Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 907 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 907 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10411/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentato e difeso
-ricorrente –
contro
GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI, in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente –
nonché contro AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE
-intimata –
Avverso la sentenza n. 2829/2022 del TRIBUNALE DI ROMA, depositata il giorno 22 febbraio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 settembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
la società RAGIONE_SOCIALE propose opposizione avverso una cartella esattoriale notificatale ad istanza di Agenzia delle Entrate Riscossione per il recupero di un credito nella titolarità del Garante per la protezione dei dati personali, causalmente ascritto a sanzioni amministrative per violazione del c.d. Codice della Privacy (d.lgs. 30/06/2003, n. 196);
a suffragio della domanda, eccepì, in sintesi, l ‘ estinzione del credito, per decorso del termine quinquennale di prescrizione previsto d all’art. 28 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e l’insussistenza di un valido titolo esecutivo legittimante la riscossione coattiva, tale non potendosi reputare l’atto « contestazione di violazione amministrativa » emesso dal Garante per la protezione dei dati personali;
la decisione in epigrafe indicata, previa qualificazione dell’azione come opposizione all’esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ., ha rigettato la domanda attorea;
ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, articolato in tre motivi, cui ha resistito, con controricorso, il Garante per la protezione dei dati personali, mentre non ha svolto difese in sede di legittimità Agenzia delle Entrate Riscossione;
con provvedimento del 21 aprile 2023, il Presidente di sezione delegato di questa Corte ha formulato, ai sensi del novellato art. 380bis cod. proc. civ., proposta di definizione agevolata del ricorso sul rilievo della inammissibilità dello stesso, siccome diretto ad impugnare sentenza conclusiva di un’opposizione qualificata dal giudice emittente come all’esecuzione;
a seguito di tempestiva istanza di decisione formulata da parte ricorrente è stata fissata l ‘ adunanza camerale sopra indicata, in vista della quale la stessa ricorrente ha depositato memoria illustrativa ed al cui esito i l Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine stabilito dal secondo comma dell’art. 380 -bis. 1 cod. proc. civ.;
Considerato in diritto
è superflua l’illustrazione dei motivi di gravame, palesandosi la inammissibilità del ricorso;
è da tempo consolidato, nella giurisprudenza di nomofilachia, il principio c.d. dell’apparenza, in forza del quale l’identificazione del mezzo di impugnazione esperibile avverso un provvedimento giurisdizionale deve essere compiuta con riferimento esclusivo alla qualificazione dell’azione proposta effettuata dal giudice a quo , sia essa corretta o meno, a prescindere, cioè, dalla prospettazione o sussunzione sub specie juris operata dalle parti (in tema di opposizioni esecutive, Cass. 18/11/2022, n. 34107; Cass. 20/10/2021, n. 29194; Cass. 18/03/2021, n. 7588; Cass. 21/06/2019, n. 16762; Cass. 08/05/2018, n. 10945; Cass. 21/09/2017, n. 21379; Cass. 26/05/2017, n. 13381; Cass. 17/06/2014, n. 13578; Cass. 20/11/2012, n. 20297; Cass. 29/07/2011, n. 16781; Cass. 21/09/2009, n. 26919);
la sentenza qui impugnata, in parte motiva, ha univocamente qualificato la domanda proposta come opposizione alla esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ. -sull’esplicitato presupposto che le doglianze con essa formulate integrassero contestazioni del diritto a procedere ad esecuzione forzata -e reiterato siffatta qualificazione nel dispositivo (« rigetta l’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. avverso la cartella di pagamento »);
la pronuncia, pertanto, come già evidenziato nella proposta di definizione accelerata, era impugnabile unicamente con l’appello;
in senso contrario e per l’univoca chiarezza della qualificazione della domanda operata con la gravata sentenza, non assumono rilevanza, diversamente da quanto opinato dal ricorrente, né lo svolgimento della controversia in prime cure secondo il rito del lavoro (in conseguenza di apposito provvedimento di mutamento del rito), né il richiamo, operato nella epigrafe della sentenza, agli artt. 10 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, e 152 del d.lgs. n. 196 del 2003;
la trattazione della lite secondo le scansioni prefigurate per il c.d. processo del lavoro non incide punto sul regime di impugnazione della pronuncia conclusiva del giudizio, soggetta (anche per le opposizioni ad esecuzione per crediti di lavoro in senso proprio) alle regole generali dettate dagli artt. 616 e 618 del codice di rito;
la menzione contenuta nell’epigrafe della sentenza (così formulata: « il Tribunale ha dato lettura del dispositivo e della motivazione ai sensi dell’art. 10 d.lgs. n. 150/2011 e 152 d.lgs. n. 196/03 ») vale ad esplicitare la sequenza procedimentale alla cui stregua si è dipanato il processo (cioè a dire, funge da richiamo al c.d. rito del lavoro) non già a segnare la diretta ricorribilità per cassazione della sentenza, operante (a dire dell’opponente) in forza della previsione dell’art. 10, decimo comma, del d.lgs. n. 150 del 2011 (riproducente il disposto dell’art. 152, tredicesimo comma, del d.lgs. n. 196 del 2003);
giova rammentare, sul tema, che l’impugnabilità con il rimedio di cui all’art. 111 Cost. concerne (ed è strettamente limitata, trattandosi di deroga al principio generale dell’appellabilità) « le controversie che riguardano l’applicazione delle disposizioni » del codice della privacy;
nel giudizio in questione, per contro, non viene in alcun modo in rilievo l’applicazione delle norme in tema di diritto alla riservatezza, la cui violazione costituisce soltanto la scaturigine remota e la matrice causale del credito azionato nelle forme della riscossione coattiva a mezzo ruolo: l’oggetto del contendere afferisce invece al diritto a
procedere alla esecuzione forzata minacciata con la cartella, contestato sotto vari profili (per inesistenza di un idoneo titolo, per estinzione della pretesa), come peraltro chiaramente evidenziato dal giudice territoriale, sicché malamente invocati risultano gli arresti della giurisprudenza europea in tema di interpretazioni formalistiche e norme ambigue;
in definitiva, è dichiarata l’inammissibilità del ricorso, in conformità alla proposta di definizione accelerata;
da ciò consegue, oltre al regolamento delle spese del grado secondo soccombenza, l’adozione dei provvedimenti di condanna (nelle misure indicate in dispositivo) di cui all’art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., giusta l’art. 380 -bis, ultimo comma, cod. proc. civ.;
atteso l’esito del ricorso, va poi dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del l’art. 1 -bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna parte ricorrente, RAGIONE_SOCIALE, alla refusione in favore di parte controricorrente, Garante per la protezione dei dati personali, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 2.500 per compensi, oltre alle spese eventualmente prenotate a debito;
condanna parte ricorrente, RAGIONE_SOCIALE, al pagamento in favore di parte controricorrente, Garante per la protezione dei dati personali, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ., dell’ulteriore somma di euro 2.500;
r.g. n. 10411/2022 Cons. est. NOME COGNOME
condanna la RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ., dell’ulteriore somma di euro 2.500;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione