Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 34432 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 34432 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 31020 del ruolo generale dell’anno 2020 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE COGNOME Giovanni e F.lli NOME e NOME
RAGIONE_SOCIALE (P.I. P_IVA), in persona del legale rappresentante sig. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, corrente in Fossano (CN), INDIRIZZO INDIRIZZO, rappresentata e difesa, dall’Avvocato NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) p.e.c. EMAIL , ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE, pec: EMAIL ), in forza di procura speciale rilasciata a margine del ricorso (dichiara, altresì, di volere ricevere gli avvisi e le comunicazione di cui all’art. 133, comma 3, 134 comma 3 e 176 comma II cpc a mezzo fax al numero NUMERO_TELEFONO oppure all’indirizzo di posta elettronica EMAIL.
Ricorrente
contro
Agenzia per le erogazioni in agricoltura (A.G.E.A.) , in persona del legale rappresentante pro-tempore, (codice fiscale CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale
dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE, per il ricevimento degli atti, FAX NUMERO_TELEFONO e P.E.C. EMAIL), presso i cui uffici è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n° 1533 depositata il 5 marzo 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 dicembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Con la sentenza indicata in intestazione la Corte d’appello di Roma confermava la decisione del tribunale che aveva respinto l’opposizione proposta dalla Agricola COGNOME NOME e F.lli NOME e NOME, soc. semplice, avverso l’ordinanza ingiunzione ( ex r.d. n° 639/1910) di pagamento di euro 241.212,13, per il recupero di aiuti comunitari indebitamente percepiti per la coltivazione a pesco di terreni in Provincia di Cuneo, da cui l’Azienda agricola era medio tempore decaduta a causa dell’accertata presenza, nel 2006, di residui di anticrittogamici nei campioni di foglia delle piante, prelevati ed analizzati.
2 .- Osservava la Corte che il primo motivo di appello -col quale la COGNOME censurava la rappresentatività del campione di foglie prelevate il 25 maggio 2006 (in quanto prelevato da una sola particella di terreno, mentre l’azienda era composta da fondi estesi 48,58 ettari) e la mancata sigillatura dei contenitori -era infondato, in quanto la procedura di campionamento era stata condotta in modo del tutto casuale ed obiettivo, acquisendo due campioni elementari di foglie di pesco da mezzo chilogrammo ciascuno, estratti da un appezzamento in zona statisticamente rappresentativa.
La procedura di campionamento, lungi dall’essere lacunosa ed incompleta, era stata, quindi, correttamente eseguita, senza
necessità di ulteriori prelievi, trattandosi di terreni aziendali contigui, anche se frazionati nell’agro di diversi Comuni della provincia di Cuneo.
L’eccezione sul luogo di prelievo che l’appellante osservava essere circoscritto e ristretto -era inammissibile, perché formulata per la prima volta in appello.
Parimenti infondato era il secondo motivo, col quale la COGNOME si doleva della mancata consegna di un campione di foglie prelevate e della conseguente sua impossibilità di sottoporre tale campione ad autonoma analisi.
L’appellante, infatti, aveva chiesto la revisione delle analisi ed aveva partecipato ad essa con un suo tecnico e solo dopo l’esito di tale revisione aveva eccepito la mancata consegna di un campione da analizzare autonomamente.
D’altra parte, la procedura di campionamento era disciplinata dall’art. 16 del d.P.R. n° 327/1980, il quale prevede che la consegna di un campione venga fatta ad un elenco tassativo di soggetti, ossia al responsabile dell’esercizio commerciale o al suo rappresentante o al detentore della merce, ma non al produttore, quale era la COGNOME.
Infondato era pure il terzo mezzo, col quale l’azienda agricola aveva dedotto del tutto infondatamente la genericità del verbale di prelevamento ed i vizi del campionamento, che avrebbero pregiudicato, a suo dire, l’esito delle analisi: per contro, il verbale, sul quale la COGNOME non aveva avuto nulla da eccepire, riportava fedelmente le attività svolte dai funzionari, mentre l’azienda agricola aveva partecipato agli accertamenti chimici tramite un suo tecnico.
Da ultimo, la Corte rigettava anche il quarto motivo d’appello, col quale la COGNOME deduceva l’omessa applicazione del principio di non contestazione, mentre era vero che RAGIONE_SOCIALE aveva contestato le
eccezioni dell’azienda agricola ingiunta e la tardività dei rilievi sollevati.
3 .-Per la cassazione di questa sentenza ricorre l’Azienda agricola COGNOME, affidando il gravame a quattro mezzi.
Resiste COGNOME che conclude per la reiezione dell’impugnazione.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
Nessuna memoria è stata depositata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Il primo motivo è rubricato ‘ Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione a disposizioni relative al prelievo di campioni da sottoporre ad analisi della Regione Piemonte, dettate per il PSR 2000-2006 (reg. 1257/99): Azioni F1, F2 e all’art. 2697 c.c. (Onere della prova) ‘.
Secondo la ricorrente, nonostante le piante di pesco occupassero 48,58 ettari, sparsi su tre diversi Comuni del cuneese, i campioni di foglie venivano estratti da una sola piccola porzione di terreno all’interno di un’unica particella sita nel Comune di Fossano.
Tale modalità di raccolta dei campioni da analizzare si porrebbe in contrasto con le ‘ disposizioni relative al prelievo di campioni da sottoporre ad analisi della Regione Piemonte, dettate per il PSR 2000-2006 (reg. 1257/99): Azioni F1, F2 ‘, in quanto tale ‘ disciplinare ‘ impone che ogni ‘ campione globale ‘ (per tale intendendosi l’insieme di campioni elementari prelevati da un singolo appezzamento) debba essere composto, a seconda della dimensione dell’appezzamento, da 5-10 “campioni elementari”, distribuiti sulla zona da campionare in modo casuale e statisticamente rappresentativo.
I funzionari invece avevano raccolto due campioni da mezzo chilogrammo ciascuno, omettendo di sigillarli separatamente.
L’assunto della Corte contrastava, dunque, con quanto previsto dalle prescrizioni regionali.
Inoltre, non essendo state adottate tali modalità di raccolta e conservazione, non era impossibile che i campioni fossero stati contaminati da anticrittogamici provenienti da fondi limitrofi.
Tale prospettazione, che la Corte aveva ritenuto nuova, era invece presente negli scritti difensivi della COGNOME ed era comunque ammissibile, in quanto l’onere della prova della commissione dell’illecito era a carico della Agea.
5 .-Il mezzo è inammissibile, essendo del tutto privo di autosufficienza e richiedendo nella sostanza un riesame delle questioni di merito già decise dalla Corte territoriale.
Esso, infatti, rimanda alle disposizioni contenute in un non meglio identificabile ‘ disciplinare ‘ in materia di raccolta dei campioni, che non viene minimamente trascritto nel ricorso stesso e nemmeno riassunto nelle parti essenziali (come invece prescrive l’art. 366, primo comma, n° 6, cod. proc. civ.).
La ricorrente, dunque, viene meno all’obbligo previsto dal citato art. 366 del codice di rito, il quale prescrive, per l’ammissibilità del ricorso, il duplice onere di produrre gli atti o i documenti sui quali si fonda il mezzo e di indicarne il contenuto.
Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento.
La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile.
Inoltre, il motivo richiama un testo normativo (il ‘ reg. 1257/99 ‘) composto da numerosi articoli, che non vengono specificamente citati: sicché anche l’indicazione delle norme di diritto ( ex art. 366, primo comma, n° 4) appare del tutto indeterminata, determinando (al pari della mancata trascrizione) l’inammissibilità del mezzo.
L’ulteriore profilo, riguardante la violazione dell’onere probatorio, è invece manifestamente infondato.
La regola indicata dalla ricorrente è sicuramente valida per il giudizio di merito, ma non nel giudizio di legittimità a fronte di una decisione che ha già ritenuto provati gli elementi soggettivi ed oggettivi dell’illecito amministrativo.
Nel sistema processualcivilistico vigente opera, infatti, il principio dell’acquisizione della prova, in forza del quale ogni emergenza istruttoria, una volta raccolta, è legittimamente utilizzabile dal giudice indipendentemente dalla sua provenienza (cfr. Cass. 29 novembre 2000, n° 15312; Cass. 8 maggio 2006, n° 10499).
La Corte territoriale, esaminando gli elementi documentali della causa, è giunta alla conclusione che i campioni fossero stati regolarmente raccolti e che fossero rappresentativi delle colture in atto.
A fronte di questo accertamento, il motivo in esame demanda a questa Corte, nella sostanza, un nuovo esame del materiale istruttorio, non consentito in questa sede.
Infatti, la violazione dell’art. 2697 cod. civ. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni, mentre per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 115 cod. proc. civ. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma: il che significa che per realizzare la violazione deve aver giudicato almeno contraddicendo implicitamente tale regola, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori
dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio.
Al contrario, detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre ( ex multis : Cass., sez. 3, 23 ottobre 2018, n° 26769).
6 .- Col secondo mezzo la COGNOME si duole della violazione o falsa applicazione dell’art. 16 d.P.R. n° 327/1980.
Contrariamente a quanto asserito dalla Corte d’appello, sussisteva l’obbligo di consegna di un campione, secondo quanto previsto dalle ‘ disposizioni relative al prelievo di campioni da sottoporre ad analisi della Regione Piemonte, dettate per il PSR 2000-2006 (reg. 1257/99) Azioni F1, F2 ‘.
Obbligo di consegna previsto anche dall’art. 16 del d.P.R. n° 327/1980, il quale, benché preveda che tale consegna debba essere fatta al ‘ responsabile dell’esercizio ‘, ad un suo ‘ rappresentante ‘ o al ‘ detentore ‘ della merce, sarebbe applicabile anche al produttore, in quanto destinata a consentirgli di procedere ad una autonoma analisi del campione consegnatogli: facoltà della quale la COGNOME non era stata resa minimamente edotta al momento del prelievo.
Era poi vero che l’Azienda aveva chiesto il riesame delle analisi, ma tale richiesta era stata avanzata solo in considerazione dell’impossibilità di svolgere controanalisi.
