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Presunzione di subordinazione: la Cassazione decide

Un professionista con Partita IVA, dopo la fine del suo rapporto con una compagnia assicurativa, ha ottenuto in appello il riconoscimento di un lavoro subordinato. La Corte d’Appello ha applicato una presunzione di subordinazione, condannando l’azienda. La compagnia ha impugnato la decisione in Cassazione, sostenendo l’errata applicazione della norma. La Suprema Corte, ravvisando la rilevanza delle questioni legali sollevate, in particolare riguardo alla tutela in caso di licenziamento, ha emesso un’ordinanza interlocutoria rinviando il caso a una pubblica udienza per una decisione di portata generale.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Presunzione di Subordinazione per Partite IVA: la Cassazione Prepara una Decisione Rilevante

Il confine tra lavoro autonomo e lavoro dipendente è da sempre uno dei temi più dibattuti nel diritto del lavoro. Un’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione ha recentemente riacceso i riflettori sulla questione, in particolare sulla presunzione di subordinazione per i collaboratori a Partita IVA. La Suprema Corte ha deciso di rinviare la causa a una pubblica udienza, segnalando l’intenzione di pronunciarsi con una decisione di ampia portata su un tema che riguarda migliaia di professionisti e aziende.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla controversia tra un professionista e una grande compagnia assicurativa per cui aveva collaborato per anni. La Corte d’Appello, riformando parzialmente la decisione di primo grado, aveva qualificato il rapporto come lavoro subordinato a partire dal 2014. I giudici di secondo grado avevano basato la loro decisione sull’applicazione di una presunzione legale prevista dal d.lgs. 276/2003, che trasforma i contratti a progetto privi dei requisiti di legge in contratti di lavoro a tempo indeterminato.

Di conseguenza, la Corte territoriale aveva dichiarato inefficace il licenziamento intimato al professionista, condannando la società a un risarcimento del danno pari a 12 mensilità. Contro questa sentenza, la compagnia assicurativa ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che i giudici d’appello avessero erroneamente applicato la norma destinata ai collaboratori senza Partita IVA, anziché quella specifica per i titolari di Partita IVA.

Il professionista, a sua volta, ha presentato un ricorso incidentale, sollevando diverse questioni, tra cui la corretta applicazione delle norme sulla presunzione e l’adeguatezza della tutela risarcitoria concessa.

L’Ordinanza della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con la presente ordinanza, non è entrata nel merito della vicenda, ma ha compiuto un passo processuale di grande importanza. Ha ritenuto che le questioni sollevate, in particolare quelle contenute nel quarto motivo del ricorso incidentale del lavoratore relative alla tutela contro il licenziamento, richiedano una valutazione di carattere nomofilattico.

Questo significa che la Corte ritiene necessario fornire un’interpretazione della legge chiara e uniforme, valida per tutti i casi futuri simili. Per questo motivo, ha disposto la rimessione della causa alla pubblica udienza, un’assise più solenne rispetto alla camera di consiglio, che vedrà il coinvolgimento di tutte le parti e del Procuratore Generale.

La questione della presunzione di subordinazione in esame

Il cuore del dibattito legale ruota attorno alla corretta interpretazione e applicazione degli articoli 69 e 69-bis del d.lgs. 276/2003. La società ricorrente lamenta che la Corte d’Appello abbia applicato la presunzione dell’art. 69, pensata per i contratti a progetto, a un professionista titolare di Partita IVA, per il quale esisterebbe invece la disciplina specifica dell’art. 69-bis. Quest’ultima norma introduce una diversa presunzione legata a specifici indici (come la durata della collaborazione e il fatturato proveniente da un unico committente), ma prevede anche delle esclusioni, ad esempio per i professionisti iscritti ad albi.

La decisione che la Cassazione prenderà a seguito della pubblica udienza sarà fondamentale per chiarire i criteri per distinguere una genuina collaborazione autonoma da un rapporto di lavoro subordinato mascherato, specialmente nel contesto delle cosiddette “false Partite IVA”.

Le Motivazioni

La motivazione principale dietro la decisione della Cassazione di rinviare il caso è la necessità di fare chiarezza su un punto nevralgico del diritto del lavoro moderno. Le questioni sollevate nel ricorso incidentale, relative all’inefficacia del licenziamento e all’onere della prova sulla giustificazione del recesso, sono state ritenute di tale rilevanza da meritare un’analisi approfondita in pubblica udienza. La Corte ha riconosciuto che la soluzione di questi dubbi interpretativi avrà un impatto significativo non solo sul caso specifico, ma su un’intera categoria di lavoratori e datori di lavoro. La scelta di coinvolgere il Procuratore Generale sottolinea ulteriormente l’importanza che la Corte attribuisce alla questione, trattandola come un problema di interesse pubblico e di corretta amministrazione della giustizia.

Le Conclusioni

In conclusione, questa ordinanza interlocutoria non chiude la vicenda, ma la apre a uno scenario di maggiore importanza. La futura sentenza della Corte di Cassazione, che verrà emessa dopo la pubblica udienza, è destinata a diventare un punto di riferimento fondamentale in materia di qualificazione del rapporto di lavoro per i professionisti a Partita IVA. Le aziende dovranno prestare ancora più attenzione alla strutturazione dei contratti di collaborazione per evitare il rischio di una riqualificazione del rapporto. Per i collaboratori, invece, questa decisione potrebbe rappresentare un passo avanti nel riconoscimento di tutele finora riservate ai soli lavoratori dipendenti. Si attende quindi con grande interesse il verdetto finale della Suprema Corte.

Qual è la questione principale che ha portato la Cassazione a rinviare la causa a pubblica udienza?
La Corte ha ritenuto che le questioni sollevate nel ricorso incidentale del lavoratore, in particolare quelle relative alle tutele applicabili in caso di licenziamento illegittimo per violazione del requisito di motivazione, richiedano una valutazione di rilevanza nomofilattica, ovvero una decisione che serva a garantire un’interpretazione uniforme della legge.

Cosa aveva deciso la Corte d’Appello nel caso in esame?
La Corte d’Appello aveva dichiarato che tra il professionista e la compagnia assicurativa era intercorso un rapporto di lavoro subordinato a partire dal 2014, applicando la presunzione di cui all’art. 69 del d.lgs. 276/2003. Di conseguenza, ha dichiarato inefficace il licenziamento e ha condannato la società a pagare un’indennità risarcitoria.

Perché questa ordinanza è definita “interlocutoria”?
È definita interlocutoria perché non decide la controversia nel merito, ma si limita a disporre il rinvio della causa a una pubblica udienza per la trattazione. È un provvedimento che regola lo svolgimento del processo, riconoscendo la particolare importanza delle questioni di diritto da risolvere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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