Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27191 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 27191  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6545/2019 R.G. proposto da:
NOME  COGNOME,  CONCETTINA  NOME,  rappresentai  e  difesi  dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME -per la domiciliazione, indirizzi PEC: EMAIL, EMAIL;
-ricorrenti- contro
NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta  e  difende  con  l’avvocato  NOME  COGNOME  (domiciliazioni  PEC: EMAIL e EMAIL);
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 1891/2018 depositata il 25/09/2018.
Udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  04/03/2025  dal  Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME, comproprietari di un appartamento, un garage e una mansarda facenti parte del complesso condominiale sito in INDIRIZZO INDIRIZZO, avevano convenuto in giudizio sia NOME COGNOME e NOME COGNOME, sia NOME COGNOME e NOME COGNOME, comproprietari di altri alloggi ubicati nel condominio e di garage; gli attori avevano assunto che sia il garage dei convenuti NOME/COGNOME, sia il garage dei convenuti NOME/COGNOME erano stati ingranditi a danno della parte comune, costituita dalla stradella di accesso ai garage posta al piano interrato dell’edificio condominiale, e avevano chiesto la demolizione delle opere abusive.
La domanda, respinta dal Tribunale di Termini Imerese, era stata accolta all’esito del giudizio di appello.
Proposto ricorso per cassazione, la sentenza d’appello era stata cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Palermo. Questa Corte di legittimità aveva accolto con ordinanza n. 3908/2014 i primi due motivi di ricorso, ‘ con i quali si deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., e motivazione carente ed illogica. La corte di merito al fine di stabilire se sussistesse o meno la presunzione di condominialità di cui all’art. 1117 c.c., avrebbe dovuto tener conto della effettiva e concreta destinazione funzionale ad uso collettivo degli spazi in questione, in un contesto nel quale il condominio risultasse già costituto (all’atto e per effetto della prima alienazione di unità immobiliari da parte del costruttore, originario unico proprietario del complesso), ed accertare se, a quell’epoca l’assetto complessivo dell’edificio fosse tale da far ritenere che tali aree (ove non comprese nelle alienazioni) fossero di fatto connotate da obiettiva e funzionale destinazione ad un uso collettivo; in caso positivo gli spazi avrebbero dovuto presumersi comuni ai sensi della disposizione sopra citata, in caso negativo sarebbero rimasti in proprietà del costruttore, che avrebbe potuto successivamente liberamente disporne. Tale indagine è mancata da parte della corte sicula, che si è limitata a valorizzare una destinazione collettiva rimasta sulla carta, ma in concreto disattesa nella costruzione dell’edificio, nonché la menzione nei titoli di acquisto, degli estremi del titolo edificatorio, assolvente ad un’esigenza formale imposta dalla L. n. 47 del 1985, ma non impegnativa ai fini della determinazione dei beni costituenti oggetto di proprietà
comune e trasferiti pro quota. Irrilevante è, altresì, la circostanza che nei titoli di acquisto dei convenuti (comprensivi dei box così come di fatto già realizzati), gli spazi in questione non fossero espressamente previsti non potendo tale sola omissione lasciar presumere la condominialità degli stessi (che, al più, ove eccedenti rispetto al trasferito, sarebbero ancora rimasti in proprietà del costruttore venditore)’; in sostanza, ‘ si ribadisce l’insufficienza dell’indagine compiuta dal Giudice di secondo grado, che avrebbe dovuto tenere conto dell’effettivo assetto del complesso immobiliare sussistente all’epoca dell’insorgenza del condominio, fornendo una risposta positiva solo nell’ipotesi in cui fosse emersa, sulla base della situazione dei luoghi e delle espresse previsioni dei titoli, una concreta destinazione funzionale degli spazi de quibus ad esigenze di utilità collettiva della compagine condominiale ‘.
