Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14777 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14777 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11321-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, COGNOME elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
I.T.L. -ISPETTORATO RAGIONE_SOCIALE DI SASSARI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
Oggetto
Sanzioni amministrative
– lavoro
R.G.N. 11321/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 05/03/2025
CC
avverso la sentenza n. 328/2020 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZ. DIST. DI SASSARI, depositata il 23/10/2020 R.G.N. 356/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/03/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Cagliari – sez. dist. di Sassari, ha respinto l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, e da NOME COGNOME quale obbligato principale, avverso la sentenza del locale Tribunale, con la quale era stata respinta l’opposizione all’ordinanzaingiunzione n. 48 del 16.3.2015, emessa dalla Direzione Territoriale del Lavoro di Sassari per il pagamento della somma di € 6.414,40 per violazioni di cui agli artt. 39 d.l. n. 112/2008, e 7 d.lgs. n. 66/2003, in esito ad accertamenti ispettivi del lavoro, con irrogazione di sanzioni per mancata registrazione di lavoratori nel LUL, mancata concessione del riposo giornaliero, registrazioni infedeli delle presenze in servizio e conseguente omessa retribuzione delle giornate lavorate, ma non correttamente registrate;
2. propongono ricorso per cassazione gli originari opponenti con 2 motivi; resiste l’ITL di Sassari con controricorso; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza,
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo, la sentenza impugnata viene censurata, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., per violazione de ll’art. 3 legge n. 689/1981) ; si sostiene che la Corte d’Appello
non ha tenuto conto dell’insussistenza dell’elemento soggettivo richiesto dall’art. 3 legge n. 689/1981 ai fini della configurazione dell’illecito amministrativo contestato (ciò per quanto attiene alla mancata registrazione sul LUL e remunerazione delle ore di lavoro non contabilizzate per non corretta timbratura del badge da parte dei lavoratori);
2. il motivo è infondato;
3. questa Corte ha chiarito, già con sentenza n. 12391/2003, che il principio posto dall’art. 3 della legge 24 novembre 1981 n. 689, secondo cui per le violazioni colpite da sanzione amministrativa è richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva o omissiva sia essa dolosa o colposa, deve essere inteso nel senso della sufficienza dei suddetti estremi, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa, atteso che la norma pone una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, riservando poi a questi l’onere di provare di aver agito senza colpa; nell’ambito di tale esigenza probatoria, il dolo e la colpa, quali aspetti della volontà che sorregge il comportamento illecito, non sono necessariamente esclusi dalla misura minima che assume il fatto materiale, in quanto la natura minima della misura con cui è stato superato il limite normativo non vale di per sé a conferire alcuna giustificazione al fatto, salvo che non si dimostri specificamente la materiale connessione tra detta misura e la mancanza dell’indicato elemento soggettivo (cfr. anche Cass. n. 24081/2019, che precisa che l’art. 3 della legge n. 689 del 1981 pone una presunzione di colpa a carico dell’autore del fatto vietato, gravando sul trasgressore l’onere di provare di aver agito senza colpa);
4. con il secondo motivo viene denunciata, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., violazione degli artt. 112 c.p.c. e 39, comma 7, d.l. n. 112/2008, deducendo erroneità del trattamento sanzionatorio riservato alla società per quanto riguarda il primo degli illeciti contestati, per non avere l’azienda registrato nel LUL le ore lavorate, ma non contabilizzate per 11 lavoratori;
il motivo è inammissibile, per difetto di autosufficienza;
difettano, infatti, riferimenti utili a individuare dove, come e quando la questione sia stata prospettata nei gradi di merito, in relazione a quale parte dell’ordinanza -ingiunzione impugnata; come chiarito da Cass. n. 28072/2021, nel giudizio di legittimità la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi; non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (cfr. anche Cass. n. 34469/2019, n. 30087/2024);
le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza;
al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 2.500 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell ‘ Adunanza camerale del 5 marzo 2025.