Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3517 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 3517  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/02/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE , con sede in Roma, in persona del direttore della Direzione RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dottAVV_NOTAIO NOME COGNOME, in forza di procure rilasciate con atti del AVV_NOTAIO in Roma, rep. 49171 del 19. 12. 2002, e dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME in Roma, rep. 51363 del 10. 12. 2002, rappresentato e difeso per procura alle liti in calce al ricorso dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, INDIRIZZO.
Ricorrente
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentate  e  difese per procure alle liti in calce al controricorso dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliate presso lo studio del primo in Roma, INDIRIZZO.
Controricorrenti
avverso  la  sentenza  n.  442/2020  della  Corte  di  appello  di  Lecce,  sezione distaccata di Taranto, depositata il 18.12.2020.
Udita  la  relazione  della  causa  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  9.1.2025 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
Fatti di causa e ragioni della decisione
1.Con atto di citazione del 2014 COGNOME NOME e COGNOME NOME, premesso di avere acquistato, quali ex inquilini dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, con contratto del 5.10.2004, un immobile dalla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, a seguito della legge sulla dismissione delle proprietà degli enti previdenziali, convennero dinanzi al tribunale di Taranto la società cedente, assumendo che il prezzo di acquisto da loro versato era maggiore di quello determinabile in applicazione dei criteri stabiliti dalla legge e chiedendo quindi la restituzione dell’eccedenza ; chiesero inoltre la restituzione anche del deposito cauzionale relativo al cessato contratto di locazione.
Si  costituì  in  giudizio  l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE,  quale  successore  universale  dell’ex  RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE,  e procuratrice  speciale  della  RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE,  deducendo  la  corretta  determinazione  del prezzo di vendita.
Con sentenza n. 1096 del 2017 il tribunale accolse la domanda e condannò l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE  al  pagamento  in  favore  degli  attori  dell e  somme  di  euro  7.269,03  a titolo di restituzione di parte del prezzo versato per l’acquisto e di euro 363,07 per il deposito cauzionale, oltre gli interessi di mora.
Proposto gravame, con sentenza n. 442 del 18.12.2020 la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, confermò la pronuncia di primo grado.
Per quanto qui ancora rileva, la Corte territoriale, premesso che nell ‘atto di vendita gli acquirenti avevano fatto espressa riserva di agire per la rideterminazione del corrispettivo, motivò la conclusione accolta affermando che, in base alla normativa applicabile in materia, il prezzo di vendita dell’immobile, stimato ai valori di RAGIONE_SOCIALE di ottobre 2021 alla data del 31.12.2003, momento in cui era stata formulata dall’ente proprietario l’offerta di opzione, andava abbattuto sulla base del coefficiente aggregato relativo al periodo del secondo semestre 2003, pari a 0,8777, pubblicato in Gazzetta
Ufficiale del 13.8.2004, vigente al momento dell’offerta, e non , come preteso dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, sulla base del coefficiente precedente, relativo al primo semestre 2003. L’art. 1 del decreto legge n. 41 del 2004 prevede, infatti, al comma 1, che il prezzo sia determinato al momento dell’offerta in opzione, mentre al comma 2 specifica che la relativa determinazione, ai sensi dell’art. 3 , comma 7, decreto legge n. 351 del 2001, deve tener conto dei coefficienti di abbattimento calcolati dalla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE del territorio sulla base degli eventuali aumenti di valore degli immobili tra la data della suddetta offerta in opzione ed i valori medi di RAGIONE_SOCIALE del mese di ottobre 2001. La soluzione diversa, patrocinata dall ‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, non poteva d’altra parte fondarsi sul d.m. 26.3.2004, secondo cui la prima tabella relativa al primo semestre 2003 andava utilizzata nelle offerte di opzione inviate sino alla data di entrata in vigore del decreto stesso e per le quali non fosse stato già stipulato il rogito, atteso che tale disposizione, essendo in contrasto con la normativa del citato decreto legge n. 41 del 2004, andava nella specie disapplicata.