Riassunto tempestivamente il giudizio in sede di rinvio, la Corte d’Appello di Palermo aveva, infine, respinto la domanda proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME facendo proprie le considerazioni già svolte dal Tribunale di Termini Imerese, ritenute coerenti con le indicazioni in diritto emergenti dalla sentenza della Corte di Cassazione. La Corte di merito aveva evidenziato in particolare quanto segue: in base all’originale planimetria dei locali del piano seminterrato, i box di pertinenza del fabbricato avrebbero dovuto essere otto ma già nella planimetria allegata alla dichiarazione di fine lavori del 14.10.1987 n. 31 essi risultavano essere solo cinque; due di questi, che sono ora di proprietà l’uno dei coniugi COGNOME/COGNOME e l’altro dei coniugi NOME/COGNOME, avevano maggiore consistenza rispetto agli altri tre e, secondo le emergenze della CTU, questa maggiore consistenza era derivata dall’occupazione di uno spazio retrostante che, in base al progetto allegato alla concessione edilizia, avrebbe dovuto essere la corsia di accesso a tali vani garage; -era irrilevante il fatto che nei titoli di acquisto detti spazi non fossero stati menzionati, non potendo tale omissione lasciar presumere la condominialità; -il Tribunale aveva correttamente rilevato che al CTU erano sfuggite le planimetrie redatte dallo stesso Direttore dei Lavori in data 27.9.1988 e presentate all’UTE -NCEU di Palermo, dalle quali si evinceva chiaramente che i due box avevano già all’epoca la consistenza attuale; -era stata quindi la società costruttrice originaria proprietaria dell’edificio a modificare di fatto il progetto in base al quale era stata ottenuta la concessione edilizia e, nel momento in cui aveva posto in essere la prima alienazione di una unità immobiliare dell’edificio, i box in contestazione
avevano  l’estensione  attuale  e  quindi  occupavano  già  quella  che  avrebbe  dovuto essere, in base al progetto originario allegato alla concessione edilizia, la corsia di accesso  ai  garage,  area  della  quale  non  è  stata  confermata  pertanto  la  presunta condominialità perché si deve ritenere non essere mai stata bene comune.
Avverso la sentenza di rinvio hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME, affidandolo a due motivi.
Hanno notificato un unico controricorso sia NOME COGNOME e NOME COGNOME, sia NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali hanno anche depositato una memoria ad illustrazione ulteriore delle difese svolte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo di ricorso proposto i ricorrenti lamentano la violazione del disposto dell’art. 384 co 2 c.p.c. e 1117 c.c. in relazione all’art.360 n.3 c.p.c.
Il Giudice di rinvio non si sarebbe attenuto al principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione perché, invece di verificare in concreto se all’atto della costituzione del Condominio con la prima alienazione fosse o meno esistente l’area in contestazione, al fine di accertarne in caso affermativo la condominialità, avrebbe fatto riferimento al dato catastale che non la rappresenterebbe; la Corte di merito avrebbe così confuso il dato reale con il dato catastale, che sarebbe pur sempre un dato cartaceo al pari del progetto e della concessione edilizia, travisando il principio di diritto che avrebbe richiesto una verifica in concreto dello stato dei luoghi; all’infuori del dato catastale il Giudice del rinvio non avrebbe indicato altri elementi o fonti di prova attraverso cui sarebbe risalito alla reale situazione dei luoghi prima della vendita, e tanto basterebbe ad affermare l’intervenuta violazione dell’art.384 c.p.c.
Il motivo in esame è infondato.
La Corte di merito non ha violato il principio di diritto indicato dalla Corte di Cassazione, che richiedeva la verifica della situazione esistente in concreto, a prescindere dai dati documentali risultanti dal progetto e dalla concessione edilizia, non essendo sufficiente a riconoscere l’esistenza di una situazione di fatto ad essi corrispondente il richiamo nel primo titolo d’acquisto, come espressamente osservato nella sentenza che ha disposto la cassazione con rinvio (come sopra riportata). In particolare la Corte d’Appello di Palermo ha ritenuto che la corrispondenza nelle planimetrie catastali redatte in data 27.9.1988 (sfuggite al CTU nominato in primo grado) della consistenza dei due box in discussione a quella attuale, effettivamente
riscontrata all’esito della disposta consulenza tecnica d’ufficio, fosse elemento sufficiente a dimostrare che i box erano stati così realizzati – in numero di cinque invece che di otto, con maggior consistenza per i due di proprietà dei resistenti – già in origine dall’impresa costruttrice e che non erano intervenute modifiche delle dimensioni degli stessi dopo la prima vendita, che è del 3.7.1990: l’accorpamento degli spazi inizialmente adibiti a corsie di accesso ai garages nei due box di cui si discute era quindi intervenuto prima che questa fosse stipulata.
La  Corte  ha  esplicitato  e  motivato  una  lettura  e  un’interpretazione  del  materiale istruttorio  acquisito,  alla  luce  del  principio  di  diritto  enunciato  dalla  Corte  di Cassazione  nell’ordinanza  che  ha  disposto  il  rinvio,  operando  nell’ambito  delle indicazioni emergenti dall’art. 384 c.p.c.
