Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27715 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 27715  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12366-2021 proposto da:
NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  Ministro  pro tempore,  rappresentato  e  difeso  ope  legis  dall’RAGIONE_SOCIALE;
– controricorrente –
avverso  la  sentenza  n.  52/2021  della  CORTE  D’APPELLO  di PERUGIA, depositata il 23/03/2021 R.G.N. 290/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/04/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il RAGIONE_SOCIALE della Giustizia proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale gli era stato ingiunto di pagare
Oggetto
PUBBLICO IMPIEGO
RISARCIMENTO
DANNO
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 16/04/2025
CC
all’odierna ricorrente, collaboratrice senza soluzione di continuità  della  casa  di  reclusione  di  Orvieto,  in  qualità  di infermiera, una somma a titolo di risarcimento del danno per l’illegittima sospensione e poi disdetta anticipata del contratto di collaborazione della durata annuale, a seguito di accertamento  da  parte  del  TAR  del  difetto  del  titolo  per l’es ercizio della professione infermieristica in Italia.
Le parti sottoscrivevano in data 8/1/2008 un verbale di conciliazione con il quale l’amministrazione accoglieva le istanze della lavoratrice, concordando sul ripristino del rapporto e sulla corresponsione degli emolumenti non erogati durante la sospensione. Di tale verbale veniva dichiarata la validità in un precedente giudizio e non essendo la sentenza mai stata impugnata, acquistava autorità di giudicato. La lavoratrice, in forza di detta pronuncia, non essendo mai stata reintegrata nelle sue funzioni, con ricorso per decreto ingiuntivo chiedeva il pagamento non solo degli emolumenti relativi al periodo di sospensione (16/8/2007-31/12/2007), ma anche di quelli relativi all’anno successivo che le sarebbero spettati se il rapporto fosse stato ripristinato. Il RAGIONE_SOCIALE proponeva, pertanto, opposizione dichiarando che il periodo di valenza dell’accordo era limitato alla durata di un anno (2007) e, nelle more del giudizio di primo grado, pagava solo i compensi relativi a tale arco temporale.
Il  Tribunale  respingeva  l’opposizione e  preso  atto  del pagamento parziale in corso di causa disponeva la condanna del RAGIONE_SOCIALE della Giustizia al pagamento delle ulteriori somme richiesto in sede monitoria.
La Corte di Appello di Perugia accoglieva il gravame proposto dal  RAGIONE_SOCIALE dichiarando  infondata  l’eccezione  di  giudicato, ritenendo  la  questione  del  ripristino  del  rapporto  per  l’anno
seguente non compresa nel thema decidendum del precedente giudizio in cui era stato ritenuto valido il verbale di conciliazione, considerato che l’infermiere pur senza titolo di specializzazione può svolgere l’incarico di infermiere generico fino alla cessazione del contratto; in particolare, la Corte distrettuale escludeva che il giudizio avente ad oggetto la nullità della conciliazione ricomprendesse la questione del rinnovo per il 2008 del rapporto di lavoro; nel merito, escludeva la possibilità di ritenere contemplata la rinnovazione tacita dell’accordo per l’anno successivo, dovendosi considerare la disdetta come un modo non per impedire la rinnovazione, ma per determinare una risoluzione anteriore alla naturale scadenza (annuale) del rapporto.
In altri termini, ad avviso della Corte distrettuale, il contratto scadeva inevitabilmente al 31/12/2007 in quanto la disdetta ivi prevista non era da ritenersi funzionale alla rinnovazione tacita da escludersi comunque, non avendo la lavoratrice la qualifica specialistica, ma il titolo di infermiera generica idoneo per ultimare il contratto del 2007 ma non a consentirne il rinnovo tacito (vedi pagina 11 della sentenza impugnata) per il 2008, relativamente al quale non era stato stipulato apposito contratto. La Corte citava al riguardo l’articolo 18 del C.C.N.L. del 1999, secondo cui gli infermieri generici possono continuare a svolgere le mansioni corrispondenti fino alla conclusione del rapporto, cessato il quale non è più possibile stipulare nuovi contratti di lavoro perché detta qualifica è ad esaurimento, sicché scaduto il contratto in data 31 dicembre 2007 era venuta meno la possibilità di impiegare legittimamente la lavoratrice. Pertanto, la Corte riconosceva i compensi solo fino al 31 dicembre 2007, compensando per la metà delle spese e ponendo la restante metà carico della lavoratrice.
Avverso  tale  sentenza  la  lavoratrice  proponeva  ricorso  per cassazione assistito da tre motivi cui resisteva con controricorso l’amministrazione.
La ricorrente depositava, altresì, memoria.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con  il primo  motivo  si  deduce  la violazione e falsa applicazione  dell’ articolo  2909 , c.c. ai  sensi  dell’art.  360, comma 1, nn. 4 e 5 c.p.c..
Ad avviso della ricorrente la Corte di appello avrebbe errato nel ritenere infondata l’eccezione di giudicato sollevata dalla ricorrente,  in  quanto  la  sentenza  della  Corte  di  appello  di Bologna passata in giudicato avrebbe dato diritto all’esponente a percepire gli emolumenti e gli stipendi per l’attività lavorativa non solo relativa all’anno 2007, ma anche indiscutibilmente a quelli dell’anno 2008.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Al riguardo, va premesso che il ricorso in cassazione deve conformarsi al principio di autosufficienza, ex art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c., che deve ritenersi rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali (Sez. 1 – , Sentenza n. 12481 del 19/04/2022) ed ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o eventualmente ritenuta pacifica (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10761 del 04/04/202).
Va, inoltre, precisato (Sez. Un., Ordinanza  n.  8950  del 18/03/2022) che l’anzidetto principio anche alla luce dei principi
contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito.
1.2. Ciò premesso, la censura non contiene alcun riferimento alla  sentenza  della  Corte  di  appello  di  Bologna  avente  ad oggetto la validità dell’accordo conciliativo.
La ricorrente, infatti, non trascrive la predetta sentenza posta a fondamento della censura, trascrivendo, invece, stralci della sentenza del Tribunale di Orvieto, poi impugnata dinanzi alla C orte d’appello di  Perugia e decisa con sentenza a sua volta cassata dalla Corte di cassazione.
E’ , altresì, da rilevarsi che la sentenza della Corte di appello di Bologna, resa in sede di rinvio dalla Corte di cassazione, non risulta  depositata  unitamente  al  ricorso  per  cassazione  né  la parte fornisce puntuali indicazioni circa la sua attuale collocazione.
 Con  il  secondo  motivo  si  denuncia  la  violazione  e  falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c..
In particolare, la ricorrente si duole di un’errata interpretazione del verbale di conciliazione per violazione dei canoni  di ermeneutica contrattuale o per vizio di motivazione.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Richiamando i principi esposti in ordine alla prima censura in materia  di  autosufficienza  del  ricorso  è  da  rilevarsi  che  nel
motivo  non  risulta  trascritto  l’accordo  conciliativo  di  cui  si eccepisce  l’errata  interpretazione , né  ruisulta trascritta la disdetta, di cui sostiene la inefficacia per l’assenza di motivazione. Tale profilo è dirimente in termini di inammissibilità.
Con il terzo ed ultimo motivo si deduce la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. rilevando che la condanna della odierna ricorrente al 50% delle spese  sarebbe  erronea  in  quanto  violativa  del  principio  della soccombenza non potendosi condannare la parte che sia pure in parte sia risultata vittoriosa.
3.1. Il motivo è fondato.
È sufficiente rilevare al riguardo come l’odierna ricorrente sia risultata parzialmente vittoriosa in ordine agli emolumenti per l’attività lavorativa svolta relativamente all’anno 2007, per cui la sentenza impugnata ha errato nel disporre la condanna della dipendente al pagamento sia pure al 50% delle spese di primo grado, pur essendo la stessa risultata, si ripete, parzialmente vittoriosa in quella sede, a fronte di un’iniziativa processuale resasi indispensabile per ottenere il pagamento delle proprie spettanze risalenti all’anno 2007.
In  conclusione,  va  accolto  il  terzo  motivo  di  ricorso  con compensazione integrale delle spese dell’intero giudizio, attes o il parziale accoglimento della domanda sia nei gradi di merito che in quello di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità dei motivi primo e secondo. Accoglie  il  terzo  motivo  e  cassa  la  sentenza  impugnata  in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito compensa le
spese del primo e del secondo grado del giudizio. Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione Civile, il 16 aprile 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME