Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6440 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6440 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20097/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOMECODICE_FISCALE per procura speciale allegata al ricorso per cassazione; – ricorrente – contro
NOME COGNOMENOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (CODICE_FISCALE per procura speciale in calce al controricorso; domiciliata ex lege presso la cancelleria della Corte di cassazione;
REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI, in persona del procuratore speciale dr. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio delle Avv. NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE,
che la rappresentano e difendono per procura in calce al controricorso;
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore generale NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che li rappresenta e difende per procura allegata al controricorso;
– controricorrenti – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 1637/2022, depositata il 15/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/12/2024 dal dott. NOME COGNOME
MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. San Paolo RAGIONE_SOCIALE (quale successore del Banco di Napoli s.p.a., per il quale ricorre oggi la RAGIONE_SOCIALE) convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli, il notaio NOME COGNOME invocandone la responsabilità professionale per aver falsamente dichiarato, in occasione della stipula di due contratti di mutuo tra il Banco di Napoli e la società ‘RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che sugli immobili contestualmente ipotecati a garanzia del credito della banca non gravavano altre formalità pregiudizievoli, mentre invece erano stati oggetto di due precedenti ipoteche in favore del Credito Fondiario e Industriale (FONSPA).
Il notaio COGNOME costituendosi in giudizio, chiamò in causa i propri assicuratori RAGIONE_SOCIALE di Londra e Reale Mutua RAGIONE_SOCIALE.
Con una prima sentenza non definitiva, il Tribunale di Napoli rigettò l’eccezione di prescrizione del credito risarcitorio, avanzata dalla convenuta, rimettendo la causa sul ruolo, con onere per la cancelleria di acquisire i fascicoli d’ufficio delle procedure esecutive nelle quali il
Banco di Napoli aveva azionato i crediti maturati nei confronti della mutuataria. Con successiva sentenza n. 3127/2013, il giudice di primo grado, revocata in tale ultima parte l’ordinanza di rimessione sul ruolo e qualificata come extracontrattuale la responsabilità dedotta in giudizio dall’attrice, rigettò la domanda, ritenendo sfornita di adeguata dimostrazione la preesistenza delle due ipoteche suddette sui medesimi cespiti staggiti dal Banco di Napoli.
La Corte d’appello di Napoli confermò la sentenza di primo grado in ordine alla prescrizione; accertò l’inadempimento del notaio (risultando ‘provato per tabulas che le ipoteche concesse al Banco di Napoli sui piani seminterrato e rialzato dell’immobile (..) non erano di primo e secondo grado, come attestato dal notaio COGNOME, bensì di secondo e di terzo grado, essendo state precedute da altra ipoteca sui medesimi cespiti in favore del Credito Fondiario e Industriale -FONSPA’: pag. 12 della sentenza) ; rigettò, tuttavia, la domanda risarcitoria, ritenendo a sua volta non provato il pregiudizio, per non essere stato dimostrato ‘che il credito ipotecario del Banco di Napoli non trovato capienza nell’ambito della procedura esecutiva , per il suo intero ammontare o anche solo per una parte, a causa della precedenza vantata dal credito ipotecario della FONSPA che assorbito l’intero ricavato della vendita del piano seminterrato e del piano rialzato del fabbricato in questione (pagg. 12 e s. della sentenza). In particolare, affermarono i giudici di secondo grado che non era dato stabilire: ‘a) l’ammontare del credito ipotecario vantato dalla RAGIONE_SOCIALE sui due piani dell’edificio adibiti a ristorante; b) la superiorità o inferiorità di detto credito rispetto al ricavato della vendita del ristorante; c) la somma attribuita alla RAGIONE_SOCIALE in sede di riparto di detto ricavato; d) l’esistenza o meno di un residuo di cui l’appellante abbia potuto beneficiare e l’ammontare del credito della RAGIONE_SOCIALE al momento in cui detto riparto avuto luogo’ (pag. 13 della sentenza).
Ha proposto ricorso per cassazione la AMCO, sulla base di un unico motivo. NOME COGNOME, Reale Mutua Assicurazioni e i Lloyd’s di Londra hanno depositato controricorso. Tutte le parti hanno, inoltre, depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.
2. Con l’unico motivo di ricorso la AMCO deduce la violazione degli artt. 1218 e 1223 c.c., e 115 e 116 c.p.c. Secondo la ricorrente, contrariamente a quanto asserito dalla Corte d’appello di Napoli, la documentazione prodotta nei precedenti gradi del giudizio era ampiamente idonea a comprovare ‘ per tabulas sia l’esistenza ( i.e. la mancata restituzione delle somme erogate a titolo di mutuo) che l’entità del danno subito ( i.e. l’importo di € 267.997,79 pari al credito dell’allora Banco di Napoli S.p.A. oltre alle spese della procedura esecutiva immobiliare promossa innanzi al Tribunale di Napoli’ (pag. 31 del ricorso per cassazione).
3. Il ricorso è inammissibile.
In primo luogo, è necessario premettere che ‘ il principio di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 4 c.p.c. richiede per ogni motivo l’indicazione della rubrica, la puntuale esposizione delle ragioni per cui è proposto nonché l’illustrazione degli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della pronunzia ‘ (Cass., n. 17224/2020). Si legge, al riguardo, nella motivazione di Cass., n. 4914/2022: ‘parte ricorrente non indica sotto quale profilo sarebbero state violate, dalla sentenza impugnata, le norme indicate nell’intestazione, in spregio alla prescrizione di specificità dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che esige che il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, debba essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle disposizioni asseritamente violate, ma anche con specifiche argomentazioni intese a dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbano
intendersi in contrasto con le disposizioni regolatrici della fattispecie astratta o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla prevalente giurisprudenza di legittimità’ .
Nel caso di specie, la ricorrente, dopo avere testualmente riportato (da pag. 21 a pag. 24) un ampio stralcio della sentenza impugnata, si limita ad affermare genericamente che ‘tale argomentazione è in palese violazione degli articoli 1218, 1223 e seguenti del codice civile e 115 e 116 del codice di procedura civile, nonché con il costante orientamento di questa eccellentissima Suprema Corte di cassazione (..)’ (pag. 25 del ricorso per cassazione). Segue, poi, un richiamo di principi giurisprudenziali (in tema di onere della prova, distinzione tra danno emergente e lucro cessante, disponibilità delle prove, liquidazione equitativa del danno) che si mantiene, però, su un piano di astrattezza, non venendo raccordato a censure di cui sia possibile la specifica ascrizione all’una o all’altra delle disposizioni asseritamente violate.
La critica della sentenza impugnata si riduce, in ultima analisi, alla contrapposizione, alla statuizione circa la mancata dimostrazione del danno , dell’assunto che invece, alla stregua dei documenti prodotti, il danno fosse stato provato. Tuttavia, premesso che ‘ una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione ‘ (Cass., n. 6774/2022; Cass., n. 1229/2019) , nella sentenza di merito la Corte d’appello aveva puntualmente esplicitato i profili della riscontrata carenza probatoria, facendo riferimento -segnatamente -alla mancata produzione di una copia
del piano di riparto della procedura esecutiva (che avrebbe consentito di verificare se il ricavato dalla vendita coattiva dell’immobile era stato interamente incamerato dal creditore ipotecario poziore); all’impossibilità di desumere l’ammontare del credito di FONSPA dall’atto di pignoramento notificato il 10/3/1995 ; all’impossibilità di distinguere (neppure in base alla perizia di stima) i valori dei singoli piani del fabbricato staggito (uno dei quali ipotecato dalla sola FONSPA), che era stato aggiudicato in un unico lotto. Ebbene, il ricorso per cassazione, lungi dal misurarsi con tali specifiche considerazioni, si limita (a pag. 20 e s.) ad elencare gli atti -depositati ‘nel corso dei precedenti gradi di giudizio’ (pag. 19) -che, a suo dire, proverebbero il danno patito. Di tali atti, però, non viene riportato (neppure in parte) il contenuto né viene indicata la specifica collocazione nel fascicolo di parte dei due gradi di merito; neppure viene spiegato in che modo le relative risultanze sarebbero idonee a riempire le ‘lacune’ valorizzate, invece, dalla Corte d’appello per giungere alle conclusioni già rammentate. Vengono, allora, in rilievo i principi più volte affermati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ‘ in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità ‘ (Cass., S.U., n. 34469/2019, seguita da Cass., n. 18695/2021 nonché, ancor più di recente, Cass., n. 30087/2024). Anche alla stregua dell’orientamento meno formalistico di recente abbracciato da
questa Corte (alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021), se è vero che il requisito di specificità dei motivi, di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., ‘ non può (..) tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso ‘ , è pur sempre necessario che ‘ nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito ‘ (Cass., S.U., n. 8950/2022; si veda anche Cass., n. 12481/2022, alla cui stregua ‘ il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ex art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c., è compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, qualora, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, dovendosi, di conseguenza, ritenere rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati (..) ‘.
4. In conclusione, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in € 7.200,00 (di cui € 200,00 per esborsi) per ciascun controricorrente, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza sezione