Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 377 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 377 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/01/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi per procura alle liti in calce al ricorso dall’Avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliati presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
Ricorrenti
contro
COGNOME NOME e COGNOME rappresentati e difesi per procura alle liti in calce al controricorso dall’Avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliati presso il suo studio in Ruvo di Puglia, INDIRIZZO
Controricorrenti avverso la sentenza n. 501/2020 della Corte di appello di Bari, depositata il 3. 3. 2020.
Udita la relazione sulla causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 20. 12. 2023.
Fatti di causa e ragioni della decisione
R.G. N. 16023/2020.
Con sentenza n. 501 del 3. 3. 2020 la Corte d’appello di Bari confermò la decisione di primo grado, che aveva rigettato la domanda proposta da COGNOME NOME e COGNOME NOME diretta ad ottenere la condanna di COGNOME NOME e COGNOME NOME alla ripetizione di parte del prezzo pagato a seguito dell’acquisto di un appartamento sito in comune di Ruvo di Puglia in forza di rogito di compravendita stipulato in data 16. 5. 2007.
Gli attori avevano agito in giudizio esponendo che l’unità immobiliare da loro acquistata faceva parte di un immobile costruito dalla cooperativa edilizia RAGIONE_SOCIALE in forza di una convenzione con il comune con destinazione ad edilizia residenziale di tipo economico e popolare, stipulata ai sensi dell’art. 35 legge n. 865 del 1971, e che il prezzo pagato era superiore a quello imposto dal comune e dalle disposizioni di legge all’epoca vigenti. Ne conseguiva, ad avviso degli esponenti, la nullità parziale del contratto con riguardo alla clausola determinativa del prezzo, il cui ammontare doveva essere sostituito automaticamente con quello imposto, che indicò in euro 92.963,00, con conseguente obbligo dei venditori di restituire la differenza indebitamente incassata.
Il Tribunale di Trani respinse la domanda e tale pronuncia venne confermata dalla Corte di appello, la quale motivò il rigetto del gravame sulla base del rilievo che l’art. 35 della legge n. 865 del 1971 non prevede criteri diretti per la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi costruiti a sensi della medesima legge, ma delega al comune di determinarlo con la convenzione con cui concede il diritto di superficie al costruttore e che, nel caso di specie, come risultava anche dalla attestazione rilasciata dal comune di Ruvo di Puglia in data 15. 5. 2007 ed allegata all’atto pubblico di compravendita, la convenzione intervenuta tra lo comune e la cooperativa RAGIONE_SOCIALE non conteneva alcuna disposizione in tal senso. Tale mancanza, ad avviso della Corte, escludeva la possibilità di ridurre il prezzo contrattuale stabilito dalle parti nel senso richiesto dagli acquirenti.
Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato il 5. 6. 2020, hanno proposto ricorso COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME sulla base di un unico articolato motivo.
R.G. N. 16023/2020.
COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno notificato controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Preliminarmente v a esaminata e quindi respinta l’eccezione di improcedibilità del ricorso avanzata dalla parte controricorrente, per essere stato depositato presso la Cancelleria di questa Corte oltre il termine di 20 giorni, previsto dall’art. 369 cod. proc. civ., dalla sua notifica. Dall’esame dell’atto di iscrizione a ruolo risulta infatti che il ricorso, notificato il 5. 6. 2020, è stato depositato il 22. 6. 2020 e, quindi, nel termine prescritto.
L’unico motivo di ricorso , che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115 e 116 cod. proc. civ., degli artt. 1453, 1454 e 1455 cod. civ. e dell’art. 35 della legge n. 865 del 1971, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, assume che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di appello, il quadro normativo delle disposizioni di legge in materia di edilizia residenziale economica e popolare fissa limiti per la determinazione del prezzo di rivendita degli alloggi, tanto che l’ art. 31, comma 49 bis, della l. n. 448 del 1998, ha previsto una speciale convenzione per l’affrancazione di detto vincolo.
Sotto altro profilo si denuncia come erronea l’affermazione secondo cui la convenzione stipulata tra il comune di Ruvo di Puglia e la cooperativa edilizia RAGIONE_SOCIALE non prevedeva un prezzo massimo di cessione, nonostante i richiami ivi presenti all e norme di legge sull’edilizia convenzionata , rinvio a sua volta fatto anche nell’atto di assegnazione degli alloggi ai soci della cooperativa. Il motivo è infondato.
Il ricorso pone la seguente questione di diritto: se il proprietario del bene edificato a seguito di convenzione stipulata dal comune con il costruttore ai sensi dell’art. 35 della legge n. 865 del 1971, in tema di edilizia residenziale di tipo economico e popolare, sia sottoposto al vincolo di vendere il bene ad un determinato prezzo in assenza di una clausola, nella suddetta convenzione, di determinazione del prezzo di cessione degli alloggi ovvero dei criteri per determinarlo.
Invero il ricorrente contesta quest’ultima proposizione, vale a dire l’assenza nella convenzione stipulata dal comune di Ruvo di Puglia e la cooperativa RAGIONE_SOCIALE
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Casa, che ha realizzato l’immobile, di una clausola di determinazione del prezzo di cessione degli alloggi, ma solo sotto il profilo che tale determinazione sarebbe contenuta nel rinvio da essa fatto alle norme di legge in materia di edilizia agevolata, senza quindi contestare in modo specifico tale circostanza, contrapponendovi l’esistenza di una precisa clausola convenzionale determinativa del prezzo. In ogni caso, la mancanza nella convenzione tra comune e costruttore di una clausola siffatta risulta affermata dalla Corte di appello, che ne richiama a conforto il testo di tale atto e l’attestazione del comune resa in data 15. 5. 2007, che è quella allegata all’atto pubblico di compravendita stipulato tra le parti, rilasciata su specifica richiesta dei venditori, che avevano rappresentato al comune l’assenza di alcun vincolo sul prezzo, ove di tale clausola manca qualsiasi cenno. Tale dato deve pertanto ritenersi acquisito in forza di un accertamento di fatto svolto dal giudice di merito, non sindacabile in sede di giudizio di legittimità. Per tale ragione scolorano, per evidente inammissibilità, le censure sollevate dal ricorso di violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. (Cass. S.U. n. 20867 del 2020 ). Tanto precisato, al quesito sollevato deve darsi risposta negativa, in adesione alle ragioni fatte proprie dalla Corte distrettuale.
L’art. 35 citato prevede la possibilità per i comuni o i loro consorzi di concedere, su determinate aree, il diritto di superficie per la costruzione di case di tipo economico popolare e dei relativi servizi urbani, prevedendo che la delibera di concessione determini il contenuto della convenzione tra l’ente concedente ed il richiedente, da stipularsi per atto pubblico e soggetta a trascrizione; stabilisce inoltre che la convenzione deve prevedere , tra l’altro, i criteri ‘ per la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi ‘ ( comma 8 lett. e) ).
Questa Corte ha precisato al riguardo che la clausola della convenzione di determinazione del prezzo di cessione, oltre a vincolare il richiedente la concessione, vincola anche i proprietari degli alloggi ed i successivi acquirenti, costituendo un onere di natura reale, che può estinguersi solo nei modi previsti dalla legge ( Cass. S.U. n. 21348 del 2022; Cass. n. 26689 del 2020; Cass. n. 30951 del 2017; Cass. S.U. n. 18135 del 2015 ) . Non v’è dubbio quindi che chi venda un alloggio edificato sulla base d ella suddetta convenzione abbia l’obbligo
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di cederlo al prezzo in essa indicato, e che, nel caso in cui il prezzo praticato sia superiore, la relativa clausola vada incontro a nullità, con conseguente applicazione al contratto, ai sensi dell’art. 1339 cod. civ., del prezzo imposto, determinato dalla convenzione, configurandosi essa come l’atto espressamente autorizzato dalla legge a dettare il contenuto della relativa clausola contrattuale.
L’assetto normativo appare quindi univoco nell’affidare proprio alla convenzione tra il comune ed il costruttore il compito di determinare il prezzo di cessione degli alloggi. Tale conclusione è avvalorata dagli interventi legislativi successi, in particolare dall’art. 31, comma 49 bis, legge n. 448 del 1998, introdotto dalla legge n. 108 del 2021 ( art. 22 bis ), che nel prevedere la possibilità di affrancazione tramite apposita convenzione, fa espresso riferimento ai ‘ vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione … contenuti nelle convenzioni di cui all’art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni ‘.
Vero è che la disposizione normativa citata appare indicare la clausola relativa al prezzo di cessione come contenuto necessario della convenzione stipulata tra il comune ed il costruttore e che tale indicazione appare funzionale all’interesse della legge di concedere il diritto di superficie e le agevolazioni previste al fine di soddisfare le esigenze abitative di tipo economico e popolare e di evitare conseguentemente forme speculative, sottraendo tali alloggi al libero mercato. Rimane tuttavia la considerazione che la sussistenza del vincolo relativo al prezzo di cessione degli alloggi presuppone necessariamente la determinazione dello stesso da parte della convenzione, potendo osservarsi che, in mancanza, difetta quel dato di riferimento necessario a cu i parametrare l’ammontare del prezzo praticato e la possibilità di sostituirlo attraverso il meccanismo di inserzione automatica previsto dall’art. 1339 cod. civ. . Gli arresti di questa Corte in tem a di applicazione dell’art. 35 citato fanno del resto rif erimento sempre ai casi cui la clausola determinativa del prezzo di cessione sia contenuta nella convenzione concessoria.
Ne discende che il vincolo sul prezzo in capo al cedente presuppone che esso sia stato determinato , tramite l’indicazione dei relativi criteri di quantificazione,
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in sede di convenzione dal comune e che, in mancanza di determinazione al riguardo, non essendovi alcun prezzo imposto, detto vincolo non sia configurabile.
Né si ravvisano mezzi validi di sostituzione o integrazione.
In particolare, il richiamo alle norme di settore svolto dal ricorso non può costituire una valida soluzione, atteso che le disposizioni di legge in materia si limitato a stabilire che la convenzione contenga la determinazione del prezzo di cessione, ma non indicano i criteri per determinarlo. Né risulta adeguata l’opzione di una eterodeterminazione con riferimento a quanto pagato dal titolare dell’alloggio per la sua assegnazione, trattandosi di un valore stabilito dalle parti private e non imposto dall’Am ministrazione concedente con l’atto a ciò espressamente autorizzato dalla legge, situazione che, di per sé, impedisce l’operatività del meccanismo di inserzione automatica previsto dall’art. 1339 cod. civ..
Per queste ragioni la soluzione accolta dalla Corte di appello va condivisa ed il ricorso rigettato.
La novità della questione affrontata costituisce motivo per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio.
Deve infine darsi atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dell’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. n. 115 del 2002.
P. Q. M.
rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 dicembre 2023.
Il Presidente
NOME COGNOME