Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3999 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 3999  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 27694 anno 2020 proposto da: RAGIONE_SOCIALE  rappresentata  e  difesa  congiuntamente dall’avvocato  NOME  COGNOME  e  dall’avvocato  NOME  COGNOME giusta  mandato  in  calce  al  ricorso  e  con  gli  stessi  elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata  e  difesa  dall’Avvocatura  Generale  dello  Stato  ed  ivi domiciliata in INDIRIZZO;
controricorrente
avverso  la  sentenza  della  Corte  di  appello  di  Lecce  n.  1318/2019 pubblicata il 05/02/2020 non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione RAGIONE_SOCIALE proponeva dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE opposizione all’atto di ingiunzione del 15/3/2011 emesso ai sensi del R.D. n. 639 del 14/04/1910 e successive modif, con cui l’autorità portuale di RAGIONE_SOCIALE le aveva intimato, nella sua qualità di agente raccomandatario marittimo rappresentante fiscale della RAGIONE_SOCIALE, il pagamento della somma di euro 301.414,36 a titolo di riscossione delle tariffe dovute e non corrisposte per la fornitura dei servizi portuali ad uso indivisibile e indifferenziato eseguita in favore dei passeggeri e dei mezzi in transito nel porto di RAGIONE_SOCIALE.
Con l’opposizione si eccepiva la carenza in capo all’RAGIONE_SOCIALE portuale RAGIONE_SOCIALE della capacità impositiva e del potere di emanare le ordinanze di determinazione delle tariffe; l’erronea applicazione dell’articolo 13 della legge n. 84/1994; l’inammissibilità del ricorso alla procedura disciplinata dal R.D. n. 639/1910, prevista solo per la riscossione dei tributi, ma non per lo svolgimento di servizi di interesse generale; la genericità ed incompletezza delle fatture poste a base dell’ingiunzione.
RAGIONE_SOCIALE chiedeva, inoltre, in via riconvenzionale, la ripetizione dell’indebito pagamento della somma complessiva di euro 801.201,38 corrisposta all’autorità portuale  a  titolo  di  tariffe  passeggeri,  auto  e  TIR  per  lo svolgimento di servizi di interesse generale.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE accoglieva parzialmente l’opposizione e annullava l’ingiunzione limitatamente all’importo eccedente la somma di euro 52.658,86, ritenendo incompleta la prova del credito, rigettando la domanda riconvenzionale e
compensando le spese processuali.
Avverso detta sentenza proponeva  appello l’RAGIONE_SOCIALE, già autorità portuale di RAGIONE_SOCIALE. In particolare, veniva contestata l’erroneità  della  sentenza  di  primo  grado,  nella  parte  in  cui aveva  accolto  parzialmente  l’opposizione,  ritenendo  assolto solo in parte l’onere probatorio gravante sull’RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di appello di Lecce accoglieva il gravame e per l’effetto rigettava l’opposizione all’ordinanza ingiunzione emessa, ritenendo che ‘l’omessa produzione integrale delle fatture è stata erroneamente interpretata dal primo giudice come mancanza di prova (di una parte) del diritto ad ottenere il pagamento delle somme di cui all’ingiunzione; è evidente, per contro, che il credito non sorga dalla fatturazione, la quale dello stesso credito costituisce mero indizio; l’obbligazione tributaria, per la sua stessa natura, sorge per il mero fatto del transito e prescinde dalla qualità dei servizi generali effettivamente erogati.
I dati del traffico di passeggeri e mezzi utilizzati dall’autorità portuale per quantificare l’ingiunzione non sono stati contestati né smentiti da RAGIONE_SOCIALE e dunque devono ritenersi idonei e sufficienti ex art. 115 c.p.c. in combinazione con le tariffe imposte dall’ordinanza numero 4/2009 ad esprimere un giudizio di correttezza quantitativa della pretesa tributaria, calcolata mediante la mera operazione matematica di moltiplicazione delle tariffe per il numero di passeggeri e mezzi in transito ‘ .
La sentenza veniva impugnata dalla società RAGIONE_SOCIALE,  con  ricorso  per  cassazione,  affidato  a  due motivi, cui ha resistito con controricorso l’ RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE  del RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE  che  ha,  altresì, depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c..
