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Prestazioni socio-sanitarie: chi paga la retta?

La Corte d’Appello ha stabilito che se le cure fornite in una casa di riposo sono classificabili come prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, il costo è interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Di conseguenza, né il Comune né i parenti sono tenuti al pagamento della retta. La decisione si è basata su una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) che ha accertato la natura prevalentemente sanitaria delle cure fornite a due anziani affetti da gravi patologie, annullando così le ingiunzioni di pagamento emesse dalla struttura.

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Pubblicato il 19 marzo 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Retta Casa di Riposo: Quando è a Carico del Servizio Sanitario? Il Caso delle Prestazioni Socio-Sanitarie

La questione di chi debba sostenere i costi delle rette nelle strutture residenziali per anziani è una delle più delicate e sentite. Una recente sentenza della Corte d’Appello fa luce su un punto cruciale: la distinzione tra assistenza sociale e sanitaria, definendo quando le prestazioni socio-sanitarie diventano un onere del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Questo principio ha implicazioni enormi per le famiglie e per gli enti locali, spesso chiamati a coprire costi ingenti.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dall’opposizione di un Comune a due ingiunzioni di pagamento emesse da un Centro Servizi per Anziani (CSA). Le ingiunzioni richiedevano il pagamento di circa 120.000 euro per le rette di degenza arretrate di due coniugi, ospiti della struttura per oltre dieci anni fino al loro decesso. Il CSA riteneva che, in base alla normativa sull’assistenza sociale, l’onere di integrare la retta ricadesse sul Comune di residenza degli anziani.

Il Comune, tuttavia, si opponeva fermamente, sostenendo la propria carenza di legittimazione passiva. La tesi difensiva si fondava sul fatto che l’ingresso dei coniugi nella struttura, affetti da una complessa patologia psichiatrica, non era un semplice bisogno assistenziale, ma una necessità sanitaria. Nel corso del giudizio di primo grado veniva chiamato in causa anche un parente degli anziani, al quale il CSA chiedeva in via subordinata il pagamento.

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione al CSA, condannando il Comune. Quest’ultimo, però, non si è arreso e ha presentato appello.

La Decisione della Corte d’Appello e il ruolo delle prestazioni socio-sanitarie

La Corte d’Appello ha ribaltato completamente la decisione di primo grado, accogliendo l’appello del Comune. La chiave di volta della sentenza è stata la classificazione della natura delle prestazioni erogate ai due anziani.

Per dirimere la questione, la Corte ha disposto una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per analizzare nel dettaglio le condizioni di salute dei coniugi e il tipo di assistenza ricevuta durante la loro lunga degenza. L’esito della CTU è stato determinante: le prestazioni fornite non erano meramente alberghiere o di semplice assistenza, ma si configuravano come:

1. Prestazioni sanitarie a rilevanza sociale per una prima fase della degenza.
2. Prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria nella fase finale della loro vita.

Questa distinzione non è un mero tecnicismo. La legge, e in particolare la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione, stabilisce un principio molto chiaro: quando le prestazioni hanno una componente sanitaria prevalente o ad alta integrazione, la loro copertura spetta interamente al Servizio Sanitario Nazionale.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di un’attenta analisi normativa e giurisprudenziale. Il punto centrale del ragionamento è che il diritto alla salute, tutelato dalla Costituzione, impone che le cure necessarie siano garantite a tutti, e i costi delle prestazioni di natura prettamente sanitaria non possono essere addossati ai Comuni o alle famiglie.

Richiamando la sentenza della Cassazione n. 21528/2021, la Corte ha ribadito che la gratuità delle prestazioni ricorre per quelle sanitarie a rilevanza sociale (DPCM 14 febbraio 2001) e, a maggior ragione, per quelle prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria.

La CTU ha dimostrato in modo inequivocabile che i coniugi necessitavano di un’assistenza complessa che andava ben oltre il supporto sociale. Erano sottoposti a costanti terapie farmacologiche, monitoraggio clinico, visite specialistiche psichiatriche e interventi di personale infermieristico. La loro condizione di malattia psichiatrica rendeva la componente sanitaria non solo prevalente, ma inscindibile dall’assistenza quotidiana.

Di conseguenza, la Corte ha concluso che la fattispecie rientrava pienamente nelle ipotesi di gratuità a carico del SSN. L’obbligo del Comune, previsto dalla L. 328/2000 per l’integrazione delle rette a carattere sociale, non era applicabile in questo caso, poiché la natura sanitaria delle prestazioni attraeva la competenza e l’onere finanziario del sistema sanitario nazionale.

Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante tutela per i cittadini e chiarisce le responsabilità dei diversi enti pubblici. Le conclusioni pratiche sono significative:

* La natura della prestazione prevale su tutto: Non importa se l’ingresso in struttura avviene come soggetto formalmente autosufficiente. Ciò che conta è il tipo di assistenza effettivamente necessaria e fornita nel tempo.
* L’onere della prova: La struttura che richiede il pagamento deve dimostrare la natura delle prestazioni. Se queste sono prevalentemente sanitarie, la richiesta a Comuni o famiglie è infondata.
* Tutela per le patologie complesse: Per pazienti con malattie degenerative, croniche o psichiatriche, la cui gestione richiede un’alta integrazione sanitaria, il costo della degenza in strutture residenziali deve essere sostenuto dal Servizio Sanitario Nazionale.

In definitiva, la Corte ha revocato le ingiunzioni di pagamento e dichiarato che né il Comune né i parenti dovevano alcunché, ponendo fine a una lunga vicenda giudiziaria e riaffermando un principio di civiltà giuridica a tutela del diritto alla salute.

Chi paga la retta della casa di riposo se le prestazioni sono prevalentemente sanitarie?
La sentenza stabilisce che se le prestazioni sono qualificabili come ‘socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria’ o ‘sanitarie a rilevanza sociale’, il loro costo è interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e non del Comune o dei familiari.

Cosa determina se una prestazione è ‘ad elevata integrazione sanitaria’?
La qualificazione dipende dalla natura e dall’intensità della componente sanitaria. Nel caso esaminato, la presenza di patologie psichiatriche complesse, la necessità di monitoraggio clinico costante, terapie farmacologiche specifiche, colloqui psichiatrici e assistenza infermieristica hanno reso la componente sanitaria prevalente e inscindibile da quella sociale.

Il Comune di residenza è sempre obbligato a integrare la retta se l’anziano non può pagare?
No. L’obbligo del Comune, previsto dalla L. 328/2000, si applica alle prestazioni di natura sociale o assistenziale. Come chiarito dalla Corte, questo obbligo non sussiste quando le prestazioni rientrano nella sfera di competenza sanitaria del SSN, che è tenuto a farsene carico integralmente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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