Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18838 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18838 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14548/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in SORA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
nonchè
contro
COGNOME
NOME
-intimato- avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 10963/2023 depositata il 26/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con distinti ricorsi proposti ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., rispettivamente del 16.11.2017 e del 22.11.2017, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME (ricorrenti nel giudizio iscritto al n. 728/2017 R.G.) ed NOME COGNOME (ricorrente nel giudizio iscritto al n. 754/2017 R.G.) proponevano opposizione alle indennità espropriative ed alle poste accessorie determinate nella misura complessiva di € 2.604.412,96 (di cui € 1.612.260,50 al netto della indennità di € 992.152,46 già pagata) con deliberazione consiliare dell’opposto Comune di RAGIONE_SOCIALE n. 122 del 25.09.2017 di acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001 degli immobili, già di proprietà degli opponenti, distinti in catasto al foglio 191 particella 1169 (superficie di 3.733 mq.), particella 720 (superficie di 3.300 mq.), particella 1171 (superficie di 617 mq.), particella 722 (superficie di 820 mq.), particella 1129 (superficie di mq. 2.006), particella 1173 (superficie di mq. 713), particella 1175 (superficie di mq. 767), particella 1177 (superficie di mq. 1.202), particella 1179 (superficie di mq. 2.036), particella 58 (costituita da 58 sub 1 e 58 sub 3 e corte di superficie complessiva pari a mq. 330), particella 59 (costituita da 59 sub 1, 59 sub 2 e corte di superficie complessiva di mq. 197), particella 1133 (superficie di mq. 3), particella 802 (costituita da particella 802 sub 1 di superficie complessiva di mq. 368), ai fini della costruzione del nuovo palazzo di giustizia. I ricorrenti chiedevano, altresì, nel caso in cui la valutazione dell’indennità operata dal Comune fosse risultata inferiore agli otto decimi di quella accertata in via definitiva, dichiararsi il loro diritto alla maggiorazione dell’indennizzo patrimoniale nella misura del 10% ai sensi dell’articolo 37 comma 2 del d.p.r. numero 327 del 2001.
Ciò premesso in punto di fatto, la Corte di Appello di Caltanissetta disponeva apposita CTU estimativa. Espletata la predetta CTU, con ordinanza n. cronol. 2274/2021 pubblicata in data 17.09.2021, la Corte di Appello di Caltanissetta così statuiva: ‘ determina in €
5.744.326,45, secondo le rispettive quote di comproprietà, l’indennità dovuta a seguito del provvedimento di acquisizione sanante in data 25 settembre 2017 degli immobili siti nel Comune di RAGIONE_SOCIALE di proprietà di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, meglio individuati in motivazione’.
Avverso la suindicata ordinanza, il Comune di RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c.
Con ordinanza n. 10963/2023 del 29.09.2022, pubblicata il 26.04.2023, la S.C. di Cassazione, Prima Sezione Civile ha dichiarato inammissibile il ricorso principale proposto dal Comune di RAGIONE_SOCIALE avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Caltanissetta n. 2274/2011 ed estinti i ricorsi incidentali proposti dai sigg. COGNOME per avvenuta rinuncia da parte dei ricorrenti in via incidentale, con compensazione delle spese di lite.
Avverso la ordinanza della Suprema Corte numero10963/2023 emessa all’esito del giudizio ha proposto ricorso per revocazione il ricorrente Comune di RAGIONE_SOCIALE affidato ad un motivo e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo di ricorso il comune di RAGIONE_SOCIALE ricorrente denuncia un errore di fatto ex art. 395,nr. 4 C.P.C.così argomentando:
‘ La Suprema Corte, in seno alla suindicata ordinanza (pag. 4, punto 9), ha esposto l’unico motivo del ricorso de quo e cioè ‘la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 134 d.dgs. 267/2000 e dell’art. 61, comma 6 delle norme tecniche di attuazione del PRG adeguato al DDG di approvazione n. 169/12.10.2017 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. ‘ con il quale era stata impugnata l’ordinanza della Corte di Appello di Caltanissetta nella parte in cui, confermando le risultanze peritali della CTU espletata nel corso del giudizio, aveva ritenuto che l’indice di edificabilità dell’area interessata dall’ordinanza di acquisizione sanante fosse di 4 mc/mq anziché di 2 mc/mq. Quindi, la Suprema Corte (pag. 5, punto 10) ha ritenuto la predetta censura inammissibile per ‘ difetto di autosufficienza poiché non è stato riprodotto né illustrato nel ricorso (e neppure nella memoria ex art. 380 bis 1, cpc) il contenuto della deliberazione di acquisizione sanante adottata dal Comune di RAGIONE_SOCIALE, onde consentire alla Corte di stabilire quando è divenuta esecutiva’. A supporto di quanto esposto, la Corte (pag. 5, punto 11) ha precisato che ‘ il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ex art. 366, comma 1 n. 6, cpc, è compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, qualora, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, dovendosi, di conseguenza, ritenere rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti odegli atti processuali sui quali si fonda, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell’assolvimento dell’onere di deposito previsto dall’art. 369, comma 2, n. 4 cpc, che il documento o l’atto, specificatamente indicati in ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati.
