Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16205 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16205 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12447/2020 R.G. proposto da:
INPS, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
NOME e NOMECOGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI TARANTO n. 19/2020 depositata il 16/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/02/2025 dal Consigliere dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Taranto accolse la domanda di NOME COGNOME proposta nei confronti dell’INPDAP , volta ad ottenere la declaratoria di nullità parziale del contratto di compravendita di un appartamento, già di proprietà della Cassa per le pensioni ai sanitari. In particolare, il giudice adito affermò -ribadita la competenza del giudice ordinario in ragione della controversia circa la corretta quantificazione del prezzo -l’erroneità del coefficiente adottato per la determinazione del corrispettivo e condannò l’Ente convenuto alla restituzione della differenza.
La Corte di Appello di Lecce, sez. distaccata di Taranto, con sentenza n. 19 del 16 gennaio 2020, rigettò il gravame dell’INPS, subentrato all’INPDAP .
Il giudice di secondo grado rilevò che la determinazione del prezzo delle unità immobiliari avveniva al momento del perfezionamento dell’accordo negoziale, mediante l’atto pubblico, e non al momento dell’offerta . Nel caso in esame, la determina dell’INPDAP del 31 maggio 2004 non avrebbe stabilito il prezzo, ma solo la base di calcolo per la relativa determinazione matematica, da compiersi successivamente con l’applicazione del correttivo costituito dal predetto coefficiente.
Contro la detta sentenza ricorre per cassazione l’INPS , sulla scorta di quattro motivi.
Sono rimasti intimati NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME quali eredi di NOME COGNOME
La causa è stata portata alla discussione nella camera di consiglio del 19 febbraio 2025.
RAGIONI DI DIRITTO
Con la prima censura parte ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata , ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c., giacché sarebbe stata emessa con motivazione apparente, sulla scorta di prove non introdotte dalle parti. In
particolare, la Corte d’appello si sarebbe espressa circa un diverso coefficiente di abbattimento del prezzo, pur in assenza di un documento attestante la data di riferimento.
Il motivo è in parte inammissibile, perché non coglie la ratio della sentenza impugnata, ed in parte infondato.
La Corte d’appello ha affermato che, una volta stabilita la determinazione del prezzo da effettuarsi all’atto dell’effettivo incontro delle volontà in forma scritta , ‘ il coefficiente di abbattimento applicabile diviene quello calcolato (e pubblicato) in epoca immediatamente successiva alla data della valutazione ‘. La sentenza impugnata ha fatto riferimento ad un prezzo prestabilito, derivante da un apposito calcolo matematico in applicazione di una precisa norma di legge, aggiungendo che ‘ non esiste formale doglianza sull’esattezza del coefficiente di abbattimento del prezzo dell’immobile per come indicato nella misura di 0,8777, sulla base del comunicato dell’A.G.T. del 13/8/2004, né in ordine alle altre statuizioni di cui al I° capo del dispositivo ‘.
Con tale motivazione manca di confrontarsi la doglianza del l’Istituto ricorrente.
D’altronde, l’omesso richiamo alla perizia di stima degli immobili, che necessariamente deve tenere conto dei vari indici di valutazione previsti dalla complessiva normativa in materia, risulta superato da parte della sentenza impugnata in forza del principio di non c ontestazione, di cui all’art. 115, comma 1, c.p.c., avendo al riguardo la Corte territoriale precisato che l ‘indicazione del prezzo applicabile alle compravendite per cui è causa, indicato dagli attori fin dal loro atto introduttivo del giudizio, non era mai stato specificatamente contestato dall’istituto convenuto.
Ora, l’applicazione da parte del giudice di merito del principio di non contestazione integra senz’altro una motivazione adeguata a sostenere la decisione che abbia preso in considerazione il fatto non contestato, traendo direttamente la sua validità e persuasività dalla regola processuale che prescrive al giudice di porre a fondamento della sua decisione i fatti non contestati dalle parti. Posto che la questione controversa concerneva il solo coefficiente di abbattimento della stima degli immobili venduti ed il ricorso nemmeno contesta
che l’applicazione del coefficiente richiesto dagli attori comportasse una riduzione del prezzo nella misura da essi indicata, la censura è priva di pregio e va pertanto rigettata.
Con il secondo mezzo l’INPS lamenta la violazione e falsa applicazione del D.L. 23.2.2004 n. 41 e del D.M. 26.3.2004 n. 1493, nonché dell’art. 1339 c.c.
Ad avviso di parte ricorrente la Corte di Appello di Lecce, sez. distaccata di Taranto, avrebbe illegittimamente ritenuto la possibilità di pervenire alla sostituzione automatica delle clausole contrattuali, nonostante avesse presupposto un rapporto fra privati, che implicava l’immodificabilità del prezzo liberamente pattuito fra le parti.
