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Presunzione di comunione del cortile dopo frazionamento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1615/2024, ha chiarito l’applicazione della presunzione di comunione del cortile ai sensi dell’art. 1117 c.c. in un caso di condominio sorto a seguito di frazionamento e vendita forzata di un unico immobile. La Corte ha stabilito che, in assenza di una chiara ed univoca riserva di proprietà esclusiva nel primo atto di trasferimento, il cortile, per sua natura funzionale all’uso comune, deve considerarsi bene condominiale. Viene così rigettato il ricorso di una condomina che ne rivendicava la proprietà esclusiva.

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Presunzione di Comunione del Cortile: Quando il Frazionamento Crea un Condominio

L’acquisto di un immobile all’asta può riservare sorprese, soprattutto quando si tratta di definire la proprietà delle aree comuni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato proprio un caso del genere, ribadendo un principio fondamentale del diritto condominiale: la presunzione di comunione delle parti comuni, come il cortile, che sorge al momento del frazionamento di un unico edificio. Questo principio, sancito dall’art. 1117 del Codice Civile, prevale a meno che non esista un’esplicita riserva di proprietà esclusiva nel primo atto di vendita.

I fatti del caso e la presunzione di comunione

La vicenda giudiziaria ha origine dalla vendita forzata di un complesso immobiliare, originariamente appartenente a un unico proprietario. Per facilitarne la vendita, l’immobile viene frazionato in due lotti distinti: un appartamento e un’autorimessa. Due soggetti diversi acquistano i lotti. La proprietaria dell’appartamento, ritenendosi titolare esclusiva anche del cortile adiacente, decide di chiuderlo con una catena.

I proprietari dell’autorimessa, una coppia di coniugi, si oppongono, sostenendo che il cortile sia un’area comune e ne chiedono l’accertamento della comproprietà. Il Tribunale di primo grado accoglie solo parzialmente la loro richiesta, ordinando la rimozione della catena ma rigettando la domanda di accertamento della comproprietà.

La decisione della Corte d’Appello e il ricorso in Cassazione

La Corte d’Appello ribalta la decisione di primo grado. I giudici di secondo grado, analizzando la documentazione della vendita giudiziaria e la funzione oggettiva del cortile, stabiliscono che quest’ultimo, insieme al locale caldaia, deve considerarsi un bene comune a servizio di entrambe le unità immobiliari. La Corte applica la presunzione di comunione prevista dall’art. 1117 c.c., in quanto il titolo (il decreto di trasferimento del giudice) non specificava una proprietà esclusiva del cortile in capo a uno solo degli acquirenti. La proprietaria dell’appartamento, soccombente, decide quindi di ricorrere in Cassazione.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. Le motivazioni degli Ermellini sono chiare e si basano su principi consolidati.

1. Nascita del Condominio: Il condominio non nasce con un atto formale, ma sorge de facto nel momento esatto in cui l’originaria unica proprietà di un edificio viene frazionata attraverso la vendita della prima unità immobiliare a un soggetto diverso dal proprietario originario. In questo caso, il condominio è sorto con il primo decreto di trasferimento emesso a seguito dell’asta giudiziaria.

2. Operatività della Presunzione Legale: Una volta sorto il condominio, scatta automaticamente la presunzione legale di comunione per tutte quelle parti che, per struttura e funzione, sono destinate all’uso comune (art. 1117 c.c.). Il cortile rientra pienamente in questa categoria, in quanto area che serve a dare aria, luce e accesso alle diverse unità immobiliari.

3. Onere della Prova Contraria: Per superare questa presunzione non è sufficiente un’interpretazione o una supposizione, ma è necessario un titolo contrario inequivocabile. Tale titolo deve essere il primo atto di trasferimento che ha dato origine al condominio. In questo atto deve essere contenuta una “chiara ed univoca volontà” di riservare la proprietà esclusiva di quella parte comune a uno solo dei proprietari. Nel caso di specie, né l’ordinanza di vendita né il decreto di trasferimento contenevano una simile riserva.

La Corte ha inoltre precisato che, in presenza di una comunione legale tra coniugi, ciascuno di essi è legittimato ad agire in giudizio per la tutela del bene comune, anche disgiuntamente dall’altro.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante promemoria per chi acquista immobili, specialmente se provenienti da frazionamenti o vendite giudiziarie. La lezione è chiara: la presunzione di comunione è una regola forte e difficile da superare. Chi intende rivendicare la proprietà esclusiva di un’area potenzialmente comune, come un cortile, deve assicurarsi che tale esclusività sia espressamente e chiaramente indicata nell’atto originario di acquisto che ha generato il condominio. In assenza di tale prova scritta e inequivocabile, le parti strutturalmente e funzionalmente destinate al servizio di più unità immobiliari resteranno di proprietà di tutti i condomini.

Quando nasce giuridicamente un condominio?
Un condominio nasce di fatto nel momento in cui l’unico proprietario di un edificio vende la prima unità immobiliare a un’altra persona. Non è necessario un atto costitutivo formale; il frazionamento della proprietà è sufficiente a creare la situazione condominiale.

Come si può vincere la presunzione di comunione di un’area come il cortile?
La presunzione di proprietà comune di un bene, come il cortile, può essere superata solo se nel primo atto di trasferimento (quello che ha creato il condominio) è presente una clausola chiara e inequivocabile che riserva la proprietà esclusiva di quel bene a uno solo dei condomini. In mancanza di tale riserva esplicita, il bene si considera comune.

Se un bene è in comunione legale tra coniugi, è necessario che entrambi facciano causa per difenderlo?
No. Secondo la Corte, in presenza di un immobile in comunione legale, ciascun coniuge ha la legittimazione autonoma ad agire in giudizio per tutelare la proprietà comune, senza che sia indispensabile la partecipazione dell’altro coniuge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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