7 .- Col terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione del d.m. 23 luglio 2003, del d.P.R. n° 327/1980, del d.m. 13 settembre 1999 e della nota della Regione Piemonte prot. 12800/12 del 30 settembre 2003.
Le lacunose disposizioni della Regione Piemonte sarebbero un minimum da osservare, ma anche da integrare mediante le altre disposizioni normative, quali il d.m. 23 luglio 2003 (artt. 4.1, 4.5),
l’art. 15 del d.P.R. n° 327/1980, il d.m. 13 settembre 1999, che furono, invece, violate, in quanto il verbale non descriveva le modalità di prelievo dei campioni, l’ iter seguito nell’esecuzione del controllo, le fasi della campionatura, il metodo di compilazione ed apposizione delle etichette.
Neppure erano state osservate le norme in tema di pulizia dei contenitori.
8 .- I due mezzi, esaminabili congiuntamente in ragione della loro connessione, sono inammissibili.
Infatti, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa.
Viceversa, i due motivi postulano un’erronea ricognizione della fattispecie concreta sulla base delle risultanze di causa, che è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge ed impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione.
Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero, erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa.
Quanto alla questione della mancata consegna del campione, i mezzi non si confrontano (se non con uno stringato e ben poco incisivo passaggio a pagina 19 del ricorso) con la ratio decidendi della Corte, secondo la quale l’Agricola COGNOME non aveva sollevato alcuna contestazione in sede di prelievo dei campioni e aveva comunque potuto usufruire del riesame delle analisi.
Peraltro, giova anche osservare che -secondo il consolidato indirizzo di questa Corte -la disciplina normativa in materia di campionamento e di analisi indica soltanto dei criteri direttivi di massima dai quali gli organi deputati agli accertamenti possono anche discostarsi, previe adeguate valutazioni tecniche discrezionali che tengano conto della peculiarità del caso, e il mancato rispetto delle prescrizioni da essa stabilite non rende nulle le relative operazioni, in assenza di un’espressa comminatoria (Cass., sez. II, 7 novembre 2023, n° 30964).
Ad abundantiam , come ulteriore motivo di inammissibilità dei motivi in esame, va pure aggiunto che dalla lettura della sentenza d’appello (pagina 2) si apprende che l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura -Agea aveva intimato alla RAGIONE_SOCIALE il pagamento di euro 241.212,13 a titolo di ‘ restituzione ‘ degli aiuti comunitari dai quali l’azienda agricola era ‘ medio tempore decaduta ‘.
È, dunque, incontestato che l’Agea non abbia avanzato una pretesa risarcitoria o sanzionatoria, ma solo una domanda restitutoria degli aiuti predetti, a causa della decadenza nella quale era incorsa la COGNOME.
Ora, questa decadenza non viene punto contrastata dall’odierna ricorrente, né risulta essere stata opposta in altre e separate sedi, sicché -essendo ormai divenuta incontestabile e, comunque, non essendo stata qui contestata -ha di conseguenza determinato anche l’incontestabilità dell’obbligo restitutorio.
Più a monte, appare dirimente nella specie la mancata riproduzione -quantomeno nei contenuti essenziali e nella parte d’interesse -della ingiunzione opposta e, in particolar modo, la omessa illustrazione della ragione causale della pretesa con essa esercitata (se cioè riferita alla mera ripetizione dell’indebito oppure anche alla irrogazione di sanzioni e, in questa seconda ipotesi, a che titolo ed in quale entità) e dell’andamento – ancora una volta, almeno nei tratti fondamentali – del sotteso procedimento amministrativo.
La descritta, grave, lacunosità preclude al giudice di legittimità una conoscenza chiara e completa del fatto sostanziale che ha originato la controversia, non legittimamente surrogabile con l’accesso ad altre fonti ed atti del processo (ivi compresa la stessa sentenza gravata): resta, per l’effetto, impedito a questa Corte lo scrutinio delle censure sollevate, cioè a dire l’apprezzamento della operatività, nel caso di specie, delle disposizioni invocate dal ricorrente (sul che Cass., sez. III, 10 marzo 2023, n° 7186).
9 .- Col quarto mezzo l’Agricola COGNOME lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ.
Agea non avrebbe preso posizione sulle doglianze avanzate dall’opponente e tale carenza avrebbe dovuto far ritenere l’inattendibilità dei controlli come fatto non contestato.
10 .- Mezzo inammissibile al pari dei precedenti, sol che si consideri che ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata ‘ pacifica ‘ tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica (Cass., sez. 6-3, 4 aprile 2022, n° 10761).
La totale mancanza di tali indicazioni nel motivo in esame lo rende inammissibile.
11 .- Alla soccombenza della ricorrente segue la sua condanna alla rifusione delle spese di lite in favore della resistente, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della lite (euro 241 mila) -si rimanda al dispositivo che segue.
p.q.m.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore della Agenzia per le erogazioni in agricoltura (A.G.E.A.), che liquida in euro 4.000,00
per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 18 dicembre 2024, nella camera di