Per  la  cassazione  di  questa  decisione,  con  atto  notificato  il  9.2.2021  ha proposto ricorso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, affidato a quattro motivi.
COGNOME  NOME  e  COGNOME  NOME,  anche  in  qualità  di  eredi  di  COGNOME NOME,  hanno notificato controricorso, illustrato da successiva memoria.
Il  P.M.,  nella  persona  del  AVV_NOTAIO, ha depositato memoria, con cui  ha chiesto il rigetto del ricorso.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 1, comma 4, decreto legge n. 41 del 23.2.2004 e degli artt. 4 e 5 legge 20.3.1865, n. 2248 all. E), per avere la Corte di merito giustificato la sua decisione in forza della disapplicazione del d.m. 23.2.2004, che ha veste ammnistrativa ma in realtà natura normativa, laddove la disapplicazione degli atti amministrativi che, in caso di riscontro della loro illegittimità, il giudice ordinario può disporre, riguarda esclusivamente gli atti formalmente e sostanzialmente amministrativi.
Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 11 preleggi al c.c. e violazione  e falsa applicazione del decreto legge n. 41 del 2004 e del d.m. 26.3.2004,  art.  1,  censurando  la  sentenza  impugnato  per  avere  ritenuto
illegittima e quindi disapplicata la disposizione contenuta nel d.m. citato per contrasto con il disposto del decreto legge. In realtà, sostiene il ricorrente, non sussis teva tra le varie disposizioni alcun contrasto, atteso che l’art. 1 del decreto legge, nella formulazione vigente al momento del rogito, non faceva alcun cenno alla valutazione della RAGIONE_SOCIALE del territorio come parametro temporale per la determinazione del prezzo, ma demandava ad uno o più decreti ministeriali le modalità applicative e la fissazione dei criteri per procedervi.
Il terzo motivo di ricorso, che denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 37, comma 56, decreto legge 23. 2. 2006, n. 226 e del primo e secondo periodo dell’art. 1, comma 2, decreto legge 23. 2. 2004, n. 41, censura la decisione impugnata per non avere applicato, nel decidere la controversia, la disposizione di cui all’art. 1, comma 2, decreto legge 23. 2. 2004, n. 41, introdotta dal decreto legge 4. 7. 2006, n. 223, entrato in vigore il 4.7.2006, nella parte in cui prevede che: ‘ Qualora le offerte in opzione non siano inviate dagli enti gestori agli aventi diritto, dopo un intervallo di tempo superiore a sei mesi rispetto alla valutazione dell’RAGIONE_SOCIALE del territorio, i coefficienti di abbattimento da applicare dovranno essere quelli pubblicati in epoca immediatamente successiva alla data della valutazione stessa, al fine di garantire che il prezzo delle unità immobiliari offerte in opzione sia effettivamente corrispondente in termini reali ai valori di RAGIONE_SOCIALE del mese di ottobre 2001 ‘. Sostiene il ricorrente che, per quanto entrata in vigore dopo la stipulazione del contratto di vendita, tale disposizione avrebbe dovuto essere applicata nel caso di specie, avendo natura chiaramente interpretativa.
Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1326, 1351 e 2932 c.c., lamentando che la Corte di appello abbia ritenuto rideterminabile e modificabile il prezzo di cessione degli alloggi, in violazione del principio di vincolatività del contratto, nonostante esso fosse stato espressamente accettato dai cessionari con l’esercizio della loro opzione all’acquisto, momento che, ai sensi di legge, perfeziona l’accordo in ordine alla cessione dell’immobile ed al prezzo.
R.G. N. NUMERO_DOCUMENTO.
I motivi, che vanno trattati congiuntamente in ragione della loro connessione obiettiva ed ai fini  di  chiarezza  espositiva  della  decisione,  sono infondati.
Occorre  premettere  l’esposizione,  sia pure  sintetica, della  normativa  di riferimento.
In particolare, vanno richiamati: il decreto legge 25. 9. 2001, n. 351, convertito con legge 23. 11. 2001, n. 410, che prevedeva la dismissione degli immobili dello Stato e degli enti pubblici e la concessione, a determinate condizioni, di un diritto di opzione all’acquisto in favore degli inquilini, con sconti in misura prefissata sul prezzo di RAGIONE_SOCIALE, da determinarsi con riferimento ad unità immobiliari aventi caratteristiche simili (art. 3); il successivo decreto legge n. 41 del 2004, convertito con legge n. 104 del 2004, che, all’art. 1, comma 1, stabiliva che il prezzo di cessione ‘ è determinato, al momento dell’offerta in opzione e con le modalità di cui al comma 2, sulla base dei valori di RAGIONE_SOCIALE del mese di ottobre 2001 ‘, vale a dire, ai sensi del comma richiamato, ‘ applicando, ai sensi dell’art. 3, comma 7, d.l. n. 351 del 2001, coefficienti aggregati di abbattimento calcolati dall’RAGIONE_SOCIALE del territorio sulla base di eventuali aumenti di valor e degli immobili tra la data della suddetta offerta in opzione ed i valori medi di RAGIONE_SOCIALE del mese di ottobre 2001, quali pubblicati dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e di altri parametri di RAGIONE_SOCIALE ‘; l’art. 37, comma 56, decreto legge n. 223 del 2006, entrato in vigore il 4. 7. 2006, convertito con legge n. 248 del 4.8.2006, che ha aggiunto al comma 2 dell’art. 1 sopra riportato il seguente periodo: ‘
he questa disposizione enuclea e disciplina una ipotesi mai contemplata dalla normativa precedente, vale a dire il caso in cui le offerte di opzione siano inviate oltre sei mesi dalla stima dell’immobile da parte della RAGIONE_SOCIALE del territorio. Nei confronti di essa non è dato pertanto rinvenire alcun intento chiarificatore, ma soltanto la scelta di dettare una disciplina più adeguata alle circostanze di fatto, in particolare ai ritardi degli enti previdenziali, ai fini determinazione del prezzo di cessione, coprendo situazioni in precedenza non disciplinate dalla legge (Cass. n. 7185 del 2023). Ne è conferma lo stesso fatto che la disposizione sia stata poi abrogata (decreto legge n. 185 del 2008, art. 16, comma 2).
Il  principio  in  materia,  infatti,  è  che  la  natura  interpretativa  di  una  legge, comportando  una  deroga  al principio della irretroattività, non  può  che dipendere dal suo contenuto, caratterizzato dall’enunciazione di un
apprezzamento interpretativo circa il significato di un precetto antecedente, a cui la norma si ricollega nella formula e nella “ratio”, e da un momento precettivo, con il quale il legislatore impone questa interpretazione, escludendone ogni altra. È perciò necessario che essa esprima non solo il significato da attribuire ad una norma precedente, ma anche la volontà del legislatore di imporre questa interpretazione anche per il passato ( Cass. n. 23827 del 2012; Cass. n. 9895 del 2003; Cass. n. 7182 del 1986 ).
Ne discende che correttamente, ai sensi dell’art. 11 preleggi al codice civile, la disposizione di legge invocata  non ha trovato applicazione al rapporto dedotto in  giudizio,  essendo  stata  introdotta  dopo  la  stipulazione  del  contratto  di compravendita, avvenuta il 5.10.2004.
Il ricorso va pertanto respinto.
Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si  dà  atto  che  sussistono  i  presupposti    per  il  versamento,  da  parte  del ricorrente ,  dell’ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato  pari  a  quello previsto per il  ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna l’ RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore dei controricorrenti delle  spese  di  giudizio,  che  liquida  in  euro  3.600,00,  di  cui  euro  200,00  per esborsi,  oltre accessori di legge  e spese generali.
Dà  atto  che  sussistono  i  presupposti    per  il  versamento,  da  parte  del ricorrente ,  dell’ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato  pari  a  quello previsto per il  ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 gennaio 2025.