Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19937 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19937 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18869-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1972/2020 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 08/01/2021 R.G.N.537/2019;
Oggetto
DIFETTO DI
CONTRADDITTORIO
R.G.N. 18869/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 04/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/03/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Bari ha rigettato il ricorso proposto da NOME COGNOME, dipendente dell’INPS assegnato all’agenzia di Altamura, con il quale era stata chiesta la declaratoria di illegittimità della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per un mese con privazione della retribuzione irrogatagli con determina del 2 agosto 2010 ai sensi dell’art. 2, comma 7 lett. h), del Regolamento di disciplina.
La Corte di appello di Bari ha riformato la sentenza di primo grado annullando la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio, rilevando l’assenza del presupposto della gravità del danno conseguente alle condotte illegittime del dipendente.
Ricorre per Cassazione l’INPS con tre motivi di ricorso cui resiste con controricorso il dipendente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia la violazione degli articoli 2106 c.c., 2 comma 7 lett. h) del Regolamento di disciplina INPS in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. e all’art. 111, comma 7, Cost. in lettura integrata con l’art. 6 CEDU.
La Corte avrebbe erroneamente ritenuto l’assenza del grave danno richiesto dall’art. 2 comma 7 del Regolamento di Disciplina nella misura in cui il giudizio sulla gravità degli addebiti non dipende dal valore del danno patrimoniale arrecato al datore di lavoro in conseguenza delle condotte illegittime del lavoratore, ma dall’accertamento della gravità del fatto oggettivo contestato da valutarsi in relazione al valore sintomatico che lo stesso possa assumere rispetto a
futuri comportamenti del lavoratore e quindi sulla fiducia che il datore di lavoro potrà nutrire nei suoi confronti.
Con il secondo motivo si denuncia la nullità della sentenza o del procedimento (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.) per violazione dei principi di cui all’art. 111 Cost. ed in particolare del comma 2 in una lettura integrata con l’art. 6 CEDU.
La censura deduce la nullità della sentenza della Corte territoriale e dell’intero giudizio per violazione del principio del contraddittorio.
In particolare, la Corte di appello ha pronunciato la sentenza impugnata all’esito di udienza pubblica a trattazione orale, sebbene la cancelleria avesse comunicato alla difesa dell’INPS con PEC del 5/12/2020 la celebrazione dell’udienza a trattazione scri tta ai sensi dell’art. 221, comma 4, d.l. n. 34 del 2020.
Risulta trascritta e depositata la comunicazione di cancelleria da cui risulta che la difesa dell’INPS è stata avvisata formalmente dell’udienza a trattazione scritta e che la decisione di trattare la causa oralmente in data 15/12/2020, viceversa, non è ma i stata comunicata, tant’è che la stessa è stata discussa dalla sola difesa del Fatigati con richiesta di ammissione di ulteriore prova documentale e all’esito trattenuta in decisione dalla Corte distrettuale. (vedi PEC 17/12/2020 di comunicazione da parte della cancelleria all’avvocato NOME COGNOME.
Con il terzo motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti in relazione agli artt. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., 111 Cost e 6 CEDU.
La Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare la determinazione n. 617/2010 di definizione del procedimento
disciplinare nella quale si fa espresso riferimento alla ‘mancata diligenza ovvero imperizia’ del dipendente a prescindere dalla sussistenza del danno economico.
Va affrontato preliminarmente il secondo motivo di ricorso che ove ritenuto fondato ha carattere assorbente rispetto alle altre due censure, attesa la lamentata violazione da parte della Corte di merito del principio del contraddittorio.
Il ricorso è fondato in relazione al secondo motivo di censura.
Va al riguardo premesso che l’omessa comunicazione del provvedimento di fissazione dell’udienza determina la nullità di tutti gli atti successivi del processo per violazione del principio del contraddittorio, che è dettato nell’interesse pubblico al corretto svolgimento del processo e non nell’interesse esclusivo delle parti. (cfr. Cass Sez. 3, Ordinanza n. 11877 del 06/05/2025).
Ciò posto, risulta in atti la mancata comunicazione alla difesa dell’INPS dell’udienza a trattazione orale che comporta la nullità di tutti gli atti processuali successivi per violazione del principio costituzionale del contraddittorio sancito dall’art. 111, comma 2, Cost..
Tale vizio non può che determinare la nullità della sentenza impugnata e di tutti gli atti posti successivamente compiuti, con assorbimento degli altri motivi di censura dedotti in tale sede.
Va conseguentemente, disattesa l’eccezione di tardività del ricorso, atteso che la mancata comunicazione dell’udienza a trattazione orale alla difesa dell’INPS non può che comportare la decorrenza del termine per impugnare dal deposito della sentenza in data 8/1/2021, piuttosto che da
quello dell’udienza a trattazione orale in cui si è data lettura del dispositivo.
In conclusione, la sentenza va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Bari in diversa composizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La corte accoglie il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Bari in diversa composizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV