Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32680 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 32680 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 7921-2020 proposto da:
FOTI NOME COGNOME e FOTI NOMECOGNOME rappresentati e difesi da ll’avv. NOME COGNOME e domiciliati presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– ricorrenti –
contro
COGNOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO nello studio dell’avv. COGNOME rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 592/2019 della CORTE DI APPELLO di MESSINA, depositata il 15/07/2019;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
udito il P.G., nella persona della dott. NOME COGNOME udito l’avv. NOME COGNOME per parte ricorrente, e l’avv. NOME COGNOME per parte controricorrente e ricorrente incidentale
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 6.10.2008 COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME evocavano in giudizio COGNOME NOME e COGNOME NOME innanzi il Tribunale di Patti, chiedendo accertarsi l’inesistenza del diritto di passaggio esercitato dai convenuti a carico del cortile di pertinenza del fabbricato degli attori, disporsi la cessazione di detto esercizio, l’eliminazione di alcune vedute realizzate a distanza irregolare dal fondo degli attori, la demolizione della porzione dei balconi aggettanti sul fondo predetto, nonché la condanna dei convenuti al risarcimento del danno.
Si costituivano i convenuti, resistendo alla domanda ed eccependo l’improponibilità della stessa, a fronte del giudizio per la tutela del possesso autonomamente proposto dai convenuti nei confronti degli attori.
Con sentenza n. 180/2015 il Tribunale di Patti accoglieva l’eccezione preliminare, dichiarando improcedibile il giudizio petitorio in pendenza di quello possessorio.
Con la sentenza impugnata, n. 592/2019, la Corte di Appello di Messina rigettava tanto l’appello principale proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOME, che quello incidentale proposto da COGNOME NOME, COGNOME Pietra e COGNOME NOME, confermando la decisione di prime cure e compensando le spese del grado. La Corte distrettuale ravvisava, conformemente al primo giudice, la contemporanea pendenza dei due giudizi, possessorio e petitorio, e riteneva dunque applicabile la preclusione di cui all’art. 705 c.p.c.
Propongono ricorso per la cassazione di tale pronuncia COGNOME NOME, COGNOME e COGNOME NOMECOGNOME affidandosi a sette motivi.
Resistono con controricorso NOME e NOMECOGNOME spiegando ricorso incidentale affidato ad un unico motivo.
In prossimità dell’udienza pubblica, il P.G. ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso principale e per l’accoglimento di quello incidentale.
La parte ricorrente ha invece depositato memoria.
Sono comparsi all’udienza pubblica il P.G., nella persona del dott. NOME COGNOME il quale ha concluso come da requisitoria scritta, l’avv. NOME COGNOME per parte ricorrente, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto di quello incidentale, e l’avv. NOME COGNOME per parte controricorrente e ricorrente incidentale, che ha invece invocato il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento di quello incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la parte ricorrente principale lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 39 e 705 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ravvisato la contestualità dei due giudizi, petitorio e possessorio, senza rilevare che il primo era già pendente nel
momento in cui il secondo era stato introdotto. Di conseguenza, il rapporto tra i due giudizi avrebbe dovuto essere risolto secondo le regole della litispendenza, e dunque con prevalenza della causa preventivamente introdotta rispetto a quella proposta in un momento successivo. La Corte di Appello avrebbe determinato la pendenza del giudizio possessorio, proposto da NOME e NOMECOGNOME con riferimento alla data di deposito del relativo ricorso (6.10.2008), coincidente sia con la richiesta di notifica della citazione introduttiva del giudizio petitorio promosso dagli odierni ricorrenti, che con la data della sua iscrizione al ruolo, avvenute entrambe nello stesso giorno (6.10.2008), ma non avrebbe tenuto conto che mentre il giudizio petitorio aveva preso il numero di R.G. 1090/2008, quello possessorio aveva assunto il numero di R.G. 1099/2008, successivo al primo. Di conseguenza, alla data di iscrizione al ruolo del giudizio petitorio non pendeva alcuna causa possessoria.
La censura è fondata.
Le due cause sono state iscritte e introdotte dinanzi il medesimo ufficio giudiziario, nella stessa data: il ricorso possessorio, infatti, è stato depositato ed iscritto al ruolo il 6.10.2008, e nello stesso giorno è stata notificata ed iscritta al ruolo la citazione introduttiva del giudizio petitorio. Dall’esame degli atti, consentito al Collegio in presenza di un vizio presentante risvolti di carattere processuale, risulta che nella stessa data del 6.10.2008 non è soltanto stata richiesta, ma anche eseguita, la notificazione della citazione introduttiva del giudizio petitorio, mediante consegna di copia dell’atto al destinatario.
Ai sensi di quanto previsto dall’art. 39 u.c. c.p.c., la pendenza della lite va individuata, rispettivamente, nel momento in cui si perfeziona la notificazione dell’atto di citazione, ovvero in cui viene depositato il ricorso, a seconda della differente modalità di introduzione della causa
prevista dalle regole processuali in concreto applicabili. Tale criterio, secondo l’insegnamento di questa Corte, non è derogabile anche laddove si accerti che il giudice preventivamente adito non sia competente, essendo invece il giudice successivamente adito titolare della competenza a conoscere la causa, poiché l’istituto risponde all’esigenza di evitare la contemporanea pendenza di due giudizi, con conseguente pericolo di contraddittorietà di giudicati (cfr. Cass. Sez. U, Ordinanza n. 17443 del 31/07/2014, Rv. 632606).
Nel caso di specie, è pacifico che nello stesso giorno (6.10.2008) si siano perfezionati, rispettivamente, tanto la notificazione della citazione introduttiva del giudizio petitorio, quanto il deposito del ricorso introduttivo del giudizio possessorio.
In presenza di cause proposte nella stessa giornata, questa Corte ha affermato la possibilità di ricorrere, ai fini dell’individuazione della prevenzione, ad un criterio suppletivo rispetto a quello di cui all’art. 39 u.c. c.p.c., rappresentato dalla fissazione dell’udienza di comparizione delle parti. Sul punto, si è ritenuto che ‘La data di fissazione della udienza di discussione quale parametro al quale ancorare la verifica del giudice preventivamente adito ai sensi dell’art. 39 comma primo c.p.c. si pone in linea con l’elaborazione giurisprudenziale di questa Corte in tema di criteri suppletivi, la quale, per l’ipotesi di atti di citazione notificati nel medesimo giorno, ha fatto costante riferimento alla data della udienza di comparizione più prossima’ (cfr. Cass. Sez. 6 -L, Ordinanza n. 22947 del 10/11/2016, Rv. 641508, in motivazione).
Effettivamente questa Corte, investita della questione di prevenzione rispetto a due giudizi, entrambi introdotti con atto di citazione notificato nel medesimo giorno, ha affermato che ‘… nell’ipotesi in cui le due citazioni siano state notificate nello stesso giorno, prevale la citazione in cui sia stata indicata la data di
comparizione più prossima a quella di notificazione’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8690 del 24/11/1987, Rv. 456135; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1603 del 22/06/1962, Rv. 252564 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 333 del 04/02/1959, Rv. 881268).
Nel caso di specie, l’atto di citazione -introduttivo del giudizio petitoriocontiene l’indicazione dell’udienza di comparizione, trattandosi di elemento necessario, come prescritto dall’art. 163, secondo comma, n. 7, c.p.c. Nello schema tipico dell’atto in esame, infatti, rientrano tanto la edictio actionis , costituita dall’esposizione degli elementi di fatto e delle considerazioni in diritto poste a fondamento della domanda proposta, che la vocatio in ius , rappresentata -per l’appunto- dall’individuazione della data in cui il convenuto è chiamato a presentarsi innanzi l’ufficio giudiziario indicato dall’attore.
Il ricorso -introduttivo del giudizio possessorio- non contiene, al contrario, alcuna indicazione dell’udienza di comparizione, poiché detto atto non è direttamente rivolto dalla parte alla parte, bensì dalla parte all’ufficio giudiziario ritenuto competente a conoscere della lite. Il ricorso, dunque, contiene per sua stessa natura la sola edictio actionis , ma non anche la vocatio in ius , essendo compito del giudice indicare la data in cui le parti dovranno comparire innanzi a sé, mediante il decreto di fissazione dell’udienza, destinato poi ad essere notificato alla parte resistente in uno al ricorso al quale accede.
Ne discende che, essendo stati pacificamente esauriti nella medesima data del 6.10.2008 tutti gli adempimenti relativi, rispettivamente, alla notificazione dell’atto di citazione introduttivo del giudizio petitorio ed al deposito del ricorso introduttivo del giudizio possessorio, si deve fare riferimento, per la prevenzione, al criterio suppletivo individuato dalla giurisprudenza di questa Corte,
rappresentato dalla fissazione dell’udienza di comparizione. Elemento, quest’ultimo, soddisfatto dalla citazione, ma non anche dal ricorso; di conseguenza, la causa preventivamente pendente doveva essere individuata nel giudizio petitorio.
Peraltro, nel caso di specie va anche rilevato che il giudizio che risulta iscritto al ruolo per primo è proprio quello petitorio, distinto dal numero R.G. 1090/2008, essendo invece quello a contenuto possessorio distinto dal successivo numero R.G. 1099/2008. L’argomento proposto dalla parte controricorrente, secondo cui la numerazione del ruolo generale non avrebbe rilievo, poiché la causa petitoria sarebbe stata iscritta soltanto con una ‘velina’ dell’atto di citazione, e non con l’originale, non è dirimente, in quanto -come già evidenziato- nel caso di specie è certo che la notificazione del predetto atto di citazione sia stata non soltanto richiesta, ma anche eseguita nella stessa giornata del 6.10.2008.
Da quanto precede deriva l’erroneità della statuizione della Corte distrettuale, che ha ravvisato l’improponibilità della domanda petitoria in pendenza del giudizio a contenuto possessorio tra le stesse parti, poiché in realtà nessuna causa possessoria era pendente nel momento in cui è stata introdotta la domanda petitoria. Pertanto, il giudice di merito non avrebbe potuto applicare alla fattispecie la disposizione di cui all’art. 705 c.p.c.
Con il secondo motivo, la parte ricorrente principale lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 705 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe dovuto considerare che il divieto previsto dalla norma processuale suindicata opera soltanto per il convenuto nel giudizio possessorio e non si applica in ipotesi di danno irreparabile. Nella specie, NOME e NOME avevano chiesto, in sede possessoria, anche la demolizione
di una scala, onde, sotto questo profilo, il giudice di merito avrebbe dovuto configurare il rischio di un danno irreparabile, a carico del proprietario, per effetto dell’eventuale accoglimento della tutela possessoria. Infine, i medesimi Presti, costituendosi in sede petitoria, avevano eccepito l’usucapione del diritto di passaggio da essi esercitato sul cortile di pertinenza del fabbricato degli odierni ricorrenti, onde avevano svolto, in quella sede, difese che presupponevano la sussistenza di un loro possesso dello ius in re aliena oggetto di causa; anche sotto tale profilo, dunque, la Corte distrettuale avrebbe dovuto rilevare la sussistenza dei requisiti per l’applicazione dell’istituto della litispendenza.
La censura è assorbita dall’accoglimento del primo motivo, sia quanto al rilievo dell’identità delle difese svolte dai Presti nei due giudizi, petitorio e possessorio, sia per quel che concerne il profilo della sussistenza del danno irreparabile che l’eventuale accoglimento della tutela possessoria avrebbe potuto comportare per i proprietari della corte oggetto di causa.
Con il terzo motivo, la parte ricorrente principale si duole della violazione o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello, nel dichiarare l’improponibilità della domanda petitoria nella pendenza del giudizio possessorio, avrebbe riconosciuto ai Presti una tutela non proporzionata al danno dai medesimi sofferto, consentendo, di fatto, agli stessi un uso strumentale del rimedio processuale, finalizzato alla mera paralizzazione delle legittime istanze dei proprietari dell’area controversa.
Con il quarto motivo, suscettibile di essere trattato congiuntamente al terzo, i ricorrenti principali denunziano invece la violazione o falsa applicazione degli artt. 24, 42 e 111 Cost., 17 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea e 832 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe compresso il loro diritto di rivolgersi alla giustizia e di ricevere tutela per la lesione da essi subita del loro diritto dominicale.
Le due censure sono inammissibili per sopravvenuto difetto di interesse. Una volta accolta, infatti, la prima doglianza, sul presupposto che, nel caso di specie la Corte distrettuale non avrebbe potuto ravvisare la pendenza del giudizio possessorio, nel momento della proposizione della causa petitoria, con conseguente inoperatività del divieto sancito dall’art. 705 c.p.c., perdono rilievo le questioni concernenti l’uso improprio dello strumento processuale, da parte dei Presti, e l’ingiusta compromissione dei diritti di azione e difesa giudiziale spettanti agli odierni ricorrenti.
Con il quinto motivo, i ricorrenti principali lamentano la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe omesso di pronunciarsi sulle domande da loro proposte ai numeri 1, 2, 3, 6 ed 8 delle conclusioni rassegnate nell’atto di citazione introduttivo del giudizio petitorio.
Con il sesto motivo, i ricorrenti principali lamentano invece il mancato esame della richiesta di condanna dei Presti al risarcimento del danno, anche ex art. 96 c.p.c.
Le due censure sono assorbite dall’accoglimento del primo motivo. Per effetto della cassazione della statuizione di improponibilità della domanda petitoria, infatti, il giudice del rinvio sarà chiamato ad esaminarla nel merito e a fornire adeguata risposta tanto alle richieste di tutela proposte dagli odierni ricorrenti, in via principale, ivi incluse le istanze a contenuto risarcitorio, quanto alle eccezioni e domande riconvenzionali eventualmente formulate dai Presti in sede petitoria.
Con il settimo motivo, infine, i ricorrenti principali lamentano la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., anche in relazione al governo delle spese, perché la Corte di Appello le avrebbe erroneamente compensate, mentre esse avrebbero dovuto essere poste a carico dei Presti.
Anche questo motivo è assorbito dall’accoglimento della prima doglianza, poiché, all’esito della valutazione del merito della controversia, il giudice del rinvio dovrà procedere a regolare le spese dei vari gradi del giudizio di merito, e di quello presente, di legittimità, tenendo conto del complessivo esito della controversia.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale, invece, viene denunziata la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente compensato le spese di lite, senza considerare la condotta complessivamente tenuta dagli odierni ricorrenti principali, i quali dopo aver spogliato i Presti del loro possesso in data 4.6.2008 avevano proposto la domanda petitoria il successivo 6.10.2008, al fine di impedire ai destinatari dello spoglio di richiedere la tutela possessoria.
La censura, il cui contenuto corrisponde, a contrario , a quello dell’ultimo motivo del ricorso principale, è assorbita per le medesime ragioni esposte in occasione dello scrutinio della predetta doglianza.
In definitiva, va accolto il primo motivo del ricorso principale, vanno dichiarati inammissibili il terzo ed il quarto motivo del medesimo ricorso principale, mentre vanno dichiarati assorbiti i restanti motivi del ricorso principale e l’unico motivo del ricorso incidentale.
La sentenza impugnata va dunque cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Massina, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
la Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara inammissibili il terzo e quarto motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti i restanti motivi del ricorso principale e l’unico motivo del ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alla censura accolta, e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Messina, in differente composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda