese sostenute nei procedimenti di esecuzione forzata, del privilegio ex art. 2751-bis n, 5 c.c. anziché di quello di cui agli artt. 2755 e 2770 c.c.), non essendo intervenuto un provvedimento del Giudice Delegato in tal senso.
2.5 Al contrario, il Giudice Delegato, come risulta dall’estratto riportato nel corpo del ricorso per Cassazione, ha rigettato la richiesta formulata ex art. 98, ultimo comma, l. fall. dal curatore sul presupposto dell’inesistenza delle condizioni di cui al primo comma dell’art. 287 c.p.c..
Orbene, il provvedimento che dispone sulla correzione non è impugnabile neppure col ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., anche in caso di rigetto, in quanto costituisce una mera determinazione di natura amministrativa, che non incide sui diritti sostanziali e processuali delle parti ed è solo funzionale all’eventuale eliminazione di errori di redazione del documento (un tempo cartaceo, ora digitale) che non può in alcun modo toccare il contenuto concettuale della decisione (cfr. Cass. 5733/2019 e, nel procedimento ex art 98 l. fall., Cass. 13360/2024).
2.6 L’ulteriore profilo del motivo , che investe il giudizio di infondatezza della domanda di riconoscimento del privilegio ex art 2755 e 2777 c.c., si infrange contro l’accertamento in fatto, insindacabile in sede di legittimità attraverso il vizio di violazione di legge, compiuto dal Tribunale, che ha ritenuto non provato il rapporto di funzionalità dell’attività profusa dal singolo creditore prima della dichiarazione del fallimento con l’interesse della massa dei creditori.
2.7 Al riguardo si legge nell’impugnato provvedimento: «Quest’ultima , infatti, si è limitata a produrre le schermate del portale dei servizi telematici da cui si ricava solo l’effettivo instaurarsi e la successiva sospensione delle procedur e indicate in ricorso, senza che ciò possa rilevare ai fini della valutazione del loro esito, e dunque, dell’effettiva utilità dei creditori. Non risulta, infatti alcuna dichiarazione positiva da parte del terzo pignorato. Inoltre, essendo il privilegio di cui all’art 2755 c.c., un privilegio di carattere speciale, l’opponente avrebbe dovuto indicare i beni (e quindi in questo caso le somme pignorate al terzo) su cui grava detto privilegio, secondo quanto disposto dall’art. 93 l. fall., che prevede che la domanda di insinuazione al passivo debba contenere anche ‘la descrizione del bene sul quale la prelazione si esercita se questa ha carattere speciale ‘».
2.8 Peraltro, il Tribunale ha evidenziato che il privilegio richiesto aveva carattere speciale e non erano stati indicati i beni su cui lo stesso doveva essere esercitato, nel senso previsto dall’art. 93, comma 3, n. 4, l. fall..
Parte ricorrente non ha sollevato alcuna contestazione rispetto a questa ratio decidendi .
Ne discende un’ulteriore motivo di inammissibilità della contestazione riguardante l’omesso riconoscimento del privilegio; infatti, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’omessa impugnazione di una di esse o la ritenuta infondatezza o inammissibilità delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (cfr., tra le tante, Cass. 11493/2018, 18641/2017, 15350/2017 e 9752/2017).
3. Il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 324, 287, 288 e 633 e segg. c.p.c., 2909 c.c., 92 e segg. l. fall., d.lvo 231/2002, in relazione all’art. 360, comma 1° , n. 3 e 4, c.p.c., perché il Tribunale non ha tenuto conto che nella parte motiva della sentenza di rigetto dell’opposizione al decreto ingiuntivo i giudici palermitani avevano affermato che il termine di scadenza del pagamento delle forniture era, secondo quanto previsto dal contratto estimatorio, di sessantotto giorni dall’esecuzione della prestazione , sicché la società poi fallita avrebbe dovuto pagare o restituire la merce entro tale termine.
La ricorrente contesta, inoltre, la formazione del giudicato sulla parte di credito concernente gli interessi maturati nel lasso temporale tra la scadenza del termine per il pagamento e/o la
restituzione della merce e la data di deposito della domanda di decreto ingiuntivo.
Il motivo è inammissibile per mancanza di decisività, sol che si consideri, da un lato, la statuizione contenuta nel decreto ingiuntivo in ordine alla decorrenza degli interessi « dalla notifica del decreto al dì del saldo » , dall’altro, come risulta riportato nello stesso decreto impugnato, che la domanda di ammissione allo stato passivo del 2/5/2017 si riferiva proprio al credito canonizzato nel decreto monitorio e non poteva essere in alcun modo mutata o emendata in sede di opposizione (cfr., per tutte, Cass. 32750/2022).
In mancanza di alcuna originaria domanda, in ogni caso il Tribunale non avrebbe potuto ammettere interessi maggiori di quelli richiesti.
Conclusivamente il ricorso è inammissibile.
Nulla è da statuire sulle spese, non avendo il Fallimento svolto alcuna attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1-quater, d.P.R. 30.5.2002 n. 115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 10 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME