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Presunzione di insussistenza del pregiudizio: no indennizzo

La Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta di indennizzo per l’irragionevole durata di un processo penale conclusosi con la prescrizione. L’ordinanza applica il principio della presunzione di insussistenza del pregiudizio, secondo cui spetta all’imputato dimostrare un interesse concreto all’assoluzione nel merito, superando la presunzione che la prescrizione abbia rappresentato un vantaggio. Poiché la ricorrente non ha fornito tale prova né ha rinunciato espressamente alla prescrizione, il suo ricorso è stato respinto.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione del Reato e Durata del Processo: Quando Scatta l’Indennizzo?

Quando un processo penale si protrae per anni e si conclude con la prescrizione del reato, l’imputato ha diritto a un risarcimento per l’eccessiva durata? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito chiarimenti decisivi sul concetto di presunzione di insussistenza del pregiudizio, un principio chiave della Legge Pinto. La sentenza stabilisce che, in questi casi, l’onere di dimostrare il danno subito spetta interamente all’imputato, il quale deve provare un interesse concreto a ottenere un’assoluzione piena anziché beneficiare dell’estinzione del reato.

I Fatti del Caso

Una cittadina si era trovata coinvolta in un procedimento penale durato oltre diciassette anni. Al termine di questo lungo percorso giudiziario, il reato è stato dichiarato estinto per intervenuta prescrizione. Ritenendo di aver subito un danno a causa della lentezza della giustizia, la signora ha richiesto un indennizzo ai sensi della Legge n. 89/2001 (nota come ‘Legge Pinto’), che tutela i cittadini contro l’irragionevole durata dei processi. Tuttavia, la Corte d’Appello ha rigettato la sua domanda, sostenendo che non avesse fornito prove sufficienti del suo interesse a ottenere una sentenza di assoluzione nel merito, piuttosto che accontentarsi della prescrizione.

La Presunzione di Insussistenza del Pregiudizio nella Legge Pinto

Il fulcro della questione risiede nell’articolo 2, comma 2-sexies, della Legge n. 89/2001. Questa norma introduce una presunzione relativa: si presume che non vi sia stato alcun pregiudizio per l’imputato se il processo si è concluso con la prescrizione. La logica del legislatore è che la prescrizione, estinguendo il reato, rappresenta di per sé un vantaggio per l’imputato, che così si sottrae a una possibile condanna.

Questa presunzione, però, non è assoluta. L’imputato ha la possibilità di superarla fornendo la prova contraria. Deve dimostrare di aver subito un danno effettivo e di avere avuto un interesse specifico e prevalente a vedere accertata la propria innocenza con una sentenza di merito, piuttosto che beneficiare della prescrizione. È proprio su questo onere probatorio che si è concentrata la decisione della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha confermato la decisione della Corte d’Appello, rigettando il ricorso della cittadina. I giudici hanno chiarito che la normativa non introduce una probatio diabolica, ossia una prova impossibile da fornire, ma sposta semplicemente l’onere della prova sull’interessato.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la volontà di ottenere un’assoluzione nel merito, superando il vantaggio della prescrizione, deve manifestarsi in modo chiaro e inequivocabile. Lo strumento principale per farlo è la rinuncia espressa alla prescrizione. Si tratta di un diritto ‘personalissimo’ che deve essere esercitato direttamente dall’imputato o tramite un procuratore speciale. Non è sufficiente un comportamento processuale diligente o l’assenza di tattiche dilatorie per dimostrare indirettamente tale volontà.

Nel caso specifico, la ricorrente non aveva mai formalmente rinunciato alla prescrizione. Le sue generiche lamentele sui disagi subiti a causa della lunghezza del processo non sono state ritenute sufficienti a superare la presunzione legale. La Corte ha quindi concluso che, in assenza di una prova concreta di un interesse specifico all’assoluzione, la Corte d’Appello aveva correttamente applicato la legge, negando l’indennizzo.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chiunque chieda un indennizzo per l’eccessiva durata di un processo penale conclusosi per prescrizione. Non basta affermare di aver subito un danno: è necessario dimostrare attivamente di aver preferito una sentenza di merito all’estinzione del reato. La via maestra per farlo è la rinuncia formale alla prescrizione. In mancanza di tale atto, la richiesta di indennizzo rischia di essere respinta, poiché la legge presume che l’estinzione del reato abbia costituito un beneficio per l’imputato, annullando il pregiudizio derivante dalla lentezza della giustizia.

Se un processo penale dura troppo e finisce per prescrizione, si ha automaticamente diritto a un indennizzo?
No, non si ha diritto automaticamente. La legge presume che l’imputato non abbia subito un pregiudizio, in quanto ha tratto vantaggio dall’estinzione del reato. Per ottenere un indennizzo, è necessario fornire la prova contraria.

Cosa significa ‘presunzione di insussistenza del pregiudizio’?
Significa che la legge presume, fino a prova contraria, che non vi sia stato un danno per l’imputato quando il processo si conclude per prescrizione. L’onere di dimostrare l’esistenza di un danno reale ed effettivo ricade sull’imputato stesso.

Come può un imputato dimostrare il suo interesse a un’assoluzione nel merito per superare tale presunzione?
Secondo la Corte, il modo più chiaro ed efficace è esercitare il proprio diritto di rinunciare espressamente alla prescrizione. Questo atto dimostra inequivocabilmente la volontà di proseguire il processo per ottenere una sentenza di merito che accerti la propria innocenza. Un comportamento processuale corretto o l’assenza di strategie dilatorie non sono, da soli, sufficienti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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