Il terzo motivo di ricorso, che denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 37, comma 56, D.L. 23. 2. 2006, n. 226 e del primo e secondo periodo dell’art. 1, comma 2, D.L. 23. 2. 2004, n. 41, censura la decisione impugnata per non avere applicato, nel decidere la controversia, la disposizione di cui all’art. 1, comma 2, D.L. 23. 2. 2004, n. 41, introdotta dal D.L. 4. 7. 2006, n. 223, entrato in vigore il 4.7.2006, nella parte in cui prevede che: ‘ Qualora le offerte in opzione non siano inviate dagli enti gestori agli aventi diritto, dopo un intervallo di tempo superiore a sei mesi rispetto alla valutazione dell’Agenzia del territorio, i coefficienti di abbattimento da applicare dovranno essere quelli pubblicati in epoca immediatamente successiva alla data della valutazione stessa, al fine di garantire che il prezzo delle unità immobiliari offerte in opzione sia effettivamente corrispondente in termini reali ai valori di mercato del mese di ottobre 2001 ‘. Sostiene il ricorrente che, per quanto entrata in vigore dopo la stipulazione del contratto di vendita, tale disposizione avrebbe dovuto essere applicata nel caso di specie, avendo natura chiaramente interpretativa.
Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1326, 1351 e 2932 c.c., lamentando che la Corte di appello abbia ritenuto rideterminabile e modificabile il prezzo di cessione degli alloggi, in violazione del principio di vincolatività del contratto, nonostante esso fosse stato espressamente accettato dai cessionari con l’esercizio della loro opzione all’acquisto, momento che, ai sensi di legge, perfeziona l’accordo in ordine alla cessione dell’immobile ed al prezzo.
I predetti motivi, che vanno trattati congiuntamente in ragione della loro connessione obiettiva ed ai fini della chiarezza espositiva della decisione, sono infondati.
Occorre premettere l’esposizione, sia pure sintetica, della normativa di riferimento.
In particolare, vanno richiamati: il D.L. 25. 9. 2001, n. 351, convertito con legge 23. 11. 2001, n. 410, che prevedeva la dismissione degli immobili dello Stato e degli enti pubblici e la concessione, a determinate condizioni, di un diritto di opzione all’acquisto in favore degli inquilini, co n sconti in misura prefissata sul prezzo di mercato, da determinarsi con riferimento ad unità immobiliari aventi caratteristiche simili (art. 3); il successivo D.L. n. 41 del 2004, convertito con legge n. 104 del 20 04, che, all’art. 1, comma 1, stabiliva che il prezzo di cessione ‘ è determinato, al momento dell’offerta in opzione e con le modalità di cui al comma 2, sulla base dei valori di mercato del mese di ottobre 2001 ‘, vale a dire, ai sensi del comma richiamato, ‘ applicando, ai sensi dell’art. 3, comma 7, d.l. n. 351 del 2001, coefficienti aggregati di abbattimento calcolati dall’Agenzia del territorio sulla base di eventuali aumenti di valori degli immobili tra la data della suddetta offerta in opzione ed i valori medi di mercato del mese di ottobre 2001, quali pubblicati dall’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI) e di altri parametri di mercato ‘; l’art. 37, comma 56, decreto legge n. 223 del 2006, entrato in vigore il 4. 7. 2006, convertito con legge n. 248 del 4.8.2006, che ha aggiunto al comma 2 dell’art. 1 sopra riportato il seguente periodo: ‘
he questa disposizione enuclea e disciplina una ipotesi mai contemplata dalla normativa precedente, vale a dire il caso in cui le offerte di opzione siano inviate oltre sei mesi dalla stima dell’immobile da parte della Agenzia del territorio. Nei confronti di essa non è dato pertanto rinvenire alcun intento chiarificatore, ma soltanto la scelta di dettare una disciplina più adeguata alle circostanze di fatto, in particolare ai ritardi degli enti previdenziali, ai fini determinazione del prezzo di cessione, coprendo situazioni in precedenza non disciplinate dalla legge (Cass. n. 7185 del 2023). Ne è conferma lo stesso fatto che la disposizione sia stata poi abrogata (D.L. n. 185 del 2008, art. 16, comma 2).
Il principio in materia, infatti, è che la natura interpretativa di una legge, comportando una deroga al principio della irretroattività, non può che dipendere dal suo contenuto, caratterizzato dall’enunciazione di un apprezzamento interpretativo circa il significato di un precetto antecedente, a cui la norma si ricollega nella formula e nella ratio , e da un momento precettivo, con il quale il legislatore impone questa interpretazione, escludendone ogni altra. È perciò necessario che essa esprima non solo il significato da attribuire ad una norma precedente, ma anche la volontà del legislatore di imporre questa interpretazione anche per il passato (Cass., Sez. 2, n. 23827 del 21 dicembre 2012).
Ne discende che correttamente, ai sensi dell’art. 11 preleggi al codice civile, la disposizione di legge invocata non ha trovato applicazione al rapporto dedotto in giudizio, essendo stata introdotta dopo la stipulazione del contratto di compravendita, avvenuta il 5.10.2004.
Il ricorso va pertanto respinto.
Non si provvede sulle spese, in mancanza di attività difensiva degli intimati. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il