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Presunzione di comunione: quando vale per le aree comuni

Una controversia sulla proprietà di un terreno e un lastrico solare. La Cassazione conferma che vige la presunzione di comunione ex art. 1117 c.c., a meno che un atto non lo escluda esplicitamente. Il ricorso è rigettato perché l’atto di divisione del 1967 non era sufficiente a superare tale presunzione.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

La Presunzione di Comunione e il Titolo Contrario: La Cassazione Fa Chiarezza

Quando si acquista un immobile all’interno di un complesso edilizio, la definizione di quali aree siano di proprietà esclusiva e quali in comune è fondamentale. Un’ordinanza della Corte di Cassazione torna su questo tema, chiarendo la forza della presunzione di comunione prevista dall’art. 1117 del Codice Civile e le condizioni necessarie per superarla. La vicenda analizzata riguarda una disputa sulla proprietà di un terreno e di un lastrico solare, che secondo i ricorrenti era di loro esclusiva proprietà in virtù di un vecchio atto di divisione ereditaria.

I Fatti del Caso: Una Divisione Ereditaria Contesa

La controversia ha origine da un atto di divisione notarile del 1967, con cui alcuni eredi si erano divisi un fabbricato, lasciando però in comunione ereditaria un terreno e il sottotetto. Negli anni successivi, attraverso vari atti di donazione e compravendita, gli attuali ricorrenti affermavano di essere diventati gli unici proprietari di queste aree.

Il problema sorge quando un soggetto acquista, nel 1998, un appartamento nell’edificio adiacente e sostiene di aver acquistato con esso anche una quota di comproprietà (pari a 1/4) sul terreno e sul lastrico solare contesi, considerandoli pertinenze del suo immobile. Gli attori, ritenendosi unici proprietari, avviano una causa per negare qualsiasi diritto al convenuto. Quest’ultimo, a sua volta, non solo resiste in giudizio ma chiede il riconoscimento della sua comproprietà e, in subordine, l’acquisto per usucapione.

Il Percorso Giudiziario: Dal Tribunale alla Corte d’Appello

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione al convenuto. Entrambi i giudici di merito hanno stabilito che le aree contese rientravano nella presunzione di comunione sancita dall’articolo 1117 c.c. Secondo questa norma, salvo che il titolo non disponga diversamente, alcune parti dell’edificio (come suolo, tetti, lastrici solari, cortili) sono considerate oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari.

La Corte d’Appello, in particolare, ha confermato la decisione del Tribunale, sottolineando che gli attori non erano riusciti a fornire la prova di un “titolo contrario” idoneo a superare tale presunzione. L’atto di divisione del 1967 non era stato ritenuto sufficiente a escludere la natura condominiale di quei beni, che per loro funzione erano destinati al servizio dell’intero fabbricato.

La Decisione della Cassazione sulla presunzione di comunione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso degli attori, confermando le sentenze dei precedenti gradi di giudizio. La decisione si fonda su un’applicazione rigorosa dei principi che regolano il condominio e la proprietà delle parti comuni.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto infondato l’unico motivo di ricorso, con cui si denunciava la violazione degli articoli 713, 817, 818 e 1117 c.c. Secondo i giudici, la Corte d’Appello ha correttamente applicato il principio della presunzione di comunione. L’onere di dimostrare l’esistenza di un titolo che escludesse esplicitamente la natura comune del terreno e del lastrico solare gravava sui ricorrenti. Tale prova non è stata fornita.

L’atto di divisione del 1967, che lasciava i beni in comunione ereditaria tra alcuni coeredi, non è stato considerato un titolo idoneo a “vincere” la presunzione legale di condominialità. Per escludere un bene dalla comunione condominiale, è necessario un atto scritto che, in modo inequivocabile, ne attribuisca la proprietà esclusiva a uno o più soggetti. La Cassazione ha inoltre ribadito che il ricorso in sede di legittimità non può trasformarsi in un’occasione per riesaminare nel merito le prove e le valutazioni già operate dai giudici dei gradi inferiori. Il tentativo dei ricorrenti di offrire una diversa lettura delle risultanze processuali è stato quindi respinto, in assenza di una chiara violazione di norme di diritto.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un principio cardine del diritto immobiliare: la presunzione di comunione delle parti elencate nell’art. 1117 c.c. è molto forte e può essere superata solo da un titolo contrario chiaro e inequivocabile. Chi acquista un’unità immobiliare in un condominio acquista, pro quota, anche la proprietà delle parti comuni, a meno che l’atto di acquisto o un regolamento contrattuale non dispongano diversamente. Per gli operatori del settore e per i privati, questa decisione sottolinea l’importanza di redigere atti notarili estremamente precisi, che definiscano senza ambiguità il regime di appartenenza di tutte le aree, specialmente quelle che per natura e funzione potrebbero essere considerate comuni.

Quando un’area adiacente a un condominio si considera parte comune?
Un’area si considera parte comune in base alla presunzione legale stabilita dall’art. 1117 c.c. se è destinata all’uso e al godimento di tutti i condomini, a meno che un titolo (come un atto di acquisto o il regolamento di condominio) non ne attribuisca la proprietà esclusiva a uno o più soggetti.

Cosa serve per superare la presunzione di comunione su un’area condominiale?
Per superare la presunzione di comunione è necessario un “titolo contrario”, ovvero un atto scritto (come il primo atto di frazionamento, un rogito di vendita o un regolamento condominiale contrattuale) che dimostri in modo inequivocabile che quella specifica area è di proprietà esclusiva e non comune.

Un atto di divisione tra eredi è sufficiente per escludere un bene dalla comunione condominiale?
Secondo la decisione in esame, un atto di divisione che lascia alcuni beni in comunione ereditaria tra i condividenti non è di per sé sufficiente a escludere tali beni dalla presunzione di comunione condominiale, se questi beni per loro natura sono funzionali all’uso dell’intero edificio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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