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Presunzione di condominialità: conta lo stato di fatto

La Corte di Cassazione conferma la decisione di merito in un caso di presunzione di condominialità. La controversia riguardava l’ampliamento di due garage a danno di una presunta corsia di accesso comune. La Corte ha stabilito che, per vincere la presunzione di condominialità, è necessario dimostrare lo stato di fatto dell’immobile al momento della prima vendita, che segna la nascita del condominio. In questo caso, è stato provato che i garage avevano già le dimensioni attuali prima della costituzione del condominio, superando così quanto previsto nei progetti edilizi originari.

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Presunzione di condominialità: perché la realtà batte i progetti

La presunzione di condominialità, disciplinata dall’articolo 1117 del Codice Civile, è uno dei pilastri del diritto immobiliare e fonte di innumerevoli contenziosi. Spesso, ciò che è scritto sulla carta nei progetti edilizi non corrisponde alla realtà dei luoghi. Ma cosa prevale in caso di disputa? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per stabilire la natura, comune o privata, di un’area, è decisivo l’assetto effettivo dell’immobile al momento della nascita del condominio, ovvero alla prima vendita di un’unità immobiliare.

I fatti di causa

La vicenda trae origine dalla causa intentata da due comproprietari di un appartamento contro i loro vicini. L’accusa era grave: i convenuti avrebbero ampliato abusivamente i propri garage, occupando una parte della corsia di manovra e accesso, che i ricorrenti ritenevano essere parte comune. La richiesta era semplice e diretta: la demolizione delle opere abusive e il ripristino dello stato originario dei luoghi.

Il percorso giudiziario e il principio della Cassazione

Il percorso legale è stato lungo e complesso. Mentre il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda, la Corte d’Appello l’aveva inizialmente accolta. Il caso era approdato una prima volta in Cassazione, la quale aveva annullato la sentenza d’appello, stabilendo un principio di diritto cruciale. I giudici supremi avevano chiarito che la corte territoriale non avrebbe dovuto basarsi solo sulla ‘destinazione sulla carta’ (cioè sul progetto approvato), ma avrebbe dovuto condurre un’indagine approfondita per accertare quale fosse la concreta situazione dei luoghi nel momento esatto in cui il condominio era sorto. Se, in quel momento, l’area in questione non era oggettivamente e funzionalmente destinata all’uso collettivo, non poteva operare la presunzione di condominialità.

La presunzione di condominialità e la decisione del Giudice del Rinvio

In seguito al rinvio, la Corte d’Appello ha riesaminato il caso attenendosi scrupolosamente alle indicazioni della Cassazione. L’indagine si è concentrata sulla ricerca di prove che potessero ricostruire lo stato di fatto dell’edificio prima della prima compravendita, avvenuta nel 1990. L’elemento decisivo è emerso da alcune planimetrie catastali redatte nel 1988, sfuggite alla prima analisi. Questi documenti dimostravano in modo chiaro che i due garage contestati avevano già le loro dimensioni attuali ben prima che il condominio venisse legalmente a esistenza. Era stata quindi la stessa società costruttrice, unica proprietaria originaria, a modificare il progetto in corso d’opera, realizzando cinque garage più grandi invece degli otto più piccoli previsti inizialmente. L’area contestata, quindi, non era mai stata una ‘corsia comune’, ma era nata fin da subito come parte integrante delle proprietà private.

Le motivazioni della Corte Suprema

Di fronte al nuovo ricorso, la Corte di Cassazione ha ritenuto il lavoro del giudice di rinvio corretto e in linea con il principio di diritto enunciato. I ricorrenti lamentavano che la Corte d’Appello si fosse basata su un dato ‘cartaceo’ (le planimetrie del 1988) invece di verificare lo stato reale dei luoghi. La Cassazione ha respinto questa tesi, sottolineando che quelle planimetrie non erano state usate come semplice documento, ma come prova storica decisiva per ricostruire la situazione concreta e fattuale esistente al momento della nascita del condominio.

La Corte ha ribadito che il richiamo al titolo edificatorio in un atto di acquisto ha una valenza formale, ma non è di per sé sufficiente a determinare quali beni siano di proprietà comune. La chiave per superare la presunzione di condominialità risiede nella prova che il costruttore, prima di vendere la prima unità, abbia di fatto dato una destinazione diversa e privata a un’area. La Corte d’Appello ha correttamente individuato nelle planimetrie del 1988 la prova di questa diversa volontà del costruttore, manifestata attraverso la concreta realizzazione dell’immobile.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: nelle controversie condominiali, la realtà fattuale, se adeguatamente provata, prevale sulle astratte previsioni progettuali. La presunzione di condominialità non è assoluta e può essere vinta dimostrando che, all’atto della prima alienazione, una determinata area era già stata sottratta all’uso comune per volontà del costruttore-proprietario originario. Per i proprietari, ciò significa che la storia costruttiva e le modifiche apportate prima della nascita del condominio sono elementi cruciali per definire i confini tra proprietà privata e parti comuni.

Come si stabilisce se un’area in un condominio è parte comune?
Un’area si presume comune in base all’art. 1117 c.c. se è oggettivamente destinata all’uso o al godimento di tutti i condomini. Tuttavia, questa presunzione può essere superata se si dimostra che al momento della prima vendita (nascita del condominio) l’area era già di fatto destinata a un uso esclusivo e privato.

In una disputa condominiale, prevale il progetto edilizio originale o lo stato di fatto dell’immobile?
Secondo la sentenza, prevale lo stato di fatto dell’immobile al momento della costituzione del condominio. Se il costruttore ha modificato la realtà dell’edificio rispetto al progetto prima di vendere la prima unità, è questa nuova realtà a determinare cosa è privato e cosa è comune.

Quali prove sono decisive per vincere la presunzione di condominialità?
Sono decisive le prove che dimostrano la concreta situazione dei luoghi e la loro destinazione funzionale al momento della prima vendita. Nel caso esaminato, delle planimetrie catastali redatte prima della vendita sono state considerate una prova sufficiente a dimostrare che i garage erano già stati ampliati dal costruttore, escludendo che lo spazio occupato fosse mai stato destinato a corsia comune.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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