Conclusivamente, il Collegio dell’ordinanza impugnata (pag. 5 al punto 12) ha ritenuto il ricorso inammissibile rilevando che ‘ difetta non solo l’illustrazione o la trascrizione della delibera di acquisizione sanante ma anche l’indicazione della sua localizzazione rispetto alle produzioni processuali’, disattendendo così, secondo il ricorrente, i principi sanciti dalla C.E.D.U. con la sentenza del 28.10.2021 (RAGIONE_SOCIALE ed altri contro Italia -ricorso n. 55064/11). ‘ Con la richiamata sentenza del 28.10.2021, la CEDU ha statuito, infatti, che viola l’art. 6 (diritto a un equo processo) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo l’orientamento di una parte della giurisprudenza di legittimità che impone l’onere della integrale trascrizione degli atti o documenti di causa su cui il motivo si fonda in quanto affetto da eccessivo formalismo.
Tutto ciò premesso il ricorso è inammissibile in quanto al di fuori del perimentro del vizio revocatorio.
Il motivo mira anzitutto a sollecitare una rivalutazione del giudizio in diritto sull’ammissibilità del ricorso posto a base della decisione, non essendo nemmeno adombrata una svista percettiva. Il ricorrente afferma sussistere contrarietà a canone cedu (error iuris) ed alla conformità di quanto dedotto ed allegato agli standards di ammissibilità dei ricorsi (natura meramente valutativa in quanto si contesta proprio un error in iudicando come in normale giudizio di legittimità).
In ogni caso non risulta contestato che la delibera non era stata trascritta e nemmeno prodotta o allegata al ricorso e nemmeno vi erano indicazioni su dove era visibile all’interno del fascicolo informatico, così come affermato dalla S.C. nell’ordinanza n. 10963/2023,.
Giova evidenziare, infatti, che la Corte di Cassazione, al sesto capoverso di pag. 5 dell’ordinanza impugnata con il presente ricorso, nel ritenere la censura di cui al ricorso inammissibile per difetto di autosufficienza, afferma che ‘ non è stato riprodotto né illustrato nel ricorso (e neppure nella memoria ex art.380 bis 1. cod. proc. civ.) il contenuto della deliberazione di acquisizione sanante adottata dal Comune di RAGIONE_SOCIALE, onde consentire alla Corte di stabilire quando è divenuta esecutiva’ .
Trattandosi di documento fondamentale per l’accoglimento del ricorso proposto, il ricorrente, secondo la valutazione in diritto svolta nell’ordinanza revocanda, avrebbe dovuto mettere la Corte in grado di visionarlo, allegandolo ai documenti del ricorso in cassazione e non ‘rinviare’ genericamente al fascicolo telematico relativo al giudizio di appello.
La violazione, secondo l’ordinanza revocanda è derivata dal fatto che il Comune di RAGIONE_SOCIALE non aveva depositato nel proprio fascicolo di parte dell’iniziale giudizio di cassazione (ric. n. 25416/2021) la richiamata deliberazione consiliare n. 122 del 25.9.2017 di cui trattasi, con ciò incorrendo in una insanabile violazione dell’art. 369 secondo comma n. 4 c.p.c. .
Il Comune RAGIONE_SOCIALE ha insistito sulla circostanza che i proprietari avessero prodotto quel documento nel giudizio di merito di opposizione alla stima dinanzi alla Corte di Appello di Caltanissetta e che il Comune RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha prodotto nel giudizio di cassazione l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio prevista dall’art. 369 c.p.c., con ciò ritenendo che il Giudice di legittimità potesse accedere telematicamente ai fascicoli informatici della fase di merito.
Nell’ordinanza revocanda , tuttavia, non si afferma che non sia indicata la delibera e la data della sua esecutività e neanche che non sia stata formulata istanza ex art. 369 c.p.c. ma specificamente che non sia stato possibile conoscere il contenuto del documento decisivo. Le censure svolte al riguardo sono, pertanto, esclusivamente valutative. Secondo l ‘ordinanza impugnata , la Corte, in virtù del principio di autosufficienza, non è tenuta a ricercare gli atti processuali ed i documenti ai quali fa riferimento la parte, ove non ne sia precisamente indicata la localizzazione, essendo insufficiente il generico riferimento al fascicolo d’appello. Si tratta di un giudizio valutativo fondato sulla non conformità della censura alle regole che governano l’ammissibilità dei motivi, censurato per la difformità ai canoni cedu meno rigidi ed anche alle norme processuali interne ma senza alcun riferimento preciso a vizi attinenti alla percezione dei fatti. Pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna alle spese.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento , agli esborsi liquidati in Euro 200,00 , ed agli accessori di legge/oltre alle spese prenotate a debito . Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione