Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14692 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14692 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3361-2022 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 370/2021 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 08/07/2021 R.G.N. 456/2020;
Oggetto
Qualificazione giuridica della
domanda
Impugnazione
R.G.N.3361/2022
COGNOME
Rep.
Ud.13/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. La Corte di appello di Messina ha dichiarato l’inammissibilità del gravame proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza resa dal Tribunale della stessa sede, dichiarativa dell ‘ inammissibilità, per difetto di interesse ( attesa l’intervenuta decadenza triennale dall’azione giudiziaria ex art. 47 dPR n.639/70), del ricorso proposto dalla parte per l’ accertamento del requisito sanitario utile al riconoscimento della pensione di reversibilità.
2.La Corte territoriale ha ritenuto che l’ordinanza appellata fosse stata emessa nell’ambito di un procedimento di accertamento tecnico preventivo, come emergeva dalla intestazione dell’atto introduttivo (recante la dicitura ‘ricorso ex art. 445 c.p.c.’ ), sicché la pronuncia, resa nella fase preliminare, era inappellabile; sul punto doveva applicarsi, in ragione del suo carattere definitorio del giudizio, l’ultimo comma dell’art. 445 -bis c.p.c.
Ha aggiunto che, anche a volere ritenere che la domanda originaria non fosse diretta all’accertamento del requisito sanitario bensì al riconoscimento del diritto alla prestazione, il giudizio avrebbe dovuto proseguire nelle forme scelte dal ricorrente, quantunque erronee, fino alla adozione da parte del giudice di una ordinanza di mutamento del rito.
Da ultimo ha ricordato che l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile deve avvenire in base al principio dell’apparenza, cioè con riguardo esclusivo alla qualificazione dell’azione, anche implicita, compiuta dal giudice nel provvedimento giurisdizionale soggetto ad impugnazione.
Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione NOME COGNOME affidandosi a due motivi, cui INPS resiste con controricorso. All’adunanza camerale del 13 marzo 2025 la causa è stata trattata e decisa.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo il ricorrente deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Oggetto di censura è la statuizione di inammissibil ità dell’appello , in quanto relativo ad un procedimento di accertamento tecnico preventivo. Il ricorrente deduce che il ricorso andava qualificato come domanda di riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità, benché erroneamente nella intestazione fosse stato menzionato l’articolo 445 c.p.c. ( e non già l’a rt. 445-bis c.p.c.) in luogo dell’art. 442 c.p.c. Aggiunge che la pronuncia di primo grado non si era espressa sulla qualificazione della domanda; richiama, quindi, l’orientamento di questa Corte di legittimità secondo il quale la qualificazione dell’azione va operata in ragione de l tenore sostanziale dell’atto e non d ella intestazione che l’attore vi abbia attribuito.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione ed errata applicazione dell’art. 445 -bis c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto la inappellabilità della pronuncia definitoria ai sensi del comma 7 dell’art. 445 -bis c.p.c., senza considerare che la domanda era diretta non già ad accertare il requisito sanitario ma il diritto alla pensione di reversibilità.
Nel controricorso l’INPS eccepisce l’inammissibilità dei motivi di ricorso, redatti senza osservare i canoni della autosufficienza in ordine al contenuto degli atti di causa dai quali emergerebbe l’erroneità delle conclusioni rassegnate dalla Corte d’appello; nel
merito, rileva l’infondatezza del ricorso , giacché l’interpretazione della domanda introduttiva d el giudizio è riservata al giudice adito.
4. Il primo motivo di ricorso è infondato.
La motivazione, che si assume carente e contraddittoria, è stata espressa nella sentenza impugnata. La Corte territoriale ha qualificato il ricorso introduttivo come ricorso ex art. 445 bis c.p.c. in ragione dell’intestazione formale dell’atto difensivo (attraverso il richiamo all’articolo 445 del codice di rito) e del suo contenuto (accertamento del possesso del requisito sanitario). Né risultano argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la ” ratio decidendi ” della sentenza.
Il vizio della motivazione è, invece, deducibile in cassazione, ex art. 360 n. 5 c.p.c., nei limiti dell’omesso esame di un ‘fatto’ , inteso quale specifico accadimento in senso storico-naturalistico oggetto di discussione delle parti ed avente rilevanza decisiva, conseguendone la inammissibilità delle censure di contraddittorietà ed insufficienza della motivazione ( ex multis , Cass n. 7090/2022 e n. 23940/17, sulla base di Cass. SU 8053/14).
Il ricorso non individua specificamente un fatto storico non esaminato dal giudice dell’appello ma contrappone all’interpretazione della domanda compiuta dal giudice del merito la diversa valutazione della parte.
5. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso, con il quale la parte sottopone al vaglio di legittimità la qualificazione della domanda sotto il diverso profilo della violazione di legge, ritenendo erronea l’applicazione de l settimo comma dell’art. 445-bis c.p.c.
Nella fattispecie di causa trova tuttavia applicazione il principio, espresso più volte da questa Corte, secondo cui la individuazione del regime di impugnazione esperibile avverso un provvedimento giurisdizionale deriva dalla qualificazione della domanda operata dal giudicante nel provvedimento: ‘l’identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale deve essere fatta in base al principio dell’apparenza, e cioè con riferimento esclusivo alla qualificazione dell’azion e effettuata dal giudice che ha emesso il provvedimento, sia essa corretta o meno, a prescindere dalla qualificazione data dalle parti ‘ ( Cass. n.3484/2024, Cass. n.12876/16 e n. 11012/2007).
Trattasi di orientamento consolidato, cui si intende dare continuità.
Secondo la richiamata giurisprudenza, il principio dell’apparenza deve prevalere sul contrario principio, cd . “sostanzialistico”, nelle ipotesi in cui la qualificazione della azione, sebbene non corretta, risulti determinata da una consapevole scelta del giudice, ancorché non esplicitata nella motivazione, così ingenerando un affidamento incolpevole della parte in ordine al regime di impugnazione (Cass. n.38587 del 2021; nello stesso senso Cass. n.1437/2024).
Nella specie, il Tribunale qualificava la domanda come ricorso ex art. 445 bis c.p.c., come risulta inequivocamente tanto dal fatto che definiva il giudizio con ordinanza ( e non con sentenza) di inammissibilità (senza fare luogo a ctu) tanto dalla esposizione del fatto processuale contenuta nella sentenza impugnata (pagina 2, in principio). Si legge, infatti, che con l’appello la parte contestava l’ error in iudicando compiuto dal primo giudice per avere qualificato la domanda come diretta
all’accertamento del requisito sanitario (invece che del diritto alla pensione).
Tale essendo la qualificazione della domanda operata dal Tribunale, l’appello non poteva essere proposto.
Il ricorso va conclusivamente respinto.
Le spese di lite sono irripetibili, stante la dichiarazione esentativa ex art. 152 disp. att. c.p.c., già presente agli atti del giudizio di appello, come riportato nella sentenza impugnata. Seguono le statuizioni sul contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1-bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta