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Prestazioni sanitarie extrabudget: la Cassazione nega

Una società di factoring ha citato in giudizio un’Azienda Sanitaria e la relativa Regione per ottenere il pagamento di crediti derivanti da prestazioni sanitarie extrabudget erogate da un ospedale privato negli anni 2008 e 2009. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che i tetti di spesa fissati dalla Pubblica Amministrazione sono vincolanti e costituiscono un fatto impeditivo al pagamento delle prestazioni eccedenti. La Corte ha inoltre escluso la possibilità di un’azione per arricchimento senza causa, qualificando l’arricchimento come “imposto” e quindi non indennizzabile.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prestazioni sanitarie extrabudget: la Cassazione conferma lo stop ai pagamenti

L’erogazione di prestazioni sanitarie extrabudget da parte di strutture private accreditate è un tema complesso e dibattuto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: i tetti di spesa fissati dalla Pubblica Amministrazione sono vincolanti e, di norma, le prestazioni che li eccedono non devono essere remunerate. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa: la richiesta di pagamento per prestazioni oltre il budget

Il caso nasce dalla richiesta di pagamento avanzata da una società di factoring, in qualità di cessionaria dei crediti di un ospedale privato classificato. Tali crediti, per un valore di oltre 25 milioni di euro, derivavano da prestazioni sanitarie (pronto soccorso, ricoveri, day hospital) erogate negli anni 2008 e 2009 per conto del servizio sanitario nazionale.

L’Azienda Sanitaria Locale e l’Ente Regionale convenuti in giudizio si sono opposti alla richiesta, sostenendo che le prestazioni fossero state rese oltre il limite di spesa annuale fissato dalla Regione, configurandosi quindi come prestazioni sanitarie extrabudget non soggette a remunerazione. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione agli enti pubblici, respingendo le domande della società. Quest’ultima ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

L’Analisi della Cassazione e le prestazioni sanitarie extrabudget

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito. La motivazione si basa su alcuni pilastri giuridici consolidati.

Ospedali classificati e limiti di spesa

Il ricorrente sosteneva che gli ospedali privati classificati, essendo equiparati a quelli pubblici, non dovessero essere soggetti ai tetti di spesa per gli anni in questione. La Corte ha respinto questa tesi, chiarendo che l’equiparazione vale ai fini della programmazione della rete sanitaria, ma non elimina la natura privatistica della struttura. Di conseguenza, quando un ospedale privato opera in convenzione con il servizio sanitario pubblico, è soggetto al potere di programmazione, anche finanziaria, della Regione. I limiti di spesa sono quindi pienamente applicabili e rappresentano un elemento che impedisce il diritto al corrispettivo per le prestazioni che superano tale soglia.

L’impossibilità dell’azione di arricchimento senza causa

In subordine, la società ricorrente aveva invocato l’azione di arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.), sostenendo che la Pubblica Amministrazione si fosse comunque avvantaggiata di prestazioni utili senza corrispondere nulla. Anche questo motivo è stato respinto. La Cassazione ha ribadito il suo orientamento sull'”arricchimento imposto”: quando la P.A. comunica preventivamente alla struttura sanitaria il limite di spesa, manifesta implicitamente la sua contrarietà a ricevere prestazioni ulteriori. L’eventuale arricchimento che deriva dall’erogazione di prestazioni sanitarie extrabudget è, quindi, “imposto” alla P.A., la quale non è tenuta a indennizzarlo.

La questione dell’imputazione dei pagamenti

Infine, il ricorrente contestava il modo in cui i pagamenti ricevuti erano stati imputati ai vari debiti, sostenendo l’esistenza di un sistema di centralizzazione dei pagamenti che avrebbe dovuto portare a un risultato diverso. La Corte ha ritenuto infondata anche questa censura, affermando che, secondo l’art. 1193 del codice civile, quando l’imputazione è fatta dal debitore (in questo caso, la Regione tramite i mandati di pagamento), il creditore non può contestarla. La presenza di circolari amministrative interne non è stata ritenuta sufficiente a modificare la volontà manifestata dal debitore nei singoli atti di pagamento.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di tutelare le finanze pubbliche e di garantire il rispetto della programmazione sanitaria. I limiti di budget non sono un mero elemento esterno al rapporto, ma un fatto costitutivo del diritto al pagamento. Il provvedimento amministrativo che fissa il tetto di spesa è un atto che condiziona la remunerazione e non può essere disapplicato dal giudice ordinario. La Corte ha sottolineato come la giurisprudenza, sia amministrativa che di legittimità, sia concorde nel ritenere opponibili i limiti di spesa alle strutture private accreditate, specialmente a partire dal 2009. Per l’anno 2008, la presenza di un provvedimento amministrativo che fissava il budget, non impugnato dalla struttura, era sufficiente a condizionare il diritto al corrispettivo. Pertanto, l’azione legale per il pagamento era destinata al fallimento.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio cruciale nel diritto sanitario: le strutture private che operano in accreditamento con il servizio pubblico devono attenersi scrupolosamente ai tetti di spesa programmati. Le prestazioni sanitarie extrabudget, sebbene effettivamente erogate e potenzialmente utili per i cittadini, non generano un diritto automatico al pagamento. Questa decisione rafforza il potere di programmazione e controllo della spesa da parte degli enti pubblici, ponendo un chiaro limite alle richieste economiche delle strutture sanitarie private.

Un ospedale privato ha diritto al pagamento per le prestazioni sanitarie fornite oltre il budget stabilito dalla Regione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il limite di budget fissato dalla Regione è vincolante. Il provvedimento amministrativo che lo stabilisce costituisce un fatto impeditivo della pretesa di pagamento per le prestazioni che eccedono tale limite.

È possibile per una struttura sanitaria agire per arricchimento senza causa se la Pubblica Amministrazione ha beneficiato di prestazioni extrabudget?
No. La Corte ha stabilito che, avendo la P.A. comunicato preventivamente i limiti di spesa, l’erogazione di prestazioni ulteriori costituisce un “arricchimento imposto”. Questo tipo di arricchimento non è indennizzabile tramite l’azione ex art. 2041 c.c.

Come funziona l’imputazione dei pagamenti quando ci sono più debiti tra la struttura sanitaria e l’ente pubblico?
La Corte ha confermato che, in base all’art. 1193 c.c., se il debitore (l’ente pubblico) specifica nei mandati di pagamento a quale debito si riferisce il versamento, il creditore non può attribuire quel pagamento a un debito diverso. La volontà espressa dal debitore prevale, a meno di accordi differenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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