Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4081 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4081 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29013/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo rappresentante legale, NOME COGNOME CLEMENTE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 713/2020 depositata il 16/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME conveniva, dinanzi al Tribunale di Fermo, RAGIONE_SOCIALE, chiedendone la condanna all’adempimento dell’obbligo di interrare taluni cavidotti, assunto con la scrittura privata del 22 marzo 2011 con cui era stata costituita una servitù di elettrodotto, ed al pagamento della penale di euro 50.000,00;
la convenuta, costituitasi in giudizio, eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva per aver ceduto gli impianti di rete e le linee elettriche a RAGIONE_SOCIALE;
il Tribunale, con sentenza n. 490/2016, rigettava la domanda, ritenendo incompatibili la domanda di adempimento e quella di condanna al pagamento della clausola penale, aggiungeva che la domanda di adempimento avrebbe comunque dovuto essere rigettata, avendo la convenuta ceduto gli impianti, così come quella di pagamento della penale che, qualificata come domanda di pagamento di una somma a titolo di garanzia autonoma, non poteva essere fatta valere nei confronti della convenuta non sussistendo solidarietà passiva tra essa e la garante;
la Corte d’appello di Ancona, con la sentenza n. 713/2020, ha rigettato l’impugnazione, dichiarando di non poter prendere in esame la domanda modificata dell’appellante e di dover confermare la decisione del Tribunale, pur rilevando che dalla mancata notifica dell’atto di cessione del ramo di azienda sarebbe derivata la responsabilità solidale del cedente e del cessionario;
NOME COGNOME, formulando tre motivi, ricorre per la cassazione di detta sentenza;
resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.;
il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
rigettata l’eccezione di improcedibilità del ricorso per il mancato deposito dell’attestazione di conformità della sentenza impugnata, sollevata dalla società controricorrente, perché detta attestazione è invece agli atti, può procedersi allo scrutinio del ricorso;
con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione ed errata applicazione dell’art. 163, 2° comma, n. 3 cod.proc.civ.;
la Corte d’appello ha confermato la statuizione del Tribunale nella parte in cui ha ritenuto incompatibili la domanda di adempimento e quella di pagamento della clausola penale che avrebbero dovuto essere proposte in via subordinata o alternativa, in quanto la polizza fideiussoria a garanzia delle obbligazioni assunte dall’appaltatore costituisce garanzia atipica, potendo il creditore pretendere solo il risarcimento del danno per l’inadempimento dell’obbligato principale;
secondo il ricorrente la Corte d’appello avrebbe erroneamente inteso la domanda, perché non era mai stato chiesto oltre all’adempimento il risarcimento dei danni sulla base della fideiussione/polizza fideiussoria, ma sull’art. 1453 cod.civ., come dimostrerebbe il tenore complessivo dell’atto di citazione;
con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 345, 1° comma, cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.;
la Corte territoriale, preso atto che l’art. 6 del contratto di servitù di elettrodotto autorizzava RAGIONE_SOCIALE a cedere a terzi il
contratto e il diritto di servitù -ciò che riteneva presumibilmente avvenuto con l’atto di cessione del 21 novembre 2012 intercorso tra la società RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE -e accertato che la cessione non era stata né notificata né accettata dal ceduto, ha ritenuto che la cedente, cioè la società RAGIONE_SOCIALE, era rimasta obbligata nei confronti del ceduto; ciononostante ha considerato pregiudiziale al merito della causa la questione della incompatibilità della domanda di adempimento rispetto alla domanda di condanna al pagamento della penale, indipendentemente dal fatto che in sede di appello le due domande fossero state proposte non più congiuntamente, ma alternativamente;
detta statuizione sarebbe errata – secondo la prospettazione di parte ricorrente – perché le Sezioni unite di questa Corte con la pronuncia n. 12310 del 15/06/2015 hanno ammesso la modificabilità della domanda sia nel petitum che nella causa petendi , sempreché la pretesa nuova non introduca un fatto costitutivo differente che determini un allargamento del tema di indagine e lo spostamento dei termini della controversia con l’effetto di disorientare la difesa della controparte e di alterare il regolare svolgimento del processo, perché il divieto di cui all’art. 345, 1° comma, cod.proc.civ. dovrebbe essere interpretato sulla scorta del principio dell’economia processuale e dell’attenzione all’uso delle limitate risorse destinate alla giurisdizione , negando la modifica della domanda in appello solo ove sia pregiudizievole per il diritto di difesa della controparte o per l’allungamento dei tempi processuali, ma non anche quando il bene della vita richiesto resti il medesimo tenuto conto dell’unitarietà della sequenza domanda -oggetto del giudizio -effetto giuridico della pronunzia, alla luce del principi : di corrispettività sostanziale, di stabilità delle decisioni, di armonizzazione delle decisioni, di concentrazione delle decisioni, di effettività della tutela, di giustizia delle decisioni, del rispetto della
non illimitata risorsa-giustizia, di lealtà e probabilità processuale, di eguaglianza formale delle parti, individuati da Cass. n. 19186/2020;
4) con il terzo motivo alla sentenza impugnata si imputano la violazione ed errata applicazione dell’art. 345, 1° comma, cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.;
la ricorrente sostiene che la proposizione in appello della domanda di interramento dei cavi e/o di pagamento della somma di euro 50.000,00 non era da considerare nuova, avendo un contenuto economicamente minore ed essendo basata sugli stessi presupposti di fatto e di diritto;
5) il ricorso è inammissibile;
tutti i motivi, che attengono alla medesima questione, sia pure da prospettive diverse, non soddisfano le prescrizioni di cui all’art. 366 1° comma n. 6 cod.proc.civ.;
in primo luogo è del tutto inconferente il richiamo della pronuncia n. 12310/2015, la quale non riguarda affatto la possibilità di modificare in appello la domanda formulata in primo grado, ma solo la modificabilità della domanda dopo gli atti introduttivi di entrambe le parti, le eventuali domande riconvenzionali e richieste di autorizzazione a chiamare in causa terzi, ma, soprattutto, dopo l’esplicazione dei poteri (non solo di direzione ma anche) di “indirizzo” processuale attribuiti al giudice, quindi, in un momento in cui ‘può risultare assai più evidente alle parti, in relazione alla situazione sostanziale dedotta in causa, la soluzione effettivamente rispondente ai rispettivi interessi e intendimenti’; questa Corte ha ritenuto non ammesse solo le domande che si aggiungono alla domanda proposta nell’atto introduttivo, cioè quelle che sono “altro” da quella domanda ed, ex adverso , ammesse le domande “modificate” non perché non possono incidere sul petitum e sulla causa petendi , ma perché non possono essere considerate ‘nuove” nel senso di “ulteriori” o “aggiuntive”;
decisivo è il fatto che il ricorrente non ha riprodotto gli atti processuali -domanda formulata in primo grado e domanda riproposta in appello – e non ne ha specificamente segnalato la loro presenza negli atti del giudizio di merito;
ciò impedisce di accertare se, come il ricorrente stesso sostiene, in appello sia stata introdotta una variazione puramente quantitativa del petitum , che non ha alterato i termini sostanziali della controversia e che non ha introdotto nuovi temi di indagine, ammissibile, pertanto, perché non ha comportato alcuna violazione del principio del contraddittorio, né una menomazione del diritto di difesa dell’altra parte;
deve ribadirsi che il ricorso per cassazione deve soddisfare il principio di autosufficienza o di autonomia; anche declinato secondo le indicazioni della sentenza CEDU 28 ottobre 2021, Succi e altri c/ Italia -la quale ha confermato, in sintesi, che il fine legittimo, in linea generale ed astratta, del principio di autosufficienza del ricorso è la semplificazione dell’attività del giudice di legittimità unitamente alla garanzia della certezza del diritto e alla corretta amministrazione della giustizia, (ai p.ti 74 e 75 in motivazione), investendo questa Corte del compito di non farne una interpretazione troppo formale che limiti il diritto di accesso ad un organo giudiziario (al p.to 81 in motivazione) -il principio di autosufficienza può dirsi soddisfatto solo se la parte riproduce specificamente per la parte di interesse il contenuto del documento o degli atti processuali su cui si fonda il ricorso o il motivo ‘e’ se sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (così Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950, la quale ha ritenuto soddisfatte le prescrizioni di cui all’art. 366 comma 1°, n. 6 cod.proc.civ., perché parte ricorrente nell’enucleare i motivi di ricorso, aveva ‘fatto specifico riferimento ai diversi atti e documenti allegati nel giudizio innanzi al Tsap, individuandoli in modo sufficientemente chiaro e nei termini in cui
già erano stati richiamati nella sentenza di merito, nonché riportandone alcuni estratti’): requisito che può essere concretamente soddisfatto ‘anche’ fornendo nel ricorso, in ottemperanza dell’art. 369, comma 2°, n. 4 cod.proc.civ., i riferimenti idonei ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati rispettivamente, i documenti e gli atti processuali su cui il ricorso si fonda’ (Cass. 19/04/2022, n. 12481);
6) le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente , seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, in favore della controricorrente,
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 9/11/2023 dalla Terza