I ricorrenti vorrebbero rimettere in discussione la valutazione del materiale istruttorio così  effettuata  dalla  Corte  d’Appello  di  Palermo  al  fine  di  sostituire  ad  essa  una diversa considerazione e valorizzazione degli stessi elementi probatori documentali acquisiti, alternativa e aderente alle proprie tesi, richiedendo in sostanza un riesame del merito della controversia precluso in sede di legittimità.
 Con  il  secondo  motivo  i  ricorrenti  lamentano  l’omesso  esame  circa  un  fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, rilevante ex art. 360 n. 3 c.p.c.
Nello specifico, la Corte di merito avrebbe omesso l’esame dei seguenti atti: la relazione di fine lavori dell’edificio del 20.4.1989; il rogito notarile del 3.7.1990 che costituirebbe il primo atto di alienazione intervenuto tra l’impresa costruttrice e NOME COGNOME e NOME COGNOME. Da entrambi gli atti richiamati emergerebbe che gli spazi di cui si discute sarebbero stati realmente adibiti, al momento della prima vendita, a corsie di accesso ai garage. Quest’ultima circostanza troverebbe conferma nella descrizione dell’edificio, indicata nel primo rogito come corrispondente al progetto e non alla planimetria catastale, e nell’indicazione dei confini del garage alienato agli acquirenti con lo stesso atto, che certificherebbe l’esistenza della corsia condominiale di accesso. Nel contesto descritto, il progetto varrebbe non come elemento di diritto ma come elemento di fatto richiamato nel contratto di compravendita, idoneo a permettere la reale ricostruzione dello stato dei luoghi.
La Corte d’Appello non ha omesso l’esame delle circostanze di fatto evidenziate dai ricorrenti -corrispondenti, in sostanza, alla situazione dei luoghi da loro considerata
emergente dal primo atto di compravendita del 3.7.1990 nel quale, appunto attraverso il richiamo al progetto e alla planimetria catastale, troverebbe conferma concreta l’esistenza, all’epoca, della corsia condominiale di accesso poi occupata dai box delle controparti- ma non ha ritenuto di attribuirgli la significatività pretesa dagli stessi ricorrenti al fine di riscontrare la situazione di fatto degli immobili al 3.7.1990; e, del resto, non è nemmeno chiarito nel ricorso in che modo dette circostanze potrebbero essere decisive, dal momento che si fondano su richiami documentali dei quali non si evidenzia alcun rapporto effettivo con la realtà dei luoghi – come invece richiede l’ordinanza di rinvio -.
La Corte di merito non aveva bisogno, del resto, di esprimere una motivazione specifica per affermare la non significatività delle circostanze documentali richiamate, potendo questa essere desunta – nel caso di specie univocamente – dalle plurime considerazioni esposte dalla Corte per fondare la propria diversa valutazione delle emergenze probatorie: tanto più che la stessa Corte di Cassazione, nell’ordinanza di rinvio, aveva esplicitamente evidenziato, quanto alla valenza del richiamo della concessione edilizia contenuto nel primo atto di vendita, come la menzione degli estremi del titolo edificatorio, assolvente ad un’esigenza formale imposta dalla legge n. 47/86, non poteva essere considerata impegnativa ai fini dell’identificazione sulla base del suo contenuto dei beni costituenti proprietà comune.
Anche in questo caso i ricorrenti vorrebbero sostituire la valutazione del materiale probatorio  documentale  acquisito,  da  loro  privilegiata,  a  quella  effettuata  con motivazione  logica,  priva  di  contraddizioni  e  rispettosa  del  disposto  dell’art. 384 c.p.c. dal Giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità.
In conclusione, il ricorso proposto deve essere respinto.
Le  spese  della  fase  di  legittimità  si  imputano  ai  ricorrenti  e  si  liquidano  come  in dispositivo.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il  versamento  a  carico  dei  ricorrenti  di  un  ulteriore  importo  a  titolo  contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.
Condanna NOME COGNOME e NOME COGNOME in solido al pagamento delle spese processuali  del  giudizio  di  legittimità  a  favore  di  NOME  COGNOME  e NOME  COGNOME  e  di  NOME  COGNOME  e  NOME  COGNOME  che  liquida  in complessivi  €  4.300,00  per  compensi,  oltre  alle  spese  forfetarie  nella  misura  del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Dichiara  la  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il  versamento,  da  parte  dei ricorrenti,  di  un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato  pari  a  quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 4 marzo 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME