Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10953 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10953 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15331-2024 proposto da:
CASSA RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE ED ASSISTENZA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME;
rappresentato e difeso dall’avvocato
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 688/2023 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 09/01/2024 R.G.N. 780/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
25/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Oggetto
Cassa
commercialisti
R.G.N.15331/2024
COGNOME
Rep.
Ud.25/03/2025
CC
Con sentenza n.688/23, la Corte d’appello di Venezia ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di COGNOME NOME volta a far accertare che la quota A del proprio trattamento pensionistico, calcolata secondo il metodo retributivo e maturata prima del 2007, non potesse essere incisa dal Regolamento della Cassa 14.7.2004 in violazione del principio del pro rata .
Secondo la Corte, per i trattamenti pensionistici maturati prima del 2007, vigeva l’art.3, co.12 l. n.335/95 nella formulazione originaria, antecedente alla novella dell’art.1, co.763 l. n.296/06, che ammetteva la legittimità dei provvedimenti della Cassa assunti prima dell’1.1.2007 finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo periodo.
Avverso la sentenza, la Cassa ricorre per due motivi, illustrati da memoria.
COGNOME NOME resiste con controricorso.
A seguito di richiesta di decisione presentata dalla Cassa nei confronti della proposta di definizione anticipata del presente giudizio, veniva fissata l’odierna adunanza camerale, nella quale il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, la Cassa deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, degli artt.1 e 3 comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, de ll’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296,
dell’ art. 1, comma 488, l. n.147/03, anche in relazione e combinato disposto all’art.10, co.1 del Regolamento di disciplina del regime previdenziale approvato con decreto ministeriale 14 luglio 2004, e degli artt.2, 3, 38 Cost., per avere la Corte ritenuto che vi fosse violazione del principio del pro rata in caso di applicazione del predetto Regolamento.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce nullità della sentenza per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo ex artt.156 e 360, co.1, n.4 c.p.c., poiché la Corte non aveva pronunciato sul motivo d’appello in cui la Cassa chiedeva che i redditi da prendere in considerazione per il calcolo retributivo decorressero a ritroso dal 2003, eppure aveva accolto tale prospettazione finendo però per rigettare il gravame in dispositivo.
Il primo motivo è inammissibile ex art.360-bis, n.1 c.p.c. alla luce del costante orientamento giurisprudenziale espresso da questa Corte sulla materia e non contenendo né il ricorso, né la memoria depositata in seguito alla richiesta di decisione, argomenti tali da determinare un mutamento di indirizzo.
In particolare, va qui ribadito quanto già espresso da questa Corte in varie pronunce in materia di prestazioni pensionistiche erogate dagli enti previdenziali privatizzati ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, ovvero che per i trattamenti maturati prima del 1° gennaio 2007 il parametro di riferimento è costituito dal regime originario dell’art. 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e non trovano applicazione le modifiche in peius per gli assicurati,
introdotte da atti e provvedimenti adottati dagli enti prima dell’attenuazione del principio del pro rata per effetto della riformulazione disposta dall’art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come interpretata dall’art. 1, comma 488, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Cass., Sez.Un., n.17742/2015, Cass.31454/2021, Cass.23577/2024, Cass. 2687/2025).
Il secondo motivo è infondato.
Non ricorre alcuna contraddizione insanabile tra motivazione e dispositivo: il motivo d’appello che si afferma non essere stato esaminato in sentenza, è invece stato implicitamente rigettato, poiché di esso si dà conto a p.4 della pronuncia, sicché il dispositivo di rigetto include tutti i motivi enunciati dalla sentenza e respinti.
Tale motivo d’appello, come riportato in ricorso, aveva ad oggetto l’omessa pronuncia da parte del tribunale sulla domanda formulata in via subordinata dalla Cassa. La sentenza d’appello, implicitamente rigettando tale motivo, ha quindi escluso che il tribunale non avesse motivato su tale domanda.
Al rigetto del ricorso non segue la condanna alle spese, essendo tardivo il deposito del controricorso, avvenuto in data 27.8.2024, mentre il ricorso fu notificato in data 28.6.2024.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, ai sensi dell’art.380 bis, ult. co., c.p.c. deve applicarsi l’art.96, co.4 c.p.c. contenendo l’art.380 bis, ult. co. c.p.c. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al
pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. Sez.Un. 27195 e 27433 del 2023, Cass.27947/2023).
Parte ricorrente va dunque condannata a pagare una somma equitativamente determinata in euro 2500 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente a pagare euro 2.500 in favore della Cassa delle Ammende; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, atteso il rigetto del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, all’adunanza camerale del