Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9116 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9116 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/04/2025
sul ricorso 521/2021 proposto da:
COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di BARI n. 744/2020 depositata il 20/05/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/2/2025 dal Presidente Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Bari, con la sentenza che si riporta in epigrafe, in riforma dell’impugnata decisione di primo grado, ha respinto l’opposizione dei Ripa Montesano-Greco avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dalla Deutsche Bank s.p.a. a fronte del maturato scoperto di conto sull’assunto che, essendosi gli opponenti difesi nell’impugnare l’ingiunzione solo in punto alla legittimità del recesso esercitato dalla banca, l’azionata pretesa doveva ritenersi, come opposto dall’ingiungente, incontestata a mente dell’art. 115 cod. proc. civ., vero infatti che «contrariamente a quanto asserito nella comparsa di costituzione in appello, gli opponenti non hanno mai contestato l’an ed il quantum del saldo posto a base del decreto ingiuntivo, né il contratto o le sue clausole, ed è solo rispetto ai fatti introdotti come eccezione che può misurarsi l’onere probatorio che grava sull’attore».
Il mezzo odiernamente azionato dai soccombenti si vale di tre motivi, seguiti da memoria ed avversariamente resistiti dall’intimata solo con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il primo motivo di ricorso -con cui si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo perché la Corte di appello avrebbe accolto il proposto atto di gravame sul presupposto che la pretesa non era stata fatta oggetto di contestazione, quantunque dal verbale di udienza, tenutasi avanti al primo giudice in data 4.5.2011, constasse la dichiarazione «che il credito della Deutsche Bank va comunque rideterminato nel quantum, in particolare per quanto concerne il computo degli interessi» -è inammissibile per estraneità del rilievo denunciato al parametro normativo enunciato, giacché non si tratta di un fatto, nel senso precisato da SS.UU 8053 e 8054/2014, ma di una mera dichiarazione a verbale liberamente apprezzabile dal
giudice in quanto rappresentativa del comportamento processuale della parte, sì che il mancato esame di essa non è sindacabile in questa sede e non vizia dunque la decisione. Né, per vero, è in contrario dirimente che la circostanza rimessa a verbale possa essere stata trasfusa in una delle memorie di cui all’art. 183 cod. proc. civ. in allora vigente, dato che l’allegazione è del tutto sfornita di autosufficienza non precisandosi dove, come e quando la circostanza di che trattasi sia stata rappresentata.
3. Il secondo motivo di ricorso -con cui si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. perché la Corte di appello non avrebbe potuto ritenere incontestato il fatto rappresentato dal credito in quanto la mera certificazione ex art. 50 TUB non dispensa l’attore dal dare prova nel susseguente giudizio di opposizione del proprio credito, tanto più non essendo il credito un fatto, ma un diritto -è infondato e va pertanto rigettato.
Come è noto “il principio di non contestazione” si applica ai soli fatti costitutivi, modificativi od estintivi del diritto azionato e la relevatio ab onere probandi che la sua applicazione comporta a beneficio della parte, che sarebbe ordinariamente tenuta ad assolvere l’onere probatorio su di essa incombente in base alle regole dell’art. 2697 cod. civ., opera quindi nei limiti dell’attività di allegazione probatoria che si impone a chi è onerato di dare prova di quanto da lui stesso dedotto. Ora, nel caso che ne occupa, la banca nella sua veste di creditore era tenuta, secondo le regole a suo tempo fissate da SS.UU. 13533/2001, a provare unicamente la fonte legale e negoziale del proprio diritto ovvero il fatto costitutivo del credito azionato rappresentato dalla posizione a debito del soggetto convenuto. Di conseguenza, se di fronte alla documentazione prodotta in sede di ricorso monitorio -in pratica alla certificazione di estratto conto dell’art. 50 TUB, attestante la detta posizione a debito
-la controparte convenuta in adempimento non sollevi contestazioni (Cass., Sez. III, 3/05/2011, n. 9695), tanto basta a ritenere provato il credito ed il creditore non è pertanto tenuto ad integrare la prova cosi risultante in quanto il fatto costitutivo del proprio diritto rappresentato dalla posizione a debito del convenuto non è stato contestato da costui e non necessita perciò di una prova ulteriore applicandosi appunto il principio di non contestazione.
Dunque nessun rilievo può muoversi alla decisione impugnata se abbia inteso regolare la vicenda al suo esame appunto in applicazione del principio di che trattasi.
Il terzo motivo di ricorso -con cui si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. perché la Corte di appello non avrebbe potuto ritenere incontestato il fatto rappresentato dal credito nei confronti del fideiussore in quanto costui era estraneo al rapporto obbligatorio e perché, malgrado, tale profilo fosse stato sottoposto al decidente del grado, nulla questo ha ritenuto di dover affermare al riguardo -è, prim’ancora che infondato in quanto il fideiussore è parte del processo ed il principio di non contestazione trova applicazione appunto nel processo, inammissibile sotto un duplice profilo: da un lato, esso postula un allegazione in punto di fatto (estraneità del fideiussore alla vicenda debitoria) che non consta abbia costituito oggetto di tempestiva deduzione e di successivo confronto processuale, dall’altro, laddove assume che la Corte di appello avrebbe ignorato il rilievo, non si avvede, al contrario, che la Corte di appello, del rilievo, si è data espressamente cura disattendendolo con il visto argomento che ne giustifica la pure qui rilevata infondatezza.
Il ricorso va dunque respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico dei ricorrenti del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in favore di parte resistente in euro 3200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 28 febbraio 2025.
Il Presidente Dott. NOME COGNOME