Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1052 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1052 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3689/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio del terzo in ROMA in INDIRIZZO
pec:
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliata
ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE
pec:
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 5404/2019 depositata il 12/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di eredi di NOME COGNOME, convennero in giudizio RAGIONE_SOCIALE davanti il Tribunale di Torre Annunziata per sentir condannare la convenuta, in qualità di impresa designata dal Fondo Vittime della Strada, al risarcimento dei danni patiti dal loro congiunto, NOME COGNOME, deceduto per i postumi di una rovinosa caduta dal proprio calesse a seguito di tamponamento da parte di una autovettura rimasta sconosciuta;
nel contraddittorio con la convenuta e con altri eredi del COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, il Tribunale adito, acquisito il fascicolo del procedimento penale aperto presso la Procura della Repubblica di Napoli, e sentiti dei testi, accolse le domande condannando RAGIONE_SOCIALE al pagamento di varie somme in favore dei congiunti del deceduto;
RAGIONE_SOCIALE in qualità di conferitaria del ramo d’azienda assicurativo di RAGIONE_SOCIALE propose appello; il
contraddittorio, istituitosi con gli eredi COGNOME, fu integrato con la notifica del gravame nei confronti di Assicurazioni Generali RAGIONE_SOCIALE;
la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 12/11/2019, previa rivalutazione dell’intero compendio probatorio, ha accolto l’appello rigettando le domande risarcitorie proposte in primo grado, ritenendo non provata la circostanza che il calesse, su cui viaggiava NOME COGNOME, fosse stato urtato da un’autovettura;
avverso la sentenza, che ha condannato i soccombenti a rifondere alla compagnia di assicurazioni le spese del doppio grado del giudizio, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi;
ha resistito RAGIONE_SOCIALE con controricorso;
il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
Considerato che:
con il primo motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione degli artt. 111, 331 e 156 c.p.c. nullità del procedimento e della sentenza. Assenza di notifica dell’impugnazione o comunque dell’atto di citazione in appello per la chiamata in causa di terzi, al litisconsorte necessario RAGIONE_SOCIALE nel termine indicato dalla Corte d’Appello. Mancata costituzione in giudizio di RAGIONE_SOCIALE e mancata sanatoria della nullità della relativa vocatio in ius, improcedibilità dell’appello e nullità della sentenzai ricorrenti assumono quanto segue. Essendo il giudizio stato promosso nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e proseguito nei confronti della medesima, senza dar conto dell’avvenuta cessione del ramo d’azienda a RAGIONE_SOCIALE, a seguito di proposizione dell’appello da parte della cessionaria, la Corte d’Appello, disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti della cedente, non ha poi rilevato che l’integrazione era
stata disposta non nei confronti del procuratore costituito in primo grado ma direttamente alla parte; la Corte d’Appello, ritenendo che il procuratore costituito in primo grado per la cedente fosse il medesimo costituitosi in appello per la cessionaria, ha ritenuto che l’atto avesse raggiunto il suo scopo ai sensi dell’art. 156 c.p.c. ed ha dichiarato la contumacia della cedente;
ad avviso dei ricorrenti la Corte d’Appello non avrebbe potuto ritenere che l’atto avesse raggiunto il suo scopo, potendo ciò ritenersi solo nel caso in cui la cedente si fosse costituita in giudizio, essendo invece la stessa rimasta contumace;
il motivo è infondato. A prescindere dalla circostanza che fosse stato raggiunto lo scopo, il che si può condividere, ed al di là del fatto che la notifica fatta ad RAGIONE_SOCIALE personalmente anziché al suo difensore di primo grado, possa essere stata effettuata ad arte, dato che il difensore ottemperante all’ordine di notifica era lo stesso, è assorbente la circostanza che i ricorrenti non sono legittimati a dolersi della ipotetica nullità della notificazione;
in base alla giurisprudenza di questa Corte ‘ La violazione delle norme sulla notificazione della citazione e la inosservanza delle disposizioni sulla regolare costituzione del contraddittorio nei confronti di un convenuto costituiscono eccezioni de iure tertii che non possono essere sollevate da altro convenuto, potendo essere fatte valere soltanto dalla parte direttamente interessata ‘ (Cass., 3, n. 1744 del 19/5/1969; Cass., 3, n. 20637 del 22/9/2006; Cass., 3, n. 10516 del 7/5/2009: Cass., 3, n. 28464 del 19/12/2013; Cass., 3, n. 27607 del 29/10/2019);
con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. Omessa indicazione nell’atto di appello dei requisiti di cui all’art. 342 c.p.c. Mancata indicazione dei punti della sentenza di primo grado di cui l’appellante chiedeva la modifica e
mancata indicazione di tali modifiche. Nullità dell’atto di appello improcedibilità dell’appello e nullità della sentenza;
i ricorrenti lamentano che l’atto di appello fosse privo di una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati dalla sentenza impugnata, sicché il medesimo avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per contrasto con gli artt. 342 e ss. c.p.c.
il motivo viola l’art. 366 n. 6 c.p.c., atteso che non riproduce il contenuto dell’appello e nemmeno – ma lo si precisa aggiuntivamente indica se e dove esso sarebbe esaminabile in questa sede, peraltro nemmeno dichiarando di voler fare riferimento alla sua presenza nel fascicolo d’ufficio del giudice (come ammette Cass., Sez. Un., n. 22726 del 2011, esigendo, però, tale indicazione, necessaria per il rispetto dell’art. 366 n. 6 citato; ex multis , in senso conforme, Cass., L, n. 195 dell’11/1/2016; Cass., 6-3 n. 11599 del 3/5/2019; Cass., 3, n. 11805 del 5/5/2021);
con il terzo motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c. e 2700 c.c., cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli- i ricorrenti lamentano che la Corte del gravame, procedendo ad una rivalutazione dell’intero compendio probatorio, ha, in sostanza, travisato la prova negando che vi fossero elementi minimi per ritenere provata la collisione tra il calesse ed un’autovettura rimasta ignota;
il motivo nuovamente impinge in violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c., giacché omette di riprodurre direttamente od almeno indirettamente il contenuto degli atti sui quali si fonda e di localizzarli in questo giudizio di legittimità e comunque, lungi dall’illustrare la violazione o la falsa applicazione delle norme evocate, sollecita una rivalutazione delle emergenze fattuali. Inoltre, la violazione dell’art. 116 c.p.c. non è dedotta secondo i canoni indicati da Cass. n. 11892 del 2016 e ribaditi prima, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul
punto, da Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2916 e, quindi, ex multis , da Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020 secondo cui ‘In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione’;
dalle su esposte considerazioni consegue il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti a pagare, in favore della parte controricorrente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella per il ricorso, se dovuta.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti a pagare, in favore della parte controricorrente, le spese del giudizio di cassazione che liquida in € 6000 (oltre € 200 per esborsi), oltre accessori di legge e spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 30/11/2023.