Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13846 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13846 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13333/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) per procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale capo-gruppo mandataria del R.T.I., elettivamente domiciliata in INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME per procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 324/2018 depositata il 16/02/2018; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con delibera n. 181 del 16 dicembre 1991, il RAGIONE_SOCIALE approvava il progetto dei lavori per la realizzazione di un centro integrato per servizi sociali, reali e tecnologici, d’innovazione di impresa ed opere connesse all’aggiornamento industriale di Aragona Favara. Il 25 marzo 1994, il RAGIONE_SOCIALE Imprese (di seguito RTI), comprendente RAGIONE_SOCIALE, in qualità di mandataria, e RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in qualità di mandanti, già affidatario del primo e del terzo stralcio dei lavori, presentava formale offerta, protocollata il 28 marzo 1994, per l’affidamento a trattativa privata del secondo stralcio dell’appalto. Con delibera n. 10 del 6 dicembre 1995, il RAGIONE_SOCIALE deliberava l’affidamento dei lavori del secondo stralcio al RTI, contrattualizzato il 9 luglio 1996 con consegna dei lavori il 17 luglio 1996. Successivamente, il RAGIONE_SOCIALE disponeva due sospensioni dei lavori e due perizie di variante.
2.Con atto di citazione notificato il 7 luglio 2010 la RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale capogruppo mandataria del RTI (comprendente RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE il RAGIONE_SOCIALE, chiedendo la condanna del RAGIONE_SOCIALE al pagamento di 798.328,74 euro, oltre IVA, a titolo di maggiori e diversi oneri rispetto a quelli contrattualmente previsti. Il RAGIONE_SOCIALE si costituiva contestando la fondatezza della pretesa creditoria e chiedendo il rigetto della domanda.
3.Con sentenza del 14 ottobre 2013, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE condannava il RAGIONE_SOCIALE al pagamento di 277.962,46 euro,
accogliendo parzialmente la richiesta di un compenso aggiuntivo per l’aumento a titolo di prezzo chiuso, da ritenersi comprensivo anche di quanto spettante per i lavori oggetto delle due perizie di variante, e accoglieva, sempre parzialmente, la richiesta di compenso aggiuntivo per opere eseguite e non contabilizzate.
4.Avverso tale sentenza proponeva appello il RAGIONE_SOCIALE chiedendo, per quanto ora di interesse, di riformare la sentenza impugnata nella parte in cui il termine iniziale relativo al meccanismo del prezzo chiuso, ex art. 45, comma 4 della L.R. n. 21/85, era stato individuato alla data dell’8 luglio 1995, in cui la stazione appaltante aveva deliberato la presa d’atto dell’offerta presentata dal RTI. La RAGIONE_SOCIALE proponeva appello incidentale, dolendosi, oltre che del mancato riconoscimento di alcune voci, della decorrenza dall’8 -7-1995 invece che dal 28-3-1994 del ‘prezzo chiuso’.
5.Con sentenza n. 324/2018, pubblicata il 16 febbraio 2018, la Corte di appello di Palermo rigettava l’appello principale e quello incidentale, confermando la sentenza impugnata. Per quanto ora di interesse, la Corte d’appello affermava che: a) si doveva applicare la normativa vigente alla data di approvazione del bando, 30.12.1992, e non vi era dubbio circa l’applicazione del meccanismo del cd. prezzo chiuso, ossia l’aggiornamento del prezzo nelle misure percentuali e nei tempi previste dall’art. 45 L.R. Sicilia n. 21/85; b) si doveva tener conto, per il decorso del termine annuale relativo al meccanismo del prezzo chiuso, ex art. 45, comma 4 della L.R. n. 21/85, del momento in cui l’offerta era diventata efficace con la delibera n. 8 dell’ 8 luglio 1995, a nulla rilevando che tale delibera fosse stata annullata, poiché l’annullamento era dipeso dalla mancata applicazione del ribasso aggiuntivo e non dall’inesistenza delle condizioni per la trattativa privata o per errata scelta dell’impresa o per altre questioni sostanziali; c) l’atto di sottomissione impegnava unicamente
l’appaltatore ad eseguire ulteriori lavori rispetto a quelli previsti nel contratto principale, ma non implicava rinunzia a riserve già formulate, né aveva efficacia abdicativa di future pretese o transattiva di future controversie.
Avverso questa sentenza, il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, resistito con controricorso dalla RAGIONE_SOCIALE
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente denuncia: i ) con il primo motivo la ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 21 octies e 21 nonies della L. n. 241/90 e dei principi di legalità e di legittimità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 e ss. della Costituzione in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. ‘, per avere la Corte di merito ritenuto non rilevante l’annullamento della delibera n. 8 dell’8 luglio 1995 intervenuto ad opera dell’RAGIONE_SOCIALE con nota n. 16711 dell’8 settembre 1995 e per aver la Corte d’appello ritenuto che la seconda delibera fosse quella di affidamento definitivo dei lavori; in particolare il giudice di secondo grado non avrebbe considerato che l’annullamento della delibera dell’8 luglio 1995 ne aveva determinato l’inefficacia ex tunc e che pertanto la predetta delibera avrebbe dovuto essere considerata tamquam non esset, essendo i vizi di legittimità da cui era inficiato l’atto presenti fin dall’origine ; di conseguenza, la Corte di merito avrebbe errato a prendere in considerazione la data della suddetta delibera, non più esistente, quale dies a quo a decorrere dal quale calcolare il decorso dell’anno di cui all’art. 45, comma 4 della l. r. 29 aprile 1985, n. 21; ii) con il secondo motivo la ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 21 octies e 21 nonies della L. n. 241/90 e dei principi di legalità e di legittimità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 e ss. della Costituzione, artt. 36 e 45 della Legge
regionale Sicilia n. 21/85 e art. 9 del d. lgs. n. 406/91 (nel testo allora vigente) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c .’ per aver la Corte territoriale ritenuto l’annullamento della delibera irrilevante in quanto disposto per questioni non sostanziali; in particolare, ad avviso del ricorrente, la Corte di appello non ha considerato che la delibera dell’8 luglio 1995 era stata annullata sul presupposto che tale atto, affidando i lavori allo stesso prezzo del precedente, aveva violato l’art. 36 della l. r. Sicilia n. 21/85, che prevede per l’affidamento a trattativa privata l’applicazione di un ribasso aggiuntivo rispetto a quello dell’appalto originario; iii) con il terzo motivo la ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 45 della Legge regionale Sicilia n. 21/85 e art. 9 del d. lgs. n. 406/91 (nel testo allora vigente) e dell’art. 1326 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. ‘ per avere la Corte di merito ritenuto che il ‘ dies iniziale del ritardo non può essere individuato nella data (…) dell’8/11/95 non rappresentando una nuova offerta, bensì unicamente l’accettazione dell’ulteriore ribasso, fermo restando tutte le altre condizioni’; in particolare, ad avviso del ricorrente, la Corte di appello ha omesso di considerare quanto riportato nella delibera commissariale n. 10 del 6 dicembre 1995 (‘ l’impresa affidataria con nota 8/11/95 a seguito di specifica richiesta del RAGIONE_SOCIALE effettuata con nota 2180 del 28/10/95 ha dichiarato espressamente di accettare il ribasso aggiuntivo del 5% nel presupposto dell’applicabilità per l’affidamento di che trattasi dell’art. 36 lettera f) della L.R. n. 21/85 nel silenzio dell’art. 9 del d. lgs. n. 406/91′ ) e non ha attribuito a tale nota gli effetti di una rinnovazione della proposta negoziale tipica dei contratti a formazione progressiva.
Sono inammissibili i primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, in quanto entrambi concernenti, sotto distinti profili, la questione dell’individuazione del termine iniziale a decorrere dal quale calcolare l’anno di cui
all’art.45 comma 4 della L.R. n.21/1985, in relazione all’applicazione del meccanismo del cd. prezzo chiuso.
Secondo l’orientamento di questa Corte che il Collegio condivide, il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (tra le tante Cass. 18421/2009; Cass. 4905/2020). In particolare è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass.19989/2017).
Nella specie, le censure non si confrontano con la ratio decidendi espressa nella sentenza impugnata. La Corte d’appello ha fatto decorrere l’anno per l’applicazione del sistema del prezzo chiuso, ai sensi dell’art. 45 l. r. 21/1985, dalla data della delibera n. 8 dell’8 luglio 1995, ed ha affermato che a nulla rilevava l’annullamento di detta delibera in quanto disposto «per non essere stato applicato il ribasso aggiuntivo e non già per l’inesistenza delle condizioni per la trattativa privata o per errata scelta dell’impresa o per altre questioni sostanziali». Rispetto a tale argomentazione, la ricorrente non svolge una critica compiuta e pertinente.
Sotto ulteriore profilo, le censure sono generiche e difettano di autosufficienza. Si osserva, infatti, che la nota n. 16711 dell’8 settembre 1995 dell’RAGIONE_SOCIALE è un atto amministrativo a contenuto non normativo, ma il relativo testo non è riportato integralmente in ricorso e neppure il RAGIONE_SOCIALE ne espone il completo contenuto (Cass. 1951/2022).
La Corte d’appello ha chiaramente affermato che l’annullamento intervenuto con la citata nota era stato, in buona sostanza, solo parziale, poiché era stata solo disposta l’applicazione del ribasso aggiuntivo del 6,24%, e, soprattutto, che era stato proprio quell’annullamento a causare i ritardi lamentati dall’RAGIONE_SOCIALE, mentre
anche rispetto a detto ultimo assunto non si rinviene nel ricorso una critica compiuta e pertinente.
Parimenti inammissibile è il terzo motivo, vertente sulla denuncia delle violazioni di legge indicate nella rubrica e, principalmente, sull’interpretazione della volontà delle parti , in particolare non solo con riferimento a ll’accettazione del ribasso da parte del RTI, avvenuta l’8 -11-1995, ma anche con riguardo alla delibera commissariale n.10 del 6-12-1995.
La Corte territoriale ha, invero, motivatamente ritenuto che il termine in cui era pervenuta l’offerta dell’ATI, rilevante ai sensi dell’art. 45 l. r. 21/1985, fosse quello dell’8 luglio 1995, attesa la necessità di accertare le condizioni per l’affidamento dell’appalto a trattativa privata, ex art. 9, secondo comma, lett. e) del d.lgs. 406/1991 (applicabile ratione temporis ), oltre che l’approvazione del progetto e l’intervenuto finanziamento.
Secondo la ricostruzione della Corte di merito, solo con la delibera dell’8 luglio 1995 il RAGIONE_SOCIALE aveva deliberato di affidare i lavori a trattativa privata, mentre l’8 novembre 1995 non vi era stata una nuova offerta, ma unicamente l’accettazione del nuovo ribasso, da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, ferme restando tutte le altre condizioni, sicché alla data del 16 luglio 1996, di consegna dei lavori, era decorso l’anno per l’applicazione del sistema del prezzo chiuso.
Orbene, per ciò che concerne la citata delibera n.10 del 1995, occorre osservare che l’interpretazione di un atto amministrativo a contenuto non normativo, quale è quello di cui trattasi, risolvendosi nell’accertamento della volontà della P.A., è riservata al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione adeguata e immune dalla violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti, applicabili anche agli atti amministrativi, tenendo conto dell’esigenza di certezza dei rapporti e del buon andamento della P.A.. Sicché, la parte che denunzi in cassazione l’erronea interpretazione, in sede di merito, di un atto
amministrativo, è tenuta, a pena di inammissibilità del ricorso, a indicare quali canoni o criteri ermeneutici siano stati violati; in mancanza, l’individuazione della volontà dell’ente pubblico è censurabile non quando le ragioni addotte a sostegno della decisione siano diverse da quelle della parte, bensì allorché esse si rivelino insufficienti o inficiate da contraddittorietà logica o giuridica ( Cass. 5966/2022).
Nel caso di specie, come si è detto, la Corte d’appello ha ricostruito, con motivazione adeguata e immune dalla violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti, la volontà delle parti, affermando che ‘ la nuova delibera 10 del 6-12-1995 si era limitata ad applicare il ribasso aggiuntivo del 6,24% dopo l’accettazione da parte di RTI dell’8 -11-1995 ‘ (pag.10 della sentenza impugnata). Per contro il ricorrente, pur richiamando astrattamente la violazione dell’art.1326 cod. civ., non indica compiutamente le modalità attraverso le quali il giudice di merito si sia discostato dai criteri di ermeneutica asseritamente violati, ma si limita, impropriamente, a prospettare un risultato interpretativo diverso da quello accolto nella sentenza impugnata (cfr. Cass. 1951/2022), così sollecitando, anche e in buona sostanza, il riesame di un accertamento riservato al giudice di merito.
Va rimarcato, peraltro, sotto diverso profilo, ossia avuto riguardo a quanto previsto dalle disposizioni regionali applicabili nella specie, che l’ATI aveva accettato il ribasso impostole dal RAGIONE_SOCIALE in forza di una norma di legge (art.36 stessa legge regionale). Dunque, sotto tale profilo, neppure è pertinente il richiamo all’art.1326 cod. civ. nel senso invocato, perché nel caso di specie è avvenuta l’integrazione legale, cioè l’inserzione di quanto previsto dall’art.36 L.R., della disciplina del rapporto contrattuale, vale a dire la sostituzione solo di una parte del regolamento contrattuale, in virtù dell’applicazione di una norma imperativa. Va, infine, ribadito che, come puntualizzato dalla Corte d’appello e non efficacemente
censurato dal RAGIONE_SOCIALE, il ritardo nella consegna dei lavori, sempre dipendente dal noto annullamento, era imputabile alla stazione appaltante, il che giustificava il correttivo dell’adeguamento automatico del corrispettivo, decorso il primo anno, secondo il meccanismo del cd. prezzo chiuso.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto (Cass. S.U. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 7.200,00, di cui €200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima sezione