Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21146 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21146 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15514/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in LECCE INDIRIZZO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO LECCE n. 338/2021 depositata il 22/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Lecce, con sentenza n. 338 del 2021, pronunziata nel contraddittorio fra l’appellante NOME COGNOME e l’appellata RAGIONE_SOCIALE proprietari di fondi confinanti, ha
riformato la decisione di primo grado, ordinando alla RAGIONE_SOCIALE, su domanda di COGNOME COGNOME, l’arretramento di un fabbricato realizzato in prossimità del confine, in quanto posto a distanza minore di quella prescritta rispetto a due preesistenti costruzioni poste nel fondo proprietà dell’attore, riconosciuto dalla Corte d’appello come primo costruttore (il Tribunale della stessa città aveva rigettato la domanda, assumendo che le due costruzioni di epoca risalente, non potevano essere considerate ai fini del computo delle distanze, essendo sprovviste delle necessarie autorizzazioni).
Per la cassazione della decisone, la Arkag ha proposto ricorso, affidato a un unico motivo, illustrato da memoria.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
In data 11 luglio 2025, dopo la definizione della causa, è stata depositata, da parte della ricorrente ARKAG, rinunzia al ricorso per cassazione, accettata dagli eredi del controricorrente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In primo luogo, rileva il collegio che non si può tenere conto della rinunzia al ricorso per cassazione depositata dalla ricorrente, in quanto intervenuta dopo la trattazione e la definizione della causa all’udienza in camera di consiglio tenutasi il 25 giugno 2025 (cfr. Cass., S.U., n. 19514/2008).
Il primo motivo, dedotto quale violazione di legge in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., pone due questioni: la Corte d’appello ha riconosciuto che le due casupole, poste nel fondo dell’attore, preesistevano alla nuova costruzione realizzata nella proprietà dell’attuale ricorrente, giustificando tale convincimento tramite il richiamo alla relazione peritale. In questo modo la Corte d’appello non ha tenuto conto che la consulenza non costituisce
prova idonea, «poiché le argomentazioni di carattere tecnico devono a loro volta essere sottoposte al vaglio rigoroso del riscontro probatorio». Secondo il ricorrente, «non può che rimarcarsi l’innegabile circostanza che, allo stato, non è dato conoscere con certezza il periodo di storico di edificazione delle piccole costruzioni»; b) la Corte d’appello avrebbe dovuto considerare che i due manufatti, posti nella proprietà del Greco, erano abusivi, non potendo pertanto costituire il parametro in base al quale verificare il rispetto delle distanze da parte del vicino. Si assume che chi versa in una situazione di illiceità non ha il diritto di pretendere l’arretramento del fabbricato, non esse ndo operanti, in una tale ipotesi, i diritti derivanti dalla qualità di preveniente.
Il motivo è infondato. Il principio della prevenzione consiste nella facoltà attribuita al primo costruttore di costruire sul confine od a distanza legale od inferiore alla legale del confine, determinando con ciò in concreto la distanza dalla sua costruzione che il secondo costruttore deve osservare (Cass. n. 7754/1992).
La prevenzione, come condizionamento delle successive iniziative edilizie del vicino e come pretesa – nei confronti di questo all’osservanza di un distacco pari al minimo legale, si determina e si radica in favore del primo costruttore per il fatto stesso della costruzione realizzata, o anche intrapresa, priore tempore . Soltanto tale fatto deve essere comprovato in giudizio, come costitutivo di una consimile pretesa (Cass. n. 1141/1979). È indubbio che incombe a colui che chieda l’arretramento del fabbricato altrui, sul presupposto della preesistenza della propria costruzione, l’onere di fornire la prova positiva di avere costruito per primo (Cass. n. 21173/2019; n. 144/2016).
Fermo quanto appena detto, deve tuttavia considerarsi che, anche in tale materia, il principio dell’onere della prova coesiste con il principio dell’acquisizione processuale, il quale consente al giudice di fondare il proprio convincimento sugli elementi di prova raccolti, indipendentemente dalla loro provenienza dall’una o dall’altra parte. Il principio importa che, in una controversia in materia di distanze fra costruzioni, il giudice di merito può utilizzare i risultati di una consulenza tecnica per stabilire chi, fra i due costruttori, sia il preveniente, senza che tale utilizzazione contrasti con il principio secondo cui incombe a colui che chieda l’arretramento del fabbricato altrui l’onere di fornire la prova positiva di avere costruito per primo (Cass. n. 21173/2019; n. 144/2016; 6058/1982). È stato chiarito che, attesa l’esistenza, nel vigente ordinamento, del principio del libero convincimento (Cass. n. 5342/2000), il giudice di merito, fornendo adeguata motivazione, può porre a fondamento della propria decisione persino una perizia stragiudiziale, anche se contestata dalla controparte (Cass. n. 26550/2011). D’altra parte, l’onere di colui che chieda l’arretramento del fabbricato altrui, sul presupposto della preesistenza della propria costruzione, di fornire la prova positiva di avere costruito per primo, non esclude che la priorità possa risultare dallo stato dei luoghi e delle cose (Cass. n. 6058/1982).
Ora, la Corte d’appello ha richiamato le considerazioni del consulente tecnico d’ufficio, nella parte in cui l’espert o aveva riconosciuto la preesistenza dei fabbricati dell’attore, rispetto a quella della convenuta, considerando il loro stato manutentivo. In relazione a ciò ha concluso che ‘appare del tutto probabile (se non
ovvio) che le due costruzioni dell’attore siano antecedenti a quelle della convenuta’.
In questo senso la sentenza impugnata, nella parte in cui ha fondato il proprio convincimento sulla descrizione oggettiva ricavabile dalla consulenza tecnica, non incorre in alcuna violazione di norme o di principi. La ricorrente censura la decisione, ma non deduce minimamente che vi erano elementi, non considerati dalla Corte di merito, i quali comprovavano che l’attore non fosse il preveniente, ma il prevenuto.
È infondata anche l’ulteriore censura: il principio della prevenzione opera anche nel caso in cui la costruzione preveniente sia stata realizzata senza la prescritta concessione edilizia (Cass. n. 4208/1987).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del controricorrente, liquidate in € 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 e agli accessori di legge; sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda