Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1427 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1427 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30140/2019 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME , domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE e con elezione di domicilio telematico, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-controricorrente – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ANCONA n. 303/2019 depositata il 05/03/2019.
Oggetto: Proprietà –
Distanze
R.G.N. 30140/2019
Ad. 28/11/2023 CC
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 28/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 5 marzo 2019, la Corte d’appello di Ancona, nella regolare costituzione dell’appellata C.V.R. DI RAGIONE_SOCIALE ha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno n. 191/2014, depositata il 3 marzo 2014.
Il Tribunale di Ascoli Piceno, a propria volta, si era pronunciato sulle domande formulate in due procedimenti successivamente riuniti.
Il primo giudizio era stato promosso da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali, dopo avere premesso di essere proprietari di un edificio adibito a civile abitazione in San Benedetto del Tronto, INDIRIZZO avevano lamentato che la C.V.R. DI RAGIONE_SOCIALE avesse realizzato un fabbricato a distanza inferiore a quella di legge ed avevano quindi chiesto la condanna della convenuta sia alla demolizione della parte di fabbricato realizzata in violazione delle distanze sia al risarcimento dei danni.
Il secondo giudizio era stato invece promosso dalla C.RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva chiesto la condanna dei medesimi NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME alla chiusura di alcune finestre poste in locali sottostanti una scala di accesso del loro fabbricato – in quanto poste a distanza dal confine inferiore a quella legale -nonché all’arretramento di alcune opere e manufatti, assumendo che anche questi ultimi venivano a violare la distanza legale.
Il Tribunale di Ascoli Piceno, riuniti i procedimenti e svolta attività istruttoria con espletamento di CTU, aveva disatteso entrambe le domande, compensando le spese di lite.
Nel decidere il gravame proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME la Corte d’appello di Ancona ha, in primo luogo, richiamato la ricostruzione dello stato dei luoghi che risultava dalla consulenza tecnica, rilevando che ‘la parete finestrata da cui gli allora attori lamentavano la violazione delle distanze, è costituita da un corpo scala utilizzato per locali di servizio distante dal confine circa mt 3,904 mentre la distanza del capannone della convenuta dal confine è di mt 5,684’ .
La Corte, poi, ha sottolineato che il disposto di cui all’art. 9, D.M. 1444/1968, nello stabilire che la distanza tra edifici non può essere inferiore a quella del fronte dell’edificio da costruire, viene a riferirsi alla distanza fra fabbricati e non alla distanza dal confine.
La Corte ha ulteriormente richiamato il principio della prevenzione e, richiamando precedenti di questa Corte, ha concluso che, avendo gli appellanti realizzato una parete finestrata a meno di cinque metri dal confine, non poteva comunque trovare applicazione il disposto di cui all’art. 873 c.c.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Ancona ricorrono ora NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Resiste con controricorso C.V.R. RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’unico motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione ed erronea applicazione degli artt. 9, D.M.
1444/1968 nonché 872, 873, 874, 875 e 877 c.c. e, ulteriormente ‘erronea valutazione delle emergenze istruttorie’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che:
-l’edificio dei ricorrenti medesimi, in quanto realizzato in epoca anteriore al 1940 deve ritenersi sottratto alla stessa applicazione dell’art. 873 c.c.;
-ulteriormente, la decisione impugnata avrebbe erroneamente applicato il principio di prevenzione, trascurando che la decisione di prime cure del Tribunale di San Benedetto del Tronto aveva accertato l’intervenuto acquisto per usucapione da parte dei ricorrenti del diritto di mantenere il proprio edificio a distanza inferiore a mt. 5 dal confine;
-per contro, l’edificio della controricorrente, in quanto realizzato nel 1998 era tenuto al rispetto non solo delle previsioni codicistiche e dell’art. 9, D.M. 1444/1968, ma anche alle prescrizioni di cui all’art. 25, delle NTA del PRG del comune di San Benedetto del Tronto;
-tale violazione risulterebbe accertata anche dal CTU.
Alla luce di tali premesse, il ricorso impugna la decisione della Corte d’appello di Ancona, argomentando che la stessa erroneamente avrebbe richiamato il principio di prevenzione e, con la propria decisione, si sarebbe posta in contrasto con le risultanze della CTU, in tal modo incorrendo nella violazione degli artt. 9, D.M. 1444/1968 nonché 872, 873, 874, 875 e 877 c.c.
2. Il motivo è fondato.
La decisione della Corte d’appello, infatti, nel ritenere applicabile alla fattispecie concreta il principio di prevenzione ha omesso di valutare il vincolo di giudicato interno scaturito dalla decisione del Tribunale di San Benedetto del Tronto n. 191/2014, la quale aveva
ritenuto fondata l’eccezione sollevata dagli odierni ricorrenti circa l’intervenuto acquisto per usucapione del diritto di mantenere il proprio edificio a distanza inferiore a mt. 5 dal confine (il ricorso a pag. 7 evidenzia la cristallizzazione del diritto, costituendo ‘ res judicata ‘).
Tale accertamento, non impugnato in sede di gravame e quindi coperto da giudicato interno, comporta, tuttavia, l’inapplicabilità del principio di prevenzione, avendo questa Corte stabilito che qualora una delle aree limitrofe sia già edificata e risulti consolidato il diritto a tenere la costruzione verso il fondo aperto del vicino ad una distanza inferiore a quella legale sulla base di un titolo valido, legale o negoziale -il quale può essere costituito dalla preesistente disciplina delle distanze, da una convenzione, dall’ usucapione di un diritto di servitù di tale contenuto – la nuova fabbrica che si intenda costruire sull’area ancora libera incontra, con il divieto della costruzione in aderenza, anche l’obbligo di un ulteriore arretramento idoneo al rispetto della maggiore distanza tra i due edifici (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 299 del 30/01/1973; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3530 del 26/05/1986).
La Corte d’appello si è quindi discostata dal principio enunciato da questa Corte, applicando il principio di prevenzione in una ipotesi in cui lo stesso non poteva essere evocato.
Il ricorso va pertanto accolto e la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, la quale, oltre a provvedere ad una nuova valutazione del gravame che tenga conto del principio poc’anzi richiamato , provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione
Così deciso in Roma, nell ‘adunanza camerale in data 28 novembre