Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 22397 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 22397 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20216 – 2023 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, INDIRIZZO rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato ope legis ;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso il decreto n. cronol. 52/2023 della CORTE D ‘APPELLO D I PERUGIA, pubblicato in data 20/4/2023, non notificato;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/1/2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con decreto n. cronol. 52/2023 del 20/4/2023, la Corte di appello di Perugia ha rigettato l’opposizione incidentale, proposta ex art. 5 ter l. 89/2001 dal Ministero della Giustizia avverso il decreto monocratico che lo aveva condannato al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di Euro 600,00 (calcolata in applicazione di un parametro annuo di soli E. 200,00), oltre interessi legali e spese, per l’irragionevole durata di una procedura concorsuale al cui passivo la società era stata ammessa per un credito di Euro 3.772,61.
Il Ministero aveva lamentato, con l’opposizione, la violazione dell’art. 2, comma 2 sexies, lett.g), per non avere la Corte valutato la irrisorietà della pretesa azionata nel giudizio presupposto, tenuto conto del rapporto tra il suo valore e le condizioni economiche della società.
Nel contraddittorio con la società, la Corte d’appello ha invece ritenuto che il termine «irrisorietà» esprima un concetto diverso rispetto alla semplice «esiguità» e che, pertanto, in tale accezione, può ritenersi «irrisoria» esclusivamente la pretesa che si presenti oggettivamente irrilevante sul piano economico, sicché la domanda è sussumibile nell’ipotesi sub g) soltanto se abbia ad oggetto una pretesa di entità davvero minima ; ha, quindi, considerato l’ammontare della pretesa soltanto per graduare l ‘importo dell’indennizzo.
Avverso questo decreto il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
La RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., il Ministero ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 2 -sexies, lett. g) legge 89 del
2001 e dell’art. 2697 cod. civ., per avere la Corte d’appello ritenuto che per escludere il diritto all’indennizzo debba ricorrere un valore oggettivamente esiguo o modesto, privo di significativa consistenza economica, superato il quale il diritto all’ind ennizzo è sempre riconosciuto a prescindere le condizioni soggettive della parte; avrebbe, con questa interpretazione, violato la lettera della legge, dovendo, invece, interpretare la locuzione «valutata anche in relazione alle condizioni personali della parte» quale indicazione a considerare l’irrisorietà «sia in via obiettiva che in via soggettiva», con riguardo alle condizioni personali della parte, superabile mediante prova contraria.
1.1. Il motivo è infondato.
L’art. 2 bis l. 89/2001, nella formulazione introdotta dall’art. 1, comma 777, lettera d), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, prevede che si presuma insussistente il pregiudizio da irragionevole durata del processo, salvo prova contraria, nel caso di irrisorietà della pretesa o del valore della causa, «valutata anche in relazione alle condizioni personali della parte».
La Corte d’appello ha escluso l’operatività della presunzione perché oggettivamente la pretesa della società ricorrente, come risultante in Euro 3.772,61 dall’ammissione al passivo, non può oggettivamente essere ritenuta «irrisoria», non rilevandone la proporzione, invece rappresentata dal Ministero, rispetto all’ammontare del capitale, del fatturato, dei crediti vantati e del patrimonio netto.
Questa Corte, ancor prima della introduzione della presunzione, aveva chiarito che «irrisoria» è la pretesa che in sé, per la sua natura «bagatellare» costituisca un abusivo esercizio del diritto; in particolare, già nella sentenza n. 633 del 2014, questa Corte aveva rilevato che con la L. n. 89 del 2001 il legislatore ha inteso creare un meccanismo
interno tale da garantire al ricorrente una tutela analoga e non poziore rispetto a quella assicurata dall’istanza internazionale.
Ciò posto, il paragrafo 3) dell’art. 35 della Convenzione, relativo alle condizioni di ricevibilità del ricorso alla Corte di Strasburgo, come modificato dall’art. 12 del Protocollo addizionale n. 14, adottato il 13.5.2004, ratificato e reso esecutivo con L. n.280 del 2005 ed entrato in vigore l’1.6.2010, prevede che la Corte dichiari irricevibile ogni ricorso individuale presentato in virtù dell’art. 34 qualora «a) lo ritenga incompatibile con le disposizioni della Convenzione o dei suoi Protocolli, o manifestamente infondato o abusivo» o «b) il ricorrente non abbia subito alcun pregiudizio significativo, a meno che il rispetto dei diritti dell’uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli non esiga l’esame del merito del ricorso e purché ciò non comporti la reiezione di un ricorso che non sia stato debitamente esaminato da un tribunale nazionale».
La Corte europea, pronunciandosi sulla nozione di «pregiudizio significativo» (sentenza del 6 marzo 2012 – n.23563/07 – COGNOME c. Italia), ha proprio affermato che, in applicazione del principio de minimis non curat praetor , la nuova condizione di ricevibilità rinvia all’idea che la violazione di un diritto, qualunque sia la sua realtà da un punto di vista strettamente giuridico, deve raggiungere una soglia minima di gravità che giustifichi un esame da parte di una giurisdizione internazionale, tenuto conto sia della percezione soggettiva del ricorrente che della posta in gioco oggettiva della controversia.
In tal senso, nella successiva sentenza 18 ottobre 2011 (n. 13175/03, Giusti c. Italia) la stessa seconda sezione della Corte EDU, preso atto della individuazione ancora soltanto parziale dei criteri che permettono di verificare se la violazione del diritto abbia raggiunto «la soglia minima», ha indicato quali indici significativi per la valutazione della gravità la natura del diritto presumibilmente violato, l’incidenza
della violazione dedotta nell’esercizio di quel diritto e/o le eventuali conseguenze sulla situazione personale del ricorrente, senza prescindere dall’«entità del processo» e dal «suo esito».
In particolare, in riferimento alla fattispecie in esame, in cui l’irrisorietà deve essere valutata rispetto ad una pretesa di natura strettamente economica (il recupero di un credito), è utile considerare che sono stati dichiarati irricevibili per irrisorietà ricorsi in cui il pregiudizio economico subito dal ricorrente in ragione del mancato rispetto delle clausole contrattuali era di 90 Euro (dec. 1° giugno 2010, n. 36659/04, NOME COGNOME c. Romania), in cui lo Stato non aveva versato al ricorrente la somma che gli era stata accordata dai giudici interni e che ammontava a meno di 1 Euro (dec.
Così delineata, l’esiguità della posta in gioco è stata, poi, sempre e comunque contemperata dalla Corte EDU con la valutazione delle condizioni personali della parte e del controllo dei rischi sostanziali e processuali connessi, ma nel senso che è stata e sclusa l’«irrisorietà» quando la situazione soggettiva del ricorrente indicasse per lui una rilevanza diversa anche della pretesa risultante prima facie priva – in generale e oggettivamente – di un reale e concreto interesse (dec. 21 giugno 2011, n. 24360/04, COGNOME c. Romania; punti da 21 a 25).
Recependo i principi di questa giurisprudenza, allora, questa Corte ha stabilito, ad esempio, che l’esiguità del valore monetario del giudizio presupposto – inferiore ai cinquecento euro – non esclude la
tutela indennitaria di cui alla legge 24 marzo 2001, n. 89, se l’apprezzamento concreto della fattispecie, anche alla stregua della condizione socio-economica dell’istante, faccia emergere un effettivo interesse alla decisione, come nel caso in cui il giudizio presupposto riguardi una prestazione di natura assistenziale o retributiva (nella specie, rivalutazione dell’indennità di disoccupazione agricola, Sez. 6 2, n. 11936 del 09/06/2015 o trattamento di fine rapporto, Sez. 2, n. 11667 del 14/05/2018).
L’indicazione della soglia di irrisorietà della pretesa di un credito nell’ammontare di Euro 500 risulta poi da Cass. Sez. 2, n. 11228 del 2019, non massimata, con indicazione di numerosi richiami a precedenti che hanno considerato la medesima soglia (Sez. 6 – 2, n. 21861 del 2014, Sez. 6 – 2, n. 18435 del 2014, Sez. 6 – 2, n. 18434 del 2014, Sez. 6 -2 n. 17944 del 2014, tutte non massimate).
Lo stesso legislatore del 2015, inserendo la presunzione di cui alla lett. g) dell’art. 2 comma 2 sexies, ha inteso, dunque, soltanto velocizzare la decisione dei ricorsi di natura bagatellare o con una posta in gioco non rilevante, nel senso di invertire «il percorso rivelatore» del danno (cfr. Cass. 11228/2019 cit.); certamente, tuttavia, non ha inteso introdurre l’ulteriore criterio di verifica del carattere non abusivo della pretesa come indicato dal Ministero, cioè una diretta proporzionalità tra il valore di una domanda -in sé non bagatellare – e la situazione economico-finanziaria del ricorrente.
In termini semplificanti, la locuzione «valutata anche in relazione alle condizioni personali della parte» deve intendersi, allora, quale ulteriore criterio di controllo della effettiva «irrisorietà» della pretesa che sia stata già riscontrata oggettivamente, per i suesposti limiti di importo.
La decisione della Corte d’appello non si è discostata da questi principi, laddove ha innanzitutto escluso l’irrisorietà in sé di una
domanda avente ad oggetto il recupero di un credito di oltre Euro 3.5 00, perché ha riconosciuto la meritevolezza dell’interesse della società al recupero di un credito di tale importo; esclusa, allora, l’oggettiva esiguità della posta in gioco, fondatamente non ha ritenuto di dover procedere ad una valutazione di tipo soggettivo delle conseguenze concrete della pretesa sulla particolare situazione della ricorrente.
2.2 Il ricorso è perciò respinto. Non vi è statuizione sulle spese poiché la società non ha svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda