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Pretesa irrisoria: quando spetta il risarcimento?

La Cassazione chiarisce il concetto di pretesa irrisoria ai fini del risarcimento per l’eccessiva durata dei processi. Una società aveva ottenuto un indennizzo per un ritardo nel recupero di un credito di circa 3.700 euro. Il Ministero della Giustizia ha sostenuto che la pretesa fosse irrisoria rispetto alla situazione economica della società. La Corte ha respinto il ricorso, affermando che la valutazione della pretesa irrisoria deve essere prima di tutto oggettiva. Solo se il valore è oggettivamente minimo, si considerano le condizioni soggettive della parte per verificare se, nonostante ciò, esista un interesse concreto.

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Pubblicato il 19 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Pretesa Irrisoria e Diritto all’Indennizzo: La Cassazione Fa Chiarezza

L’eccessiva durata dei processi è un problema noto del sistema giudiziario italiano, che può causare danni significativi a cittadini e imprese. Per porvi rimedio, la ‘Legge Pinto’ prevede un indennizzo per chi subisce ritardi irragionevoli. Tuttavia, la legge esclude il risarcimento in caso di pretesa irrisoria. Ma cosa si intende esattamente con questo termine? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce un’interpretazione cruciale, stabilendo che la valutazione deve basarsi su un criterio oggettivo, non sulla ricchezza del creditore.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata, dopo aver atteso a lungo per il recupero di un credito di circa 3.700 euro in una procedura concorsuale, ha ottenuto un indennizzo di 600 euro per l’irragionevole durata del processo. Il Ministero della Giustizia ha impugnato questa decisione, sostenendo che la pretesa originaria della società fosse irrisoria. Secondo il Ministero, il valore del credito doveva essere confrontato con le condizioni economiche complessive dell’azienda (capitale, fatturato, ecc.), e dato che l’importo era trascurabile per la società, non sussisteva alcun diritto all’indennizzo.

La Questione Giuridica sulla Pretesa Irrisoria

Il nodo centrale della controversia riguarda l’interpretazione dell’art. 2-bis della Legge 89/2001. Questa norma presume l’assenza di un danno quando la pretesa o il valore della causa è irrisorio, ‘valutata anche in relazione alle condizioni personali della parte’. Il Ministero interpretava questa frase come un obbligo a considerare irrisoria una pretesa anche di un certo valore, se avanzata da un soggetto economicamente solido. La Corte d’Appello, invece, aveva ritenuto che il concetto di ‘irrisorietà’ fosse oggettivo e che un credito di oltre 3.500 euro non potesse essere definito tale, a prescindere da chi lo rivendicasse.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero, confermando la decisione della Corte d’Appello e fornendo un’interpretazione chiara e sistematica della norma. I giudici hanno stabilito un percorso logico a due fasi per valutare la pretesa irrisoria.

1. Valutazione Oggettiva: Il primo passo è verificare se il valore della pretesa sia oggettivamente esiguo. La Corte, richiamando precedenti orientamenti, ha indicato una soglia di riferimento (ad esempio, inferiore a 500 euro) sotto la quale una pretesa può essere considerata, in linea di massima, di natura ‘bagatellare’. Nel caso di specie, un credito di 3.772,61 euro è stato ritenuto di valore oggettivamente non irrisorio. Di conseguenza, l’analisi si sarebbe potuta fermare qui.

2. Valutazione Soggettiva (eventuale): Il riferimento alle ‘condizioni personali della parte’ non serve a svalutare pretese di importo significativo, ma, al contrario, a ‘salvare’ quelle oggettivamente esigue. Se una pretesa è di valore minimo (es. 200 euro), si passa a valutare la condizione del creditore. Se per quella persona (ad esempio, un pensionato o un disoccupato) anche una piccola somma ha un’importanza concreta, il diritto all’indennizzo può essere comunque riconosciuto. Questo criterio, quindi, opera come una clausola di salvaguardia a favore della parte debole, non come uno strumento per negare i diritti a quella economicamente più forte.

La Cassazione ha chiarito che l’interpretazione del Ministero avrebbe creato una disparità di trattamento, riconoscendo il diritto all’indennizzo in base alla ricchezza del creditore e non all’oggettiva entità del suo diritto violato dal ritardo della giustizia.

Conclusioni

Questa ordinanza stabilisce un principio fondamentale: il diritto a ottenere un indennizzo per l’eccessiva durata di un processo non dipende dalla situazione patrimoniale del creditore, ma dall’oggettiva rilevanza economica della sua pretesa. La ricchezza di una società o di un individuo non può trasformare una richiesta legittima in una pretesa irrisoria. La valutazione soggettiva interviene solo a favore del danneggiato, per garantire tutela anche quando la posta in gioco è formalmente minima ma sostanzialmente importante per le sue condizioni di vita. La decisione rafforza così il principio di uguaglianza e la certezza del diritto, assicurando che la giustizia lenta sia indennizzata sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori.

Quando una pretesa economica viene considerata ‘irrisoria’ ai fini del risarcimento per eccessiva durata del processo?
Una pretesa è considerata irrisoria principalmente sulla base di una valutazione oggettiva del suo valore economico. La giurisprudenza ha spesso indicato come soglia di riferimento importi inferiori a 500 euro. Un importo superiore, come i 3.772,61 euro del caso esaminato, non è considerato oggettivamente irrisorio.

La situazione economica di una società o di una persona può rendere ‘irrisoria’ una pretesa che altrimenti non lo sarebbe?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la situazione economica del creditore non può essere usata per considerare irrisoria una pretesa di valore oggettivamente significativo. Le ‘condizioni personali della parte’ servono, al contrario, a riconoscere l’importanza di una pretesa oggettivamente minima per un soggetto in condizioni economiche disagiate.

Qual è lo scopo della norma sulla ‘pretesa irrisoria’ nella Legge Pinto?
Lo scopo è quello di velocizzare la gestione dei ricorsi ed evitare un uso abusivo dello strumento dell’indennizzo per controversie di natura ‘bagatellare’, cioè di importanza minima e trascurabile (secondo il principio ‘de minimis non curat praetor’). Tuttavia, la norma deve essere interpretata in modo da non violare il diritto fondamentale a una giustizia in tempi ragionevoli per pretese economicamente rilevanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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