La  ricorrente  contesta  il  mancato  assolvimento  da  parte dell ‘Amministrazione dell’ onere su di lei incombente di provare il credito e l’esatto ammontare dello stesso, avendo omesso di produrre fatture e dati del traffico.
Con il secondo motivo si eccepisce la violazione degli artt. 552 e 598 cod. nav. i n relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.. La sentenza sarebbe errata per non avere la Corte territoriale dichiarato  la  decadenza  dell’autorità  portuale  dal  vantato diritto privilegiato che solo per tale motivo consente l’applicazione  in  capo  all’agente  marittimo  del  vincolo  di solidarietà  con  l’armatore  straniero  per  le  spese  portuali assunte suo tramite per le navi rappresentate.
Ad avviso della società ricorrente, trattandosi di questioni di decadenza della parte dal diritto che intenderebbe far valere, la  stessa,  costituendo  un’eccezione  di  natura  processuale, sarebbe  rilevabile anche  d’ufficio,  essendo  sottratta  alla disponibilità delle parti.
Il primo motivo è inammissibile.
Orbene, il ricorso per cassazione deve contenere, invero, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede  la  cassazione  della  sentenza  impugnata,  aventi  i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione  impugnata  (Cass.,  25/02/2004,  n.  3741;  Cass., 23/03/2005, n. 6219; Cass., 17/07/2007, n. 15952; Cass., 19/08/2009,  n.  18421;  Cass.  24/02/2020,  n.  4905).  In
particolare, è necessario che venga contestata specificamente, a pena di inammissibilità, la «ratio decidendi» posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass., 10/08/2017, n. 19989).
Nel caso di specie, il motivo non si confronta con la ratio decidendi del giudice di merito che ha ritenuto assolto l’onere della prova sulla scorta del principio di non contestazione. Tale profilo motivatorio non viene specificamente aggredito dalla censura che si limita a contestare che l’amministrazione non ha provveduto a depositare le fatture comprovanti l’effettuazione delle prestazioni richieste in sede ingiuntiva. Su tale punto la sentenza impugnata ritiene, da un lato, non rilevanti a livello probatorio le fatture e, dall’altro , provati i dati del traffico passegger i e mezzi utilizzati per l’emissione dell’ingiunzione in quanto mai contestati, avendo limitato le proprie difese alla inadeguatezza dei servizi di interesse generale di cui all’art. 6, comma 1, lett. b) e c) della legge n. 84/94 non avendo mai riguardato ‘i dati relativi al traffico dei passeggeri e dei veicoli, sulla base dei quali andavano calcolate le somme dovute’.
Anche il secondo motivo è inammissibile.
Tale eccezione non risulta essere mai stata dedotta in sede di merito e segnatamente nel giudizio di primo grado; pertanto, la questione della violazione delle norme indicate non è mai stata  fatta  oggetto  di  discussione  in  sede  di  merito,  non risultando  né  nella  sentenza  di  primo  grado,  né  in  quella impugnata.
Al  riguardo,  va  premesso  che  il  ricorso  in  cassazione  deve conformarsi al principio di autosufficienza, ex art. 366, comma 1,  n.  6),  c.p.c.,  che  deve  ritenersi  rispettato  ogni  qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il
ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali (Sez. 1 – , Sentenza n. 12481 del 19/04/2022 (Rv. 664738 – 01) ed ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o eventualmente ritenuta pacifica Sez. 6 -3, Ordinanza n. 10761 del 04/04/2022 (Rv. 664645 – 01).
Va inoltre precisato (Sez. Un, n. 8950 del 18/03/2022) che l’anzidetto principio anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito.
Ciò  premesso,  va  rilevato  come  la  censura  è  da  ritenersi inammissibile anche per difetto di autosufficienza in quanto la ricorrente non indica dove, come e quando ha sollevato tale eccezione  nel  corso  giudizio  di  merito,  provvedendo  alla trascrizione della stessa e alla sua localizzazione.
In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La  Corte  dichiara  il  ricorso  inammissibile.  Condanna  la  parte
ricorrente al pagamento in favore della Avvocatura Generale dello Stato delle spese di lite che liquida in € 9.000,00 per compensi professionali oